Medicina e ricerca

Coronavirus: non aumenta il rischio di aggravamento per i pazienti oncologici

di Alessandra Ferretti

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I pazienti affetti da patologia oncologica corrono lo stesso rischio di ospedalizzazione e mortalità da Covid-19 delle persone senza cancro. E nemmeno i trattamenti antitumorali come la chemioterapia, l'immunoterapia o le terapie a bersaglio molecolare costituiscono fattore ulteriore di esposizione al nuovo coronavirus. Lo stabilisce un ampio studio condotto a Reggio Emilia dalla Struttura Complessa di Oncologia dell'Ausl Irccs in collaborazione col servizio di Epidemiologia e appena pubblicato sulla rivista scientifica "Biology" (MDPI) col titolo "SARS-CoV-2 Positive Hospitalized Cancer Patients during the Italian Outbreak: The Cohort Study in Reggio Emilia".

Lo studio ha coinvolto 1.226 pazienti del presidio provinciale reggiano ricoverati per Covid-19 dal 1 febbraio al 3 aprile 2020. Dalla ricerca è emerso che il numero di pazienti oncologici ospedalizzati con infezione da coronavirus era di 138 unità (l'11,3%). Di questi, il 64,5% si caratterizzava per una diagnosi superiore ai cinque anni (i cosiddetti "survivors") e solo 14 persone avevano in corso un trattamento antineoplastico.
Il rischio di ricovero per unità di terapia intensiva (10,1% per i pazienti oncologici vs. 6,7% rispetto a quelli senza cancro) e il rischio di morte (rispettivamente 34,1% vs. 26,0%) sono risultati simili.

Nello studio sono state confrontate anche le TC dei pazienti ricoverati per Covid-19 con e senza diagnosi di cancro. Dal punto di vista del grado di gravità della polmonite interstiziale, si è evinto che i pazienti con diagnosi di tumore non erano più a rischio degli altri. Anzi, in particolare, l'analisi dei dati clinici non ha mostrato nemmeno associazioni con gli eventuali precedenti trattamenti antineoplastici e immunoterapici su pazienti trattati per carcinoma del polmone.

"Parallelamente – spiega il direttore della Struttura complessa di Oncologia dell'Ausl Irccs di Reggio Emilia, Carmine Pinto - è emerso invece che l'età media era leggermente più alta nei pazienti con tumore rispetto a quelli senza (76,5 contro 73). Inoltre, come maggiormente associate al rischio di mortalità nei pazienti con cancro sono state identificate alcune caratteristiche precise: il genere maschile, l'età oltre i 74 anni, la fase metastatica della malattia, la patologia di cancro alla vescica e la presenza di malattie cardiovascolari".
Dunque, non è la malattia oncologica attiva che rende i pazienti più fragili di fronte al virus Sars-CoV-2 quanto piuttosto le eventuali comorbidità ovvero la compresenza di patologie e l'età avanzata.

"I risultati emersi – puntualizza Pinto - sono in linea con le conclusioni cui sono giunti nel frattempo anche alcuni studi statunitensi e uno britannico. I dati meritano comunque di essere approfonditi da ulteriori ricerche e, anche al di là dell'emergenza Covid, da una riflessione sui bisogni delle persone guarite da cancro e sul programma "Survivorship Care Plan. Sotto sorveglianza andrà messa poi la crescente popolazione di sopravvissuti al cancro e, in particolare, i pazienti di età superiore ai 65 anni, quelli con comobidità e quelli con tumore in fase metastatica".

"Nel complesso – conclude l'esperto – si tratta di un'emergenza di salute pubblica. Tale emergenza necessita di una strategia che consideri globalmente e in tutte le situazioni possibili gli aspetti preventivi e assistenziali dei pazienti con cancro di fronte alla sfida sanitaria da Covid-19".


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