Medicina e ricerca

Covid -19 e il ripensamento non procrastinabile dei percorsi di cura e assistenza

di Maria Giulia Marini *

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24 Esclusivo per Sanità24

Con l’approvazione del “decreto Balduzzi” (158 del 13/09/2012) si era aperta nelle Regioni una riforma per il Servizio sanitario nazionale sulla riorganizzazione delle cure primarie, tra cui le cure territoriali con la medicina generale: l’assistenza territoriale doveva essere potenziata definendo il medico di medicina generale “tutore della salute delle persone”, da svolgersi in associazione e con altri specialisti territoriali.
Malgrado la riforma centrale, le Regioni hanno preso strade differenti. Veneto, Toscana, Emilia Romagna hanno puntato sull’ambito territoriale, mentre quasi tutte le altre hanno rafforzato la cultura ospedalocentrica, per la gestione delle patologie acute e croniche e la cultura Rsa -centrica per la cura degli anziani. Sia gli ospedali, sia le Rsa sono spesso sfuggite alla collaborazioni territoriali con i medici di medicina generale e con i servizi sociali. In Lombardia, come in altre Regioni, sono cresciute cliniche private e private accreditate pronte a dare risposte efficienti rispetto a bisogni di salute sulle malattie non trasmissibili, (es. tumori, patologie cardiovascolari), tagliando però i letti di terapia intensiva, in quanto molto onerosi (costo quotidiano stimato dai 1200 ai 1500 euro /die ).
Ma quali pazienti si trattavano in ospedale? L’ospedale ha trattato negli ultimi 8 anni principalmente i pazienti di pertinenza di un territorio multiprofessionale, multidisciplinare e tecnologicamente avanzato. Facendo così, l’ospedale ha perso il suo senso di struttura per acuti gravi, tagliando i posti letto e diventando una struttura ambulatoriale: i dati del 2012 indicavano 12.5 posti letto in terapia intensiva per 100.000 abitanti, a differenza della Germania che aveva 29.2 posti letto per 100.000 abitanti. I dati sui presidi assistenziali di ricovero per anziani nelle Rsa indicavano, al 2015, la presenza di 12.828 istituti di cui il 64%, concentrato nel Nord Italia, il 25% nel Centro mentre il 10.4% è nel Sud.
Ci si è occupati di cura per le patologie cronico-degenerative, prevalentemente in centri ospedalieri, con una forte spinta degli anziani fragili nelle Rsa. Carenti i servizi di medicina sociale, che includevano le malattie infettive, sia a livello territoriale, sia a livello ospedaliero.
Covid -19 e il ripensamento doveroso dei percorsi di cura e assistenza.
Poco si sa su questo virus ma un dato è probabile e sconfortante: ad oggi, dal 30 al 50% delle persone con Covid-19 muoiono in terapia intensiva. È corretto aumentare i letti in terapia intensiva perché non debbano più succedere le scelte etiche davanti alla scarsità risorse, su chi intubare in base alla speranza di vita residua, ma questo è lavorare in emergenza non in gestione organizzativa del problema.
E qui riprendiamo il "Disease Management": un processo di screening, prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione sul territorio - eventuale ospedalizzazione - e reinnesto nel territorio. Quello che l’epidemiologo computazionale Vespignani ha condensato nella regola delle tre T: Testing, Tracing and Treating: (fare) test, tamponi e test anticorpali, tracciare, ricostruire tutti i contatti possibili delle persone contagiate e isolarli (mandarli in alberghi e caserme, non a casa a contagiare altri familiari), trattarli il più possibile in prevenzione precoce, ai primi sintomi.
Nei Paesi e nelle regioni dove il territorio ha fatto screening di massa per Covid- 19, isolato i contagi, messo in quarantena le famiglie, e dato cure farmacologiche, il ricorso alla terapia intensiva è stato più basso.
Cinque fattori da segnalare
1) La medicina generale, messa in sicurezza con i dispostivi medici, assieme ai servizi sociali dei Comuni ha un ruolo fondamentale nella educazione alla cittadinanza, tracciamento, prevenzione e gestione pazienti.
2) Arrivare in terapia intensiva è troppo tardi, perché in molti casi la patologia è gestibile a domicilio, attraverso tamponi, farmaci, dispositivi medici, e servizi sociali che portiano pranzo e cena agli ammalati.
3) Gli Istituti come le Rsa e gli ospedali sono luoghi di deflagrazione delle infezioni: nelle Rsa le morti sono state atroci, senza nemmeno l’umanità dell’anestesia. Vanno trovati altri modelli di assistenza per gli anziani.
4) La telemedicina da parte della medicina generale, prima osteggiata perché non rimborsata dal tariffario, ha assunto un ruolo strategico, sia per l’invio di ricette e esami per via telematica, sia per la gestione della visita.
5) Vi è possibile correlazione tra particolato atmosferico e presenza di Covid-19: ci si è ammalati di più nelle zone industrializzate a alto livello di biossido di azoto. La promozione di nuove forme di energia per sostenere i processi industriali non è più procrastinabile.
Quali indicazioni dare
- usare di buone pratiche di servizi territoriali vincenti nei confronti del Covid-19
- investire nello screening di massa con i tamponi
- fare campagne di comunicazione attraverso cartellonistica con disegni e spiegazioni in più lingue sulle misure di cautela
- inviare agli anziani fragili a casa una lettera per la creazione di uno "scudo di protezione", ovvero chiamare aiuto in caso di medicine, farmaci, servizi sociali, spesa, lavanderia.
-potenziare l’assistenza domiciliare, con l’assistente familiare (sono stati gli anziani che si sono salvati di più), e ricorrere alle Rsa come ultima soluzione .
- sviluppare telemedicina (accesso, modalità di utilizzo, qualità e Human touch)
- sviluppare protocolli di gestione del trauma per operatori sanitari e per le persone in quarantena.
- sviluppare app per il rintracciamento dei cittadini e risolvere lo scontro tra privacy e sicurezza.
- definire delle zone di sicurezza dell’aria rispetto al particolato che comporta l’aumento di rischio infettivo per il Covid- 19
Si sono lasciati pazienti e cittadini soli, in balia di media e social che comunicavano opinioni e pubblicazioni di scienziati e politici. A nessuno di noi è arrivata a casa una lettera personalizzata delle misure di precauzione. E come dichiarato dalla Società Italiana di Neuro Psico Farmacologia, una persona su tre ha già o avrà ansia o depressione a seguito del lock down. Abbiamo bisogno di razionalità e di empatia. Per curare noi e la nostra sanità.

* Innovation and Scientific Director, Health Care and Wellbeing Area, Fondazione Istud


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