Medicina e ricerca

Coronavirus: l'efficacia della telemedicina nella gestione delle malattie croniche

di Francesca Mancini*

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La pandemia di Covid-19 ha sottoposto a forte stress il nostro Sistema sanitario nazionale e a farne le spese, oltre alle migliaia di persone colpite dal virus, sono stati anche tutti quei pazienti cronici messi in stand-by a causa della sospensione delle attività ambulatoriali ed ospedaliere non urgenti, ma costretti a convivere con malattie che non si sono mai fermate.
Durante l'emergenza sanitaria le persone con Malattia di Parkinson – oltre 260 mila nel nostro Paese - hanno potuto invece fare un'esperienza che li ha posti al centro di una rete di teleassistenza multidisciplinare, pur restando opportunamente confinati a casa. Si tratta di un'iniziativa nata dalla collaborazione tra Confederazione Parkinson Italia Onlus e Careapt, startup del Gruppo Zambon che ha sviluppato il servizio di teleassistenza infermieristica e piattaforma di medicina collaborativa ParkinsonCare, reso gratuito per pazienti, familiari e medici già dai primi giorni del lockdown. Oltre a ricevere il patrocinio di Fondazione Limpe e Accademia Limpe-Dismov, l'iniziativa ha raccolto l'adesione di altri importanti partner come Fondazione IRCCS Istituto neurologico ‘Carlo Besta' e Villa Margherita - S. Stefano Riabilitazione che, grazie a dei video-consulti, hanno messo a disposizione dei pazienti un team multidisciplinare composto da fisioterapisti, logopedisti, terapisti occupazionali, neuropsicologi e neurologi. L'esperienza ParkinsonCare da un lato ha permesso ai pazienti di avere accesso, direttamente da casa, alle figure specialistiche necessarie, dall'altro ha consentito a noi professionisti di lavorare in modo collaborativo anche a distanza, permettendoci di creare la prima rete virtuale di medicina collaborativa per la malattia di Parkinson in Europa.

Prendiamo in considerazione il caso di una delle 260 mila persone con Malattia di Parkinson in Italia, che a dicembre 2019 aveva visto il neurologo solo un paio di volte nei 12 mesi precedenti. A giugno 2020 la stessa persona, usufruendo del servizio ParkinsonCare, ha avuto la possibilità di effettuare quattro colloqui con un'infermiera specializzata e due sessioni di fisioterapia online, ha regolarmente monitorato i sintomi della malattia, non si è mai dimenticata di prendere le medicine e, al bisogno, ha parlato con uno specialista. Tutto senza muoversi da casa. Inoltre, il suo neurologo è rimasto al corrente della situazione clinica, ha monitorato costantemente la sua risposta alla terapia e quando il suo intervento si è reso necessario, è stato avvisato e informato dei sintomi in modo da prendere decisioni tempestive anche a distanza.

Quello di ParkinsonCare è modello che sta funzionando e i risultati ottenuti dai primi 4 mesi di attività ne confermano l'efficacia. Da marzo, infatti, sono 5.112 gli interventi di supporto, di cui oltre 4mila in teleassistenza infermieristica, 235 video-consulti con neurologi e altri professionisti, 7 accessi al MMG e 2 soli accessi al Pronto Soccorso. Numeri che offrono un contributo al dibattito sul ruolo della telemedicina per i nuovi modelli di cura della cronicità e che hanno suscitato l'interesse della comunità scientifica internazionale. Sono, infatti, due le pubblicazioni che pongono questa esperienza tutta italiana come uno dei principali benchmark a livello mondiale: la prima sulla rivista Parkinsonisms and Related Disorders e la seconda sul British Journal of Neuroscience Nursing.

Molti studiosi di ‘integrated care' e ‘patient centred care', guardando alle esperienze emerse durante la pandemia, vedono nella teleassistenza una forma elettiva della medicina della cronicità, in particolare nella presa in carico delle persone con malattie neurodegenerative. Due recenti articoli su The Lancet Neurology e JAMA Neurology propongono un modello "home-hub-and-spoke", che mette insieme l'ambiente domestico per la presa in carico del paziente; un hub di figure multidisciplinari specializzate; un "personal care manager" che orchestra l'intervento degli attori sanitari coinvolti nel percorso diagnostico terapeutico assistenziale.

Ogni crisi genera un momento trasformativo che bisogna cogliere, ma anche consolidare. Oggi abbiamo l'opportunità di dare a questi pazienti maggiore continuità assistenziale minimizzando gli accessi agli ambulatori. Ma abbiamo anche l'occasione, come professionisti sanitari, di lavorare in modo più incisivo, coordinato ed efficiente. Che un vantaggio per i pazienti e per gli operatori diventi un vantaggio anche per il sistema non è sempre scontato. Ma è importante e urgente trovare le modalità per verificarlo.

* Direttore sanitario di Careapt


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