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Bambini inguaribili, Fondazione Gimbe: «Evitare l’accanimento e promuovere la condivisione»

di Red. San.

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Bambini e giovani possono essere affetti da patologie disabilitanti, che talora si prolungano per molti anni: per questi pazienti l’assistenza di fine vita dovrebbe essere gestita come un processo a lungo termine che inizia al momento della diagnosi (a volte prima della nascita) e rappresenta parte integrante dell’assistenza insieme ai trattamenti attivi per la patologia sottostante.

Nonostante la recente approvazione della “legge sul biotestamento”, in Italia professionisti e organizzazioni sanitarie non dispongono di linee guida recenti e affidabili per la gestione clinico-assistenziale di un momento della vita dove, indipendentemente dal setting assistenziale (ospedale, domicilio, hospice, ecc.), la cura (cure) deve lasciare il posto all’assistenza (care), nel pieno rispetto di scelte condivise con il paziente e con i suoi familiari.

«Spesso, anche a causa di pressanti richieste di familiari e caregiver poco informati – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – l’assistenza alle persone in fine vita, a maggior ragione se in età pediatrica, è caratterizzata da interventi diagnostico-terapeutici inappropriati non condivisi con il paziente, sconfinando nell’accanimento terapeutico che non rispetta preferenze e aspettative della persona, peggiora la qualità di vita e consuma preziose risorse».

«Per bambini o giovani affetti da patologie disabilitanti – continua il presidente – è indispensabile sviluppare in anticipo, nel momento più appropriato, un piano per l’assistenza attuale e futura: il piano assistenziale, che può anche essere definito prima della nascita, deve essere condiviso con il paziente e con i suoi genitori o caregiver, prevedendo la designazione di un medico specialista con il ruolo di case manager, oltre alle figure professionali e i servizi da coinvolgere».

Fondazione Ant ha da tempo avviato un servizio gratuito dedicato ai piccoli pazienti malati gestito da medici, infermieri e psicologi specializzati. «Il progetto “Bimbi in Ant” ci permette ogni giorno di essere vicini alle famiglie che si trovano ad affrontare la malattia di un figlio – commenta Raffaella Pannuti, presidente Ant – perché in momenti così drammatici è fondamentale poter contare su un’assistenza multiprofessionale che permetta al bambino di essere curato tra le pareti di casa, in un’atmosfera il più possibile familiare».

Le linea guida del National Institute for Health and Care Excellence (Nice), disponibili in italiano grazie alla traduzione realizzata congiuntamente da Fondazione Gimbe e Fondazione Ant Italia Onlus, offrono un approccio sistematico e integrato alla gestione del fine vita di neonati, bambini e giovani: dalla pianificazione dell’assistenza da parte del team multidisciplinare alle componenti del piano assistenziale anticipato, dalle raccomandazioni per erogare varie tipologie di supporto (emotivo, psicologico, pratico e sociale), a quelle per affrontare il fine vita.

«Medici, infermieri, psicologi e tutti i professionisti sanitari che assistono neonati, bambini e giovani in fine vita – concludono Cartabellotta e Pannuti – dovrebbero utilizzare queste linee guida per implementare percorsi assistenziali basati sulle evidenze, condivisi e personalizzati sulle preferenze e aspettative del paziente, tenendo conto anche della sostenibilità del servizio sanitario».

Le “Linee guida per l’assistenza al fine vita di neonati, bambini e giovani con patologie disabilitanti” sono disponibili a: www.evidence.it/finevita-bambini .


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