Medicina e ricerca

World Obesity Day, inserire la malattia nei Lea e contrastare il processo di rimozione

di Diego Foschi *

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24 Esclusivo per Sanità24

In Italia il 10% circa della popolazione è obesa: più anziani che giovani, più uomini che donne, più al sud che al nord, più nelle classi a reddito minore e nelle persone con un basso livello d’istruzione. Un fenomeno di massa che interessa più di 6.000.000 di persone, sensibili ai messaggi dei media e della pubblicità ma poco inclini a proporsi come protagonisti del recupero della propria salute. Se si trattasse esclusivamente di una malattia "di taglia" o di un problema di estetica del soggetto non ci preoccuperemo minimamente, ma sfortunatamente l’obesità è una malattia vera e il primo gradino di una discesa all’inferno di una vita più breve e ricca di disturbi e di disagi.
La riduzione dell’aspettativa di vita riguarda coloro che hanno un’alterazione grave dei loro parametri di accumulo del tessuto adiposo e non coloro che sono semplicemente in sovrappeso. Per distinguere queste due situazioni, sovrappeso e obesità, è necessario conoscere il proprio indice di massa corporea (il BMI degli anglosassoni ). È una cosa molto semplice, perché il BMI è semplicemente il rapporto fra il proprio peso ( espresso in Kg) e la propria altezza (in metri) elevata alla seconda potenza. Un uomo di 90 Kg che è alto 1,70 m, avrà perciò un BMI = 90/2,89 pari a 31,1 e dovrà essere considerato obeso ( il valore limite è 30). Si tratta evidentemente di un’alterazione modesta e la riduzione dell’aspettativa di vita sarà modesta. Se il BMI fosse a un valore di 43, le probabilità di un diciottenne maschio di raggiungere i 70 anni di vita si ridurrebero di 27 punti percentuali rispetto a un coetaneo con un BMI normale ( 20-25).
Il BMI non è l’unico elemento da considerare: la coesistenza di complicanze dell’obesità aumenta in modo esponenziale il rischio di evoluzione negativa della malattia e dovrebbe farci considerare il suo trattamento un obbligo ineludibile. Ma rimuovere l’obesità è un’impresa molto impegnativa e sembra che la nostra Società nel suo insieme preferisca rimuovere ( come meccanismo psicologico) il problema della terapia dell’obesità.
Diversi fattori d’ordine sociale, culturale e anche politico-sanitario si oppongono, contro ogni logica, al trattamento dell’obesità che dovrebbe essere attivato fin dalle prime avvisaglie di uno scivolamento verso l’aumento del peso corporeo. L’Italia è al secondo posto in Europa per il tasso di obesità infantile: un bimbo obeso spesso diventerà un adulto obeso e non avrà neanche un termine di paragone “interiore” per confrontare la normalità e la malattia. I giovanissimi dovrebbero essere difesi e aiutati, ma è molto più facile che vengano isolati e "mobbizzati" perché diversi. È terribile pensare che lo stigma, il pregiudizio verso la persona con obesità, "brutta e cattiva" possa essere esercitato già nell’età dell’innocenza. A mio modo di vedere questo indica che l’esclusione del malato dal mondo dei sani sia un’aspirazione irrazionale che ha motivazioni anche culturali profonde e diffuse. È un meccanismo quasi innato che si applica facilmente alle malattie in qualche modo riconoscibili per deformità.
Credo che questo "peccato originale" della nostra concezione dell’obesità, lo stigma che tutte le Società Scientifiche che si interessano di obesità vorrebbero vedere cadere in questo World Obesity Day, sia alla base delle nostre difficoltà ad affrontare con successo la lotta all’obesità. Dobbiamo anche considerare che impegnarsi nella prevenzione e nella terapia dell’obesità significa ridurre il tasso di diabete ( l’80% dei diabetici di tipo II in Italia è obeso), ipertensione, malattie cardiovascolari e in parte anche neoplasie. Tutte queste affezioni implicano per il Sistema Sanitario Nazionale l’obbligo di cura perché ricadono nei Livelli Essenziali di Assistenza, mentre l’obesità non è ricompresa in questa categoria assistenziale. Il 4 marzo, durante il webinar "Sicob con voi contro l'obesità" metteremo a disposizione del pubblico le nostre pagine dedicate alla cura dell'obesità e al ruolo della chirurgia, chiederemo di stigmatizzare lo stigma, lanceremo una petizione al ministro della Salute per includere la cura dell’obesità nei Lea, forniremo i dettagli per un accesso agevole alla nostra rete di Centri di Cura dell’obesità, chiameremo a raccolta le associazioni dei malati perché si costituisca una grande comunità capace di accoglierli e di accompagnarli nel processo di cura.
Il costo annuale di un diabetico clinicamente impegnato in Italia è di 2.600 euro /anno, per una durata di lustri. La chirurgia bariatrica negli stessi soggetti è in grado di determinare la remissione del diabete (anche per lustri) nell’80% dei casi; il costo di un intervento di chirurgia bariatrica è di circa 6.000 euro e la vantaggiosità è fuori discussione, ma per il nostro sistema questa non è una priorità e un numero limitatissimo di diabetici accede alle cure chirurgiche.
La chirurgia bariatrica è uno strumento di grande efficacia ma il numero degli interventi che oscillava prima della crisi Covid intorno ai 25.000 anno (2018-2019) era del tutto insufficiente rispetto alla domanda. Molto spesso i portatori di obesità erano costretti a spostamenti extraregionali ( con un gradiente obbligato: da sud a nord), veri viaggi della speranza, per potere avere in tempi ragionevoli il trattamento di cui avevano bisogno. La pandemia, il Covid-19, ha di gran lunga peggiorato la situazione perché ha determinato una netta riduzione dei volumi chirurgici (intorno al 30%) e inserito gravi elementi d’incertezza presenti (attualmente tutto il sistema è orientato verso la vaccinazione) e futuri, perché nessuno ci dice come s’intende strutturare la sanità ospedaliera a venire per fare fronte ad una realtà che non sarà più come prima. Vi è una maggiore sensibilità del mondo politico; è del 3 marzo una riunione pubblica del Gruppo Interparlamentare “Obesità e Diabete” guidato dall’Onorevole Pella che già nel 2019 è riuscito a varare una delibera d’indirizzo molto positiva. La nostra speranza è che il World Obesity day richiami l’attenzione di tutti verso un tema e una malattia che sarebbe un grave errore ignorare.

* Professore Ordinario di Chirurgia Generale Università degli Studi di Milano
Presidente della Società italiana di Chirurgia dell’obesità e delle malattie metaboliche


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