Medicina e ricerca

Coronavirus «nCoV»/ Rezza (Iss): «A oggi mortalità stimata sotto l'1%». Ippolito (Spallanzani): «In Italia test pronti». E l'Oms stavolta gioca d'anticipo

di Barbara Gobbi (da www.ilsole24ore.com)

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Con la conferma da parte delle autorità cinesi che il nuovo coronavirus nCoV partito dalla megalopoli di Wuhan si trasmette – come era prevedibile – anche da uomo a uomo, il livello di attenzione sul focolaio epidemico partito a fine dicembre dallo Huanan Seafood nel Sud della Cina, un mercato all’ingrosso di frutti di mare e animali vivi, è diventato massimo.
Per ora si contano poco più di 200 casi accertati e concentrati nell’area di Wuhan, tra cui 14 tra gli operatori sanitari, e sei decessi in persone già fragili. Ma il bilancio è destinato a essere aggiornato di ora in ora, mentre la comunità sanitaria internazionale corre ai ripari. Tanto che l'Organizzazione mondiale della Sanità ha riunito un board ristretto di tecnici per fare il punto sulla nuova malattia.
L'obiettivo è giocare il più possibile d’anticipo e non farsi trovare impreparati, come accadde diciassette anni fa con la Sars – altro coronavirus che tra 2002 e 2003 seminò il panico nel mondo con 8mila contagi e 750 morti accertate – e su cui la gestione della sanità pubblica internazionale fu “messa in mora”.

L’identikit del nuovo virus
Il virus nCoV è "nuovo di zecca" pertanto non ci sono a oggi né farmaci specifici né tantomeno un vaccino ma soltanto le terapie sintomatiche applicate fino a ora. «Febbre alta, tosse, difficoltà respiratorie sono i primi sintomi da segnalare insieme alla possibilità di contagio per contatto ravvicinato e in ambiente ospedaliero se l’operatore sanitario non prende le dovute precauzioni con mascherine ad alto filtraggio che sbarrano l'accesso al 95% dei virus. Mentre in generale si sconsigliano i viaggi non strettamente necessari diretti alla città cinese dove l’epidemia è in corso. E chi arriva da lì con sintomi sospetti vada subito in un ospedale attrezzato». Queste le indicazioni che arrivano da Gianni Rezza, responsabile delle malattie infettive all'Istituto superiore di sanità (Iss). Che chiarisce come in Italia «non c'è ad ora stato alcun caso sospetto, ma ministero della Salute, Iss e rete degli aeroporti sono in contatto continuo». Rezza azzarda poi una stima del tasso di mortalità del nuovo coronavirus: «Inferiore all'1% e quindi più basso di quello della Sars – afferma – ma sono ipotesi fatte su un modello matematico elaborato dall'Imperial College di Londra che ipotizza 1.700 infetti tutti concentrati a Wuhan».

La rete di protezione
«Dei coronavirus conosciamo tutto, genere e specie: ce ne sono 5 diversi sotto tipi e la ricerca ci aiuterà nei prossimi giorni ad approfondire l’identikit di questo nuovo, che si manifesta come una polmonite sostanzialmente sovrapponibile a quelle da virus respiratori normali, inclusa l’influenza», spiega Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Irccs specializzato in malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, Centro collaboratore dell'Oms per le patologie altamente contagiose, dalla gestione clinica alla formazione.
Un test intanto è già pronto: «Avevamo già a disposizione un test “compliante” che rispondeva per l'85% – continua Ippolito – ma una volta che i colleghi cinesi hanno reso disponibile dieci giorni fa un pezzetto di sequenza i nostri laboratori hanno messo a punto un test specifico che viene provato regolarmente, anche se in Italia non ci sono casi. La stessa definizione di “caso”, del resto, è soggetta a essere modificata non appena disporremo di ulteriori informazioni. Come quella, a cui sta lavorando il Cdc cinese diretto da George Gao, sull'animale-ospite: la Sars arrivava dagli zibetti mentre la Mers è stata passata agli uomini dai dromedari. Intanto la collaborazione nazionale tra i centri infettivologici regionali, il ministero della Salute e gli aeroporti di Fiumicino, e quella internazionale a partire dal piano europeo dove lo Spallanzani coordina i centri di 4° livello e partecipa allo European Virus Archive in cui si depositano pezzi di diagnostica e di altri virus, possono fare la differenza. Tutta la comunità sanitaria internazionale è in rete, per connotare la malattia e contenerla».


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