Medicina e ricerca

Vaccinarsi? Un dovere sociale, come le tasse

di Giovanni Corrao *

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24 Esclusivo per Sanità24

Si parla molto di vaccini in questi giorni. Dalle due parti della barricata i "No Vax" (sostenitori della tesi che i vaccini siano solo una fonte di profitto dei BigPharma, alcuni di loro che vaccinare espone al rischio di gravi conseguenze, tutti strenui difensori della libertà di scelta) e i "Vax" (termine or ora coniato per indicare i sostenitori dell’obbligo vaccinale). In mezzo il cittadino, sbalordito perché un bene non sindacabile come la salute sia fonte di scontro ideologico.
Vediamo dunque i termini dello scontro.
1) I vaccini sono una fonte di profitto dei Big Pharma? Certo che sì, come qualsiasi farmaco, anzi come qualsiasi bene di consumo. La cosiddetta Big Pharma investe in ricerca e ne trae profitto. Se questo è un problema, mettiamo in discussione l’intera struttura economico-sociale del cosiddetto mondo occidentale, magari rifiutandoci di acquistare qualsiasi prodotto di consumo, e ritirandoci a una vita da eremiti.
2) I vaccini sono sicuri? Sì, e come tutti i farmaci hanno fornito prove di efficacia e sicurezza. Nel caso dei vaccini poi, i benefici (protezione immunitaria da un agente infettivo trasmissibile) e i rischi (eventi avversi di severità tale da superare il beneficio per la salute) osservati da studi effettuati prima della loro registrazione a scopo sperimentale, ed estesi a milioni di cittadini vaccinati nella cosiddetta pratica corrente, non lasciano dubbi sul beneficio favorevole della pratica vaccinale.
3) Anche accettando tutto questo, perché lo Stato dovrebbe imporre al cittadino la vaccinazione? È su questo tema che si sviluppa prevalentemente lo scontro ideologico. Se non voglio correre alcun rischio che una reazione avversa si manifesti per effetto della vaccinazione, pur consapevole che il rischio è minimo, devo essere lasciato libero di scegliere se vaccinare o meno mio figlio. Lo Stato non può rifiutare il diritto all’istruzione a mio figlio se non vaccinato. In ogni caso, se esiste il sacrosanto diritto individuale di rifiutare le cure per qualsiasi malattia, non si capisce perché tale diritto non possa essere esercitato nel caso della vaccinazione. I sostenitori di questo principio, tuttavia, dimenticano che i vaccini non sono farmaci come tutti gli altri. Essi, non solo forniscono all’individuo la protezione verso il contagio, ma proteggono l’intera comunità perché impediscono al micro organismo di propagarsi da un individuo all’altro. Non a caso si parla di campagne vaccinali piuttosto che di singole vaccinazioni. Non a caso si stabilisce come obiettivo di tale campagne un livello di copertura immunitaria che è necessario raggiungere per interrompere la catena di trasmissione. Non a caso l’obiettivo di qualsiasi campagna vaccinale a lungo termine è quello di debellare la malattia verso cui la campagna è rivolta. E se la copertura immunitaria non viene raggiunta perché molte persone rifiutano il vaccino, l’obiettivo fallisce per tutti, non solo per quelle persone.

Tutto questo suggerisce che gli interventi di vaccinazione, piuttosto che un diritto, rappresentano un dovere sociale per ognuno di noi. Esattamente come le tasse. Certo, ci lamentiamo perché la pressione fiscale è troppo elevata. Certo, auspichiamo una più equa distribuzione degli oneri fiscali. Certo, speriamo un più attento ed efficiente utilizzo delle entrate fiscali da parte dello Stato. Ma a nessuno verrebbe in mente di rivendicare la libera scelta al versamento dei contributi fiscali. Anche perchè in queste condizioni verrebbe meno lo Stato. Per questo lo Stato ha il dovere di esigere che i cittadini paghino le tasse. Esattamente per lo stesso motivo, lo Stato ha il dovere di esigere che i cittadini si adeguino alle norme tese alla protezione e alla promozione della salute.

Nei giorni scorsi abbiamo letto, increduli che il livello del dibattito possa essere caduto così in basso, che il consigliere della Regione Lazio Davide Barillari sostiene il primato della politica sulla scienza. Come se politica e scienza fossero anch’esse due entità contrapposte. Che la politica abbia la responsabilità delle scelte non abbiamo dubbi. Le norme di sicurezza degli ascensori, i requisiti per la costruzione dei ponti, le regole sulla sicurezza stradale, sono scritte dai politici. Noi ci aspettiamo da un buon politico che norme, requisiti e regole siano stabiliti nel pieno rispetto delle evidenze scientifiche sui comportamenti degli autisti e i requisiti tecnici dei mezzi di trasporto che minimizzano il rischio di incidente. Ad esempio, la scienza fornisce prove convincenti che le cinture di sicurezza siano presidi utili a ridurre la mortalità da incidente stradale. Il politico non può ignorare tali evidenze. Ma non basta. Un buon politico deve anche verificare che norme, requisiti e regole siano sostenibili dai vincoli economici del contesto in cui vengono applicate. Infine, sono fondamentali gli aspetti culturali. Qualsiasi norma necessita di essere accettata dai cittadini per diventare comportamento virtuoso. Le norme sulla raccolta differenziata dei rifiuti in vigore in molti comuni ne sono un esempio. Funzionano laddove esiste una coscienza civile diffusa sulla loro utilità.

Il caso delle vaccinazioni è anch’esso emblematico. Leggiamo di cittadini convinti che la protezione immunitaria si acquisisca lasciando giocare i bambini per terra, convinzione questa del tutto infondata, e anzi pericolosa. Se tale convinzione malauguratamente si diffondesse diventando opinione maggioritaria, la politica di cui parla Barillari dovrebbe inchinarsi alla legge della democrazia?

Forse qualche riflessione sulla differenza tra democrazia e demagogia andrebbe fatta. Il politico non può limitarsi a contare il consenso. Applicare questo bizzarro concetto della democrazia alla salute dei cittadini è inaccettabile. La politica deve avere un ruolo educativo, non può limitarsi a cavalcare l’onda del consenso. Politica e scienza sono l’una al servizio dell’altra, ed entrambe al servizio dei cittadini.

* Professore di Epidemiologia – Università degli Studi di Milano Bicocca


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