Medicina e ricerca

Malattie cardiovascolari: curare il cuore guarendo il cervello

di Alessandra Gorini*

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"…come non è possibile curare gli occhi senza curare la testa, né la testa senza il corpo, così neppure il corpo senza l'anima; ma proprio questa sarebbe la causa per cui presso i Greci ai medici sfugge la maggior parte delle malattie, il fatto che ignorano l'intero, a cui andrebbe rivolta la maggior cura, perché se non si trova in buone condizioni, è impossibile che stia bene la parte [...]" (Platone, Charm 156b3-c5, IV secolo a.C.).


"Come clinici il cui scopo è di fornire cure, siamo molto bravi nel trattare le malattie, ma spesso non altrettanto bravi nel curare la persona. Il focus della nostra attenzione è stato sempre più incentrato sulle condizioni fisiche, piuttosto che sul paziente nella sua interezza. Poca attenzione, infatti, è stata posta alla salute psicologica e a come questa possa contribuire alla salute fisica e alla malattia" (American Heart Association, Circulation, 2021).

Nonostante siano trascorsi più di 2400 anni in cui i progressi scientifici e tecnologici hanno fornito alla medicina strumenti straordinari per identificare e curare molte malattie, ancora oggi è necessario riproporre il prezioso monito declamato più volte e in forme diverse già a partire dagli antichi greci, che sottolinea l'importanza di porre attenzione a tutti gli aspetti del paziente e non solo alle sue problematiche fisiche. E proprio in questi giorni ha sentito il bisogno di farlo, con il supporto di una gran mole di dati sperimentali, l'American Heart Association, pubblicando un scientific statement su una delle più prestigiose riviste internazionali di Cardiologia coautorato da 14 esperti di fama mondiale provenienti dalle più importanti università americane.

Il lavoro, basato sui risultati emersi da ben 229 precedenti pubblicazioni scientifiche (molte delle quali, a loro volta, revisioni sistematiche di ulteriori ricerche precedenti), discute come la salute mentale possa costituire un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari o, al contrario, un fattore protettivo in grado di promuovere la salute del cuore. Tali considerazioni derivano dalle crescenti evidenze del fatto che mente, cuore, e corpo siano entità interconnesse e interdipendenti come evidente dal fatto che fattori e condizioni patologici che colpiscono una di queste tre componenti possano avere effetti anche sulle restanti due. Altrettanto evidente è l'esistenza di legami causali tra le diverse componenti psicologiche, i meccanismi biologici e i comportamenti che contribuiscono a causare l'insorgenza delle malattie cardiovascolari.

I dati clinici, accuratamente presentati nel lavoro, supportano pienamente queste affermazioni mostrandoci che, così come note condizioni patologiche come, per esempio, il diabete e l'ipertensione, possono danneggiare il sistema cardiovascolare, così la presenza di patologie cardiovascolari, come l'infarto o l'ictus, possono compromettere la salute psicologica. Ma se questo è ormai piuttosto ovvio, meno accettato e meno riconosciuto è il fatto che stati di malessere o di benessere psicologico possano influenzare negativamente o positivamente la salute cardiovascolare, i relativi fattori di rischio e persino la prognosi delle patologie cardiache. Focalizzando, infatti, l'attenzione sul ruolo dei fattori psicologici nell'insorgenza e nello sviluppo delle patologie cardiovascolari, è risultato evidente che stati psicologici negativi, quali lo stress acuto e cronico derivante da specifiche condizioni di vita (problematiche lavorative, mancanza di relazioni sociali, difficoltà economiche, ecc) o da eventi traumatici (perdite, lutti, violenze, traumi infantili, ecc), ma anche la rabbia, l'ansia, la depressione e il pessimismo aumentano il rischio di insorgenza delle patologie cardiovascolari, oltre ad aumentare la probabilità di eventi cardiaci ricorrenti e la mortalità in pazienti già affetti da patologia cardiovascolare. Questo, indipendentemente da altre variabili quali l'età, il sesso, lo stato socio-economico e i comportamenti di salute, che a loro volta possono rappresentare ulteriori fattori di rischio. Al contrario, fattori psicologici positivi quali l'ottimismo, il sentire di avere uno scopo nella vita, le emozioni positive, la vitalità emotiva, la gratitudine, la resilienza (ovvero la capacità di resistere e di affrontare le difficoltà) e il benessere psicologico in generale, non solo inducono comportamenti di vita più sani (maggior attività fisica, abitudini alimentari più salutari, miglior qualità del sonno, ecc), che a loro volta favoriscono la salute cardiovascolare, ma sono anche correlati ad una più lenta progressione dell'aterosclerosi, a un minor rischio di eventi cardiovascolari, e ad una miglior prognosi e a una ridotta mortalità nel caso sia già presente una patologia cardiaca.

