Medicina e ricerca

Coronavirus: l'inattività fisica può favorire infiammazione cronica e obesità

di Claudio Testuzza

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Studi recenti hanno messo in relazione l'inattività fisica con l'infiammazione cronica di basso grado e l'obesità, che sono all'origine di malattie croniche non trasmissibili. Le prove devono essere prese seriamente in considerazione in questo particolare periodo di emergenza CoViD-19 e gli effetti a lungo termine della limitazione prolungata dell'attività sportiva non devono essere trascurati.

Al contrario, questa abitudine dovrebbe essere incoraggiata, al fine di proteggere la salute dei cittadini e della comunità, alleggerire il welfare per la società. Lo affermano in un loro studio Gian Pasquale Ganizit, Direttore della Ricerca Istituto Medicina dello Sport di Torino, e Guido Regis, Vice Presidente dell'Ordine dei medici di Torino.
Se è pur vero che nella letteratura scientifica ci sono chiare e numerose evidenze che l'attività fisica regolare produce significativi effetti sulla salute, vi sono osservazioni recenti, affermano gli autori dello studio, che correlano l'inattività con lo stato di infiammazione cronica di basso grado che caratterizza anche l'obesità. Se ne può dedurre che l'attività ginnico-sportiva, condotta in maniera costante, è in grado di ridurre la morbilità, la mortalità e di migliorare le prestazioni fisiche e la qualità di vita di chi la pratica.

L' attività fondamentalmente possono essere di tipo aerobico, anaerobico, di potenza e forza muscolare, di stretching, di abilità tecnica ed equilibrio. In molte attività sportive questi aspetti si mescolano mentre in altre sono preponderanti. Per esempio podismo e ciclismo su strada per la componente aerobica o sollevamento pesi per la componente di forza e potenza.

I risvolti positivi dell'esercizio si verificano anche in organi apparentemente poco interessati come il sistema nervoso centrale e quindi sulla condizione psichica del soggetto, con miglioramento dell'umore, della sensazione di benessere, controllo dell'ansia e della depressione Queste evidenze scientifiche devono essere prese in considerazione seriamente in questo particolare periodo di emergenza CoViD-19, a maggior ragione di fronte alla consapevolezza che con questo virus dovremo convivere a lungo. Non si deve, infatti, trascurare il rischio che determina la pesante limitazione prolungata dell'attività sportiva sulla popolazione, con l' inevitabili conseguenze che si verranno a creare nuovamente in termini di salute per il sistema sanitario nazionale..

Una recentissima rassegna, che ha esaminato più di venti ricerche sulla quarantena durante le epidemie di SARS, MERS, Ebola e altre malattie, ha documentato gli effetti psicologici negativi legati a situazioni innaturali quali la limitazione delle attività fisica e la costrizione in spazi chiusi.

Un corretto modello proponibile nel prossimo e, speriamo vicino periodo, deve essere adottato proprio per rendere rapida e sicura la ripresa delle attività motorie e sportive, costruendo modelli e regole chiare, diffondendole e spiegandole con la stessa ripetitività ed attenzione prodotta per le regole restrittive fino ad ora adottate alla popolazione, ma soprattutto alle federazioni sportive, agli enti di promozione, alle discipline associate e alle loro società, contando sul loro senso di responsabilità nel metterle in atto e farle rispettare. Appare fondamentale predisporre per i luoghi pubblici dei percorsi distinti tra chi pratica sport e chi semplicemente passeggia, servizi di sorveglianza addestrati e dedicati per l'intero orario diurno e controlli random, ma ripetuti, presso i vari centri sportivi al fine di verificare il rispetto delle norme assegnate. Si possono, anche, adottare modelli simili a quelli già sperimentati in alcuni stati europei, consentendo l'attività in prossimità delle proprie abitazioni ma con un raggio specificato e comunque non inferiore ad un km.

Per gli sport di squadra è invece scientificamente provata la necessità di attendere ancora, sino alla completa fine dell'emergenza prima di riprendere le attività agonistiche, mentre per quanto riguarda invece gli sport individuali è quasi nullo il rischio di contagio, come ad esempio nel tennis.
Trascorso un adeguato periodo di valutazione, possibilmente non inferiore ai due mesi, il numero di ore di attività consentite all'aperto potrà essere aumentato con gradualità sino all'annullamento completo dei divieti, purché non si creino assembramenti e siano rispettate le distanze di sicurezza, con severe multe per chi trasgredisce


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