Medicina e ricerca

Fratture da fragilità: i farmaci ci sono, ma non vengono prescritti

di Maria Luisa Brandi *

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24 Esclusivo per Sanità24

In Italia c’è un urgente necessità di riconoscere le fratture da fragilità come una priorità per la sanità pubblica e di integrare la prevenzione secondaria e la gestione delle fratture nelle strategie di invecchiamento in buona salute. Nel nostro Paese ogni anno, si contano circa 600 mila fratture da fragilità, per il 90% collegate all’osteoporosi, malattia cronica alla quale spesso non si dedica l’attenzione dovuta.
Per le persone che hanno subìto una frattura di questo genere il rischio di "rifratturarsi" è cinque volte più elevato rispetto a una persona sana. Nonostante l’adozione di una terapia adeguata sarebbe in grado di ridurre di circa il 65% questo rischio, nella realtà, come ci mostrano anche alcuni dati presentati al Wco-Iof World Congress on Osteoporosis, Osteoarthritis and Musculoskeletal Diseases 2021 appena concluso, il problema del sotto trattamento è preoccupante.
Da una revisione sistematica della letteratura conforme a Prisma e da una metanalisi a effetto casuale sponsorizzate da UCB, viene evidenziato che il tasso globale di trattamento per le fratture da fragilità è inferiore al 30%, mettendo in evidenza una chiara disparità tra le linee guida cliniche e i bassi tassi di trattamento osservati nella analisi stessa. I pazienti con una storia di fratture da fragilità prima della data di indicizzazione avevano percentuali di trattamento più elevate rispetto a quelli al primo episodio, ma sempre a un tasso non ottimale (42,2% vs 21,1%).
Dicevo che il problema è preoccupante soprattutto se pensiamo che nel prossimo decennio nel nostro Paese ci sarà un aumento delle fratture da fragilità del 23%. Dal 2020 al 2030, infatti, la popolazione italiana conterà il maggior numero di anziani, i cosiddetti baby boomer, che alla fine di questo decennio avranno più di 65 anni. Con il progressivo invecchiamento della popolazione l’incidenza e il contributo delle fratture da fragilità sulla spesa sanitaria complessiva continueranno a crescere. Il Servizio sanitario nazionale italiano spende all’anno circa dieci miliardi di euro per le fratture. Secondo le proiezioni, nel 2030 questa spesa supererà i 12 miliardi. E considerando che la maggior percentuale del costo di questi pazienti è l’acuzie, più riusciremo a ridurre l’incidenza di questi esiti, tanto meno spenderemo.
Diventa, quindi, fondamentale interrompere questa spirale negativa di dipendenza dall’assistenza sanitaria, di aumento dei costi e compromissione della qualità della vita. È necessario ottimizzare i trattamenti di prevenzione delle fratture da fragilità, per evitare che il paziente ne subisca una seconda. Per questo è fondamentale identificare per tempo i pazienti fragili e trattarli da subito.
Secondo quanto stabilito dall’Aifa, nella nota 79, i pazienti con una prima frattura da fragilità devono essere trattati con farmaci specifici. Ma quando si entra nella pratica clinica non è così. Il problema è che su questo tema non c’è la necessaria attenzione. Sussistono problemi come la mancata presa in carico dei pazienti da parte dei Mmg che, purtroppo, sono estremamente sensibilizzati sul sistema dei costi, oltre al fatto che la prescrizione di alcuni farmaci innovativi appartiene solo ad alcuni Centri specializzati. Non esistono, poi, al momento, nel nostro Paese modelli organizzativi in grado di ridefinire i criteri di presa in carico dei sempre più numerosi pazienti cronici.
La ricetta urgente per far fronte a questa emergenza sanitaria sarebbe quella di riconoscerne la priorità, definirne le dimensioni, aggiornare le Linee Guida, semplificare i criteri per l’accesso ai trattamenti farmacologici e monitorare gli outcome.
Anche i farmaci giocano un ruolo importante: oggi i clinici hanno a disposizione trattamenti farmacologici efficaci. È però importante mettere sempre i medici nella condizione di conoscere cosa sia meglio per il paziente, disegnando accuratamente il profilo del paziente stesso per offrirgli, in funzione della gravità della sua condizione, la soluzione terapeutica più adeguata.
Inoltre, rimane comunque necessario continuare a innovare in quest’area. La continua ricerca può infatti esplorare nuovi meccanismi d’azione, con farmaci capaci, ad esempio, di aumentare la densità ossea, diminuendo il rischio di nuove fratture. Investire in innovazione può, inoltre, fornire soluzioni per quei pazienti che non rispondono ai trattamenti già esistenti, mettendo a disposizione farmaci ad hoc.
Per tutti questi motivi, l’innovazione nella Ricerca & Sviluppo è fondamentale, perché permette di ampliare l’armamentario farmacologico a nostra disposizione. Teniamo presente che l’ultimo farmaco innovativo per la prevenzione delle fratture da fragilità approvato da Fda ed Ema, il romosozumab, è arrivato in Europa a dieci anni di distanza dall’ultima innovazione significativa in quest’area terapeutica. E consideriamo il fatto che stiamo ancora aspettando il suo arrivo in Italia.

* Presidente Osservatorio nazionale sulle fratture da fragilità (Off)


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