Se i comportamenti rappresentano uno dei meccanismi che mettono in relazione, in maniera indiretta, gli aspetti psicologici e la salute cardiovascolare, è anche vero che svariati meccanismi biologici si manifestano proprio come conseguenza di tale legame. L'ansia, la depressione e la rabbia, così come le condizioni di stress cronico e persistente, infatti, inducono alterazioni nel funzionamento del sistema nervoso autonomo (che regola l'attività degli organi interni, cuore compreso) e/o nella risposta immunitaria che, attraverso una serie di effetti a cascata, possono aumetare il rischio di insorgenza di patologie cardiache. E' estremamente interessante anche notare che, come sottolineato dagli autori dell'articolo, sebbene il legame tra fattori psicologi negativi e fattori che aumentano il rischio cardiovascolare sia spesso bidirezionale, studi recenti hanno dimostrato che condizioni quali la depressione e il disturbo post-traumatico da stress precedono e predicono l'insorgenza di un elevato stato infiammatorio che è associato con un aumentato rischio di aterosclerosi e di trombosi.

Alla luce di tutte queste considerazioni basate su dati scientifici che evidentemente hanno avvalorato le intuizioni degli antichi greci tanto da portare una task force di cardiologi (si noti bene, non di psicologi!) ad evidenziare il ruolo di una scarsa salute psicologica come fattore di rischio per le patologie cardiovascolari e per la loro prognosi, la medicina non ha più scuse per concentrare l'attenzione solo sulle problematiche fisiche del paziente, trascurando l'uomo nella sua interezza, e non ponendo un'adeguata attenzione all'osservazione e alla valutazione del suo stato mentale. Questo è ancora più vero se consideriamo che le patologie cardiovascolari rappresentano oggi la prima causa di morte nel mondo (solo in Europa, ogni anno, muoiono, per problemi cardiaci, oltre quattro milioni di persone, un milione delle quali addirittura prima dei settantacinque anni) e che, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, i disturbi mentali sono addirittura destinati a superare, per incidenza, le malattie cardiovascolari (in Italia, attualmente, ne soffrono 17 milioni di persone e l'attuale pandemia ne sta drammaticamente accelerando l'incremento).

Certo, tutto questo richiede un grande sforzo in termini organizzativi ed economici, con l'istituzione di team multidisciplinari impegnati nella clinica e nella ricerca, che vede la presenza sistematica della figura dello psicologo nelle strutture cardiologiche. Ma se crediamo alle evidenze scientifiche che dimostrano l'esistenza di un'asse mente-cuore-corpo, dobbiamo anche credere che potenziare le risorse psicologiche curando gli aspetti negativi e promuovendo l'emergere di quelli positivi rappresenti realmente una valida strategia per aumentare il benessere dell'individuo e per diminuire, almeno sul medio-lungo termine, il peso economico e sociale delle patologie mentali e, conseguentemente, di quelle cardiovascolari (e viceversa). Solo così, dopo più di 2400 anni, potremo dire di aver compreso l'importanza di "non ignorare l'intero, a cui andrebbe rivolta la maggior cura, perché se non si trova in buone condizioni, èimpossibile che stia bene la parte".

* Docente di Psicologia generale e Responsabile Servizio di Psico-Cardiologia del Centro Cardiologico Monzino


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