Medicina e ricerca

Immuno-oncologia, Italia leader nella ricerca. Con la medicina di precisione possiamo cronicizzare i tumori

di Paolo Ascierto * e Michele Maio **

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L’Italia è leader a livello internazionale nelle ricerche sull’immuno-oncologia, che sta cambiando le prospettive di cura in molti tumori in fase avanzata. Il nostro Paese è fra i primi al mondo nelle sperimentazioni in questo campo, che rientra nell’oncologia di precisione, un approccio che mira a offrire il farmaco “giusto” al paziente “giusto” al momento “giusto”, migliorandone così l’efficacia e la qualità di vita. E poche aziende hanno un’esperienza nell’immuno-oncologia paragonabile a quella di Bristol-Myers Squibb, che oggi è in prima linea nella ricerca di farmaci innovativi in grado di modificare le aspettative di vita dei pazienti.
Negli ultimi 10 anni, l’immuno-oncologia, una vera e propria nuova disciplina che utilizza farmaci immunoterapici che stimolano il sistema immunitario contro il tumore, ha rivoluzionato la lotta contro la malattia. Dopo i primi due grandi passi in avanti rappresentati dalla chemioterapia e dalle terapie mirate, stiamo assistendo a una vera e propria svolta nel trattamento dei tumori grazie alla progressiva estensione dell’efficacia di quest’arma. L’immuno-oncologia rappresenta oggi lo standard di cura in diverse neoplasie in stadio metastatico: dal melanoma, al tumore del polmone non a piccole cellule, al linfoma di Hodgkin, al carcinoma a cellule renali fino a quelli della testa e del collo e al tumore di Merkel. E sono in corso studi sulle neoplasie gastrointestinali, della vescica, del fegato, del seno, dell’esofago, e in molte altre.
Il melanoma, un tumore della pelle particolarmente aggressivo in fase avanzata, ha rappresentato il caso-scuola. E nel melanoma metastatico, il 20% dei pazienti trattati con ipilimumab, la prima molecola immuno-oncologica, è vivo a 10 anni dalla diagnosi. In seguito è stato introdotto nivolumab, che ha migliorato i risultati. E un ulteriore passo in avanti è stato compiuto con la combinazione delle due molecole in prima linea nel melanoma metastatico: il 53% dei pazienti colpiti da questo tumore della pelle è vivo a 4 anni. Un beneficio che molto probabilmente si manterrà a lungo termine grazie all’"effetto memoria" caratteristico dell’immuno-oncologia. Quest’arma garantisce anche una buona qualità di vita. La sfida immediata è aumentare l’efficacia dei farmaci a disposizione per superare la resistenza alle terapie immuno-oncologiche, che impedisce a circa il 50% dei pazienti di beneficiarne.
Servono studi sui meccanismi di resistenza e la chiave per scoprirli si trova nel microambiente tumorale, cioè nell’ambiente in cui le cellule malate vivono. Il microambiente caldo (infiammatorio) risponde alle terapie immuno-oncologiche perché contiene cellule del sistema immunitario, quello freddo invece sviluppa resistenza perché è privo di infiltrato linfocitario. Le strategie immediate della ricerca mirano proprio a introdurre linfociti nel microambiente freddo perché aggrediscano il tumore. Come? Innanzitutto rendendo più efficaci le armi a disposizione attraverso la combinazione di terapie immuno-oncologiche. Vi sono poi farmaci locoregionali che vengono “iniettati” nel tumore per renderlo “caldo”: l’idea alla base del loro funzionamento è che, in questo modo, possa essere modificato il microambiente tumorale.
Va anche studiata la giusta sequenza di terapie, obiettivo dello studio Secombit coordinato dal “Pascale” di Napoli: ha coinvolto 244 persone da 22 centri (11 italiani e 11 del resto d’Europa) e si concluderà nel giugno 2021. Il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore.
La ricerca di laboratorio è cruciale per comprendere le nuove frontiere della lotta alla malattia. Oltre alle stesse cellule tumorali e al microambiente in cui esse vivono, anche la funzionalità del sistema immunitario e del microbiota intestinale (cioè la flora intestinale, l’insieme di organismi, in particolare batteri, che popolano l’intestino) svolgono un ruolo fondamentale nel regolare la risposta immunitaria e, quindi, nel determinare l’efficacia delle terapie immuno-oncologiche. Dobbiamo imparare a conoscere e, quindi, ad aggirare gli ostacoli che ciascuna di queste componenti può opporre all’attività del sistema immunitario. Interessanti sperimentazioni mirano proprio a comprendere in che modo alcuni tipi di flora intestinale favoriscano una migliore risposta a questi trattamenti. Grazie al patto virtuoso siglato fra Università, clinici, industria, pazienti e agenzia regolatoria, l’Italia è in prima linea nella ricerca sulle molecole innovative.
Non va però dimenticato il peso decisivo della ricerca indipendente: il Centro di Siena, ad esempio, grazie a studi condotti dalla Fondazione NIBIT, è stato il primo al mondo a dimostrare l’efficacia dell’immunoterapia nel mesotelioma pleurico e che farmaci epigenetici possono migliorare l’efficacia del trattamento immunoterapico nel melanoma rendendo il tumore maggiormente “visibile” e riconoscibile da parte del sistema immunitario.

* Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione “G. Pascale” di Napoli
** Michele Maio, Direttore della Cattedra di Oncologia dell’Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese


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