Medicina e ricerca

Neurologia/ Sin: nel mondo 3 miliardi di persone vivono con cefalea, 50 milioni affette da demenza

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L’impatto della pandemia e le complicanze neurologiche causate dall’infezione da Covid-19, le nuove frontiere nella cura della malattia dell’Alzheimer, le recenti tecniche di indagine dell’ictus in grado di guadagnare i tempi di intervento, il ruolo della neurologia nelle malattie rare, l’impiego delle immunoglobuline nelle terapie neurologiche: sono questi alcuni dei temi al centro del XXV Congresso mondiale di Neurologia, l’incontro biennale tra i massimi esperti mondiali della scienza neurologica, in questa edizione virtuale in programma dal 3 al 7 ottobre 2021.

A livello globale i disturbi neurologici rappresentano la seconda causa di morte. Nel mondo 3 miliardi di persone vivono con cefalea, 50 milioni di persone sono affette da demenza o morbo di Alzheimer, altrettante convivono con l’epilessia. Ogni anno 15 milioni di persone sono colpite da ictus, 7 milioni dal morbo di Parkinson, mentre 2,8 milioni di persone vivono con la sclerosi multipla. La salute del cervello colpisce ogni aspetto della vita umana, è alla base della nostra capacità di comunicare, prendere decisioni, risolvere problemi e vivere una vita produttiva. Tuttavia nel mondo l’accesso delle cure neurologiche non è ugualmente suddiviso e il 70% del carico delle malattie e dei disturbi cerebrali ricade sui Paesi a basso e medio reddito.

Il Congresso mondiale di Neurologia, che si sarebbe dovuto tenere alla Nuvola di Fuksas di Roma ma a causa della pandemia sarà interamente virtuale, è organizzato dalla World Federation of Neurology in partnership con la Società Italiana di Neurologia (SIN), padrona di casa. Alla presidenza di questa venticinquesima edizione del Congresso è Antonio Federico, professore emerito di neurologia presso l’Università di Siena, coadiuvato dal presidente SIN, Gioacchino Tedeschi, condirettore scientifico del Congresso.

“Dopo molti anni la SIN torna ad ospitare il Congresso mondiale di Neurologia - ha affermato Tedeschi, Direttore Clinica Neurologica e Neurofisiopatologia, AOU Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli -. Siamo fieri del riconoscimento internazionale al valore e all’impegno nella ricerca scientifica e clinica in campo neurologico. Affrontiamo la sfida forti di una rinnovata collaborazione a livello mondiale, che ci consentirà di combattere malattie croniche e neurodegenerative del sistema nervoso centrale e le sfide importanti come quella che ci ha messo di fronte la Pandemia da Covid-19 con le sue conseguenze”.

Lo studio italiano sull'impatto del Covid-19
Al centro del Congresso ci sarà anche lo studio italiano sull'impatto del Covid-19 sui disturbi neurologici, anticipato da Carlo Ferrarese, Direttore del Centro di Neuroscienze di Milano, Università di Milano –Bicocca e Direttore della Clinica Neurologica, Ospedale San Gerardo di Monza. Secondo l’analisi preliminare dello studio Neuro-Covid realizzata sui primi 904 pazienti ospedalizzati, provenienti da 18 centri del Nord e Centro Italia nel periodo marzo 2020-marzo 2021, si conferma che il disturbo neurologico più frequente è l’alterazione combinata dell’olfatto e del gusto (anosmia- ageusia, circa il 40% dei pazienti Neuro-Covid) con durata superiore a 1 mese nel 50% dei casi e fino a oltre 6 mesi nel 20%. Un secondo disturbo, anch’esso molto frequente (circa il 25% dei pazienti Neuro-Covid), è l’encefalopatia acuta ovvero uno stato di confusione mentale, perdita di attenzione e memoria, stato di agitazione, fino ad una alterazione dello stato di coscienza e al coma. È tuttora oggetto di dibattito il legame causa-effetto tra l’infezione da Covid e l’ictus ischemico, verificato nel 20% dei casi dei pazienti oggetto dello studio Neuro-Covid. Tuttavia, quasi tutti riportavano i classici fattori di rischio vascolare per un ictus (ipertensione, diabete, fibrillazione atriale, ipercolesterolemia). Sembra invece confermato che l’infezione da Covid abbia fatto da “innesco” per la trombosi arteriosa cerebrale, ma anche per le trombosi venose cerebrali, molto più rare.La cefalea associata a Covid è frequente, nel 50% dei casi diventa cronica e dura oltre 2 settimane mentre in circa il 20% dei casi ha una durata superiore ai 3 mesi.I disturbi cognitivi post-Covid fanno parte della “sindrome long Covid”, non sono rari (circa il 10% dei soggetti Neuro-Covid) ma l’entità del disturbo è quasi sempre di grado modesto e non raggiunge i criteri di una “demenza”. La durata media è circa 3 mesi e si risolve spontaneamente entro i 6 mesi in quasi la totalità dei casi.

Le nuove metodologie di diagnostica neuroradiologica
Nel Congresso, inoltre, Alessandro Padovani, Direttore Clinica Neurologica Università di Brescia, si soffermerà sulla recente approvazione di un nuovo farmaco per la malattia di Alzheimer recentemente disposta dalla Food and Drug Administration che apre uno scenario di cauto ottimismo nella cura di questa patologia. Mentre Massimo Del Sette, Direttore Neurologia Ospedale San Martino di Genova, illustrerà le nuove metodologie di diagnostica neuroradiologica, soprattutto per la fase acuta della malattia. In particolare la TC cerebrale con introduzione endovena di mezzo di contrasto, permettono di ricostruire immagini della perfusione cerebrale, cioè della quantità di sangue che giunge