Medicina e ricerca

Coronavirus/ La tecnologia ci renderà «Immuni»?

di Giuseppe Albora *, Massimiliano Alberto Biamonte *, Giulia Di Pisa, Duccio Giorgetti, Andrea Moscadelli, Sonia Paoli, Lisa Rigon * e Guglielmo Bonaccorsi **, Paolo Bonanni **

S
24 Esclusivo per Sanità24

La progressiva riduzione dei casi di contagio da coronavirus registrata nelle ultime settimane ha portato il Governo a progettare e pianificare la cosiddetta “Fase 2”, dove sarà possibile tornare gradualmente a effettuare spostamenti e a riprendere alcune attività. Tuttavia, è ancora necessario adottare strategie efficaci per contenere il rischio epidemico; eventuali errori in questa fase potrebbero rendere vani i sacrifici finora sostenuti dalla popolazione.
Una vigilanza attiva basata su interviste telefoniche è stata, fino ad ora, la strategia principale. Tuttavia, quest’ultima richiede tempi e costi onerosi ed è gravata da distorsioni importanti: la memoria della persona intervistata e la veridicità dell’informazione riferita. In alcuni Paesi, soprattutto asiatici, una via alternativa di sorveglianza si basa sull’utilizzo di applicazioni di tracciamento installate su smartphone. Anche nel nostro Paese si prospetta una soluzione di questo tipo (la app "Immuni"): la popolazione potrà partecipare volontariamente al programma di sorveglianza installandola sul proprio cellulare.
Un’applicazione per smartphone ha il vantaggio di essere pratica, automatizzata e gratuita per il cittadino; determina inoltre un risparmio di risorse economiche e umane da parte dello Stato. Offre un netto miglioramento nei tempi di tracciamento: mentre la sorveglianza telefonica attiva agisce a posteriori, non potendo prevenire i contatti ma soltanto documentarli giorni dopo, nel caso della App il tracciamento avverrebbe in tempi più brevi, avvertendo più velocemente del rischio di contatto con i positivi: un vantaggio reale per tutti i cittadini che decideranno di installarla. Il sistema di tracciamento dei contatti si basa su tecnologia bluetooth, e limita le distorsioni che una ricostruzione basata sul ricordo potrebbe dare, oltre a garantire anonimato e rispetto della privacy. L’utente non ha bisogno di fare nulla: il sistema fornisce l’esatta lista di contatti avvenuti durante la giornata, senza i problemi di privacy delle rilevazioni GPS (peraltro non consentito dalle linee guida europee). Una soluzione che offre maggiore sicurezza individuale e collettiva: il timore dell’epidemia condiziona gli spostamenti ed è fondamentale sapere se durante questi ultimi ci sono stati contatti a rischio.
Due i principali svantaggi. In primis, l’App rende necessario possedere uno smartphone ed essere in grado di usarlo. In Italia l’alfabetizzazione tecnologica è bassa e il Digital Divide ha un forte impatto sulle fasce di popolazione anziana e di livello socioeconomico minore. In alcuni Paesi (Irlanda, Regno Unito, Massachusetts, per fare alcuni esempi) la sorveglianza telefonica è stata preferita all’uso della App: risulta infatti più efficace per le fasce di popolazione che non hanno accesso alle nuove tecnologie o che sono socialmente isolate. L’uso tradizionale del telefono avrebbe inoltre il vantaggio di essere maggiormente gradito dagli anziani perché meno "spersonalizzante", permettendo, entro certi limiti, un dialogo diretto con l’operatore e il superamento di sentimenti di alienazione e solitudine. Se venisse istituito in Italia un sistema di sorveglianza telefonica efficace, potrebbe inoltre offrire un’opportunità di lavoro a chi farà parte del personale, e rappresentare il punto di partenza verso il potenziamento dei servizi territoriali e dei dipartimenti di Igiene Pubblica, indeboliti da tempo, ma destinati ad essere protagonisti comprimari, al pari degli Ospedali, nella gestione di una possibile risalita della curva dei contagi e di future emergenze epidemiche.
In secondo luogo, la App basa il suo meccanismo di funzionamento sul numero di utilizzatori: si stima che sia necessario almeno il 60%-70% della popolazione per avere effettiva utilità. Al contrario, una bassa adesione determinerebbe il fallimento di questa strategia.
Il superamento della “Fase 1” è il risultato combinato dei provvedimenti del Governo e del senso civico della popolazione, che ha reso possibile il calo dei contagi. La “Fase 2” richiede un senso di responsabilità ancora maggiore da parte delle persone e un impegno collettivo verso nuove sfide: ragionando con lungimiranza è difficile pensare ad un “Silver Bullet” (“proiettile d’argento”) ovvero una soluzione che possa, da sola, migliorare la situazione in poco tempo. In questo caso è opportuno considerare la variabilità della popolazione coinvolta, pensando a strategie differenziate che possano integrarsi e raggiungere tutti.
La strada della tecnologia è utile laddove possa avere un utilizzo semplice e proficuo, ma dovrà necessariamente integrarsi con altre strategie, perché in uno scenario dal futuro incerto la versatilità delle soluzioni è fondamentale, e l’unica sicurezza che rimane è che possiamo farcela soltanto combattendo insieme.

* Medici in Formazione specialistica, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Firenze
** Docenti Scuola Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Firenze


© RIPRODUZIONE RISERVATA