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Ictus, 100mila nuovi casi all'anno e costi di 16 miliardi per il Ssn (e altri 5 per le famiglie)

di Er.Di.

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Con oltre 100mila nuovi casi l’anno, l’ictus cerebrale costa 16 miliardi al Servizio sanitario nazionale e 5 miliardi alle famiglie. Eppure quasi il 50% degli eventi cerebrovascolari si potrebbero evitare grazie a stili di vita più salutari ed un maggiore controllo medico nei soggetti ad elevato rischio cardiovascolare. E’ quanto emerge dal Rapporto 2018 sulla malattia realizzato dall’Osservatorio Ictus Italia. Nel nostro Paese, sottolinea il dossier, le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 940.000 «ma il fenomeno è in costante crescita, a causa dell’invecchiamento della popolazione». L'80% del numero totale degli ictus è rappresentato da ictus ischemici con una mortalità a 30 giorni di circa il 20% e a un anno del 30%, mentre la mortalità a 30 giorni dopo un ictus emorragico raggiunge il 50%.

Si tratta di “numeri” che preoccupano e che rappresentano l’impatto sociale ed economico che l’ictus ha sulla nostra società in termini impegno del Ssn sia nella fase acuta che nella presa in carico della cronicità. Non vi sono solo i “costi diretti” della malattia, l’impegno economico che impoverisce le famiglie delle persone colpite da ictus è la spesa per la cosiddetta “assistenza informale”, che consuma risorse e tempo.

«Nel nostro Paese, solo un terzo delle persone è consapevole di essere colpito da ictus e la maggior parte non conosce i possibili segni o sintomi del danno cerebrale - spiega Nicoletta Reale, presidente dell’Osservatorio Ictus Italia - per questo risulta assolutamente necessario attuare percorsi di informazione, riconoscimento, tempestività e cura dell’ictus cerebrale promossi e condivisi, ciascuno per le proprie competenze, da tutti gli stakeholders: società scientifiche, organizzazioni ed enti d’ambito sanitario, associazione di pazienti e di cittadini, istituzioni».

Secondo l’Osservatorio, in linea con il Piano europeo 2018-2030, sono quattro gli obiettivi prioritari da raggiungere nel prossimo decennio: ridurre il numero assoluto di casi di ictus del 10%; trattare il 90% o più delle persone colpite nelle Stroke Unit come primo livello di cura; favorire l’adozione di piani nazionali che comprendano l’intera catena di cura, dalla prevenzione primaria alla vita dopo l’ictus; implementare strategie nazionali che promuovano e facilitino uno stile di vita sano, riducendo i fattori ambientali (incluso l’inquinamento atmosferico), socio-economici ed educativi che aumentano il rischio di incorrere nella patologia.

Ma la strada da percorrere è ancora molto lunga. Dal Rapporto, infatti, emerge una disparità tra le Regioni nell’adozione dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali (Pdta).
Secondo l’Osservatorio, infatti, solo il Friuli-Venezia Giulia risulta essere la realtà che ha elaborato percorsi più completi; seguono con modalità differenti, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Veneto, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio. Mentre indietro appaiono Sicilia, Sardegna e Molise. «Questa disparità fra le Regioni del Nord e del Sud - sottolinea il Rapporto - viene confermata anche per la presa in carico e la cura di pazienti cronici con disabilità (riabilitazione, lungodegenza e cure palliative)».

In questo contesto, sottolinea il rapporto, appare dunque prioritario promuovere sani stili di vita, considerato che gli studi epidemiologici condotti in questi anni hanno dimostrato la reversibilità del rischio, ossia che, riducendo i fattori di rischio, è possibile ritardare o ridurre il numero di eventi che si verificano nella popolazione. Quasi il 50% degli eventi cerebrovascolari, infatti, potrebbero essere evitati attraverso l’adozione di stili di vita salutari e un controllo farmacologico nei soggetti ad elevato rischio cardiovascolare globale; ad esempio è dimostrato che l’abolizione del fumo assieme ad una attività fisica quotidiana (l’Oms raccomanda almeno 150 minuti a settimana) e un’alimentazione ricca di verdura, e frutta, cereali integrali, legumi e pesce, e povera di cibi ricchi di grassi saturi, colesterolo, zuccheri semplici e sale, aiuta a mantenere livelli fisiologici di pressione arteriosa, colesterolemia e glicemia.


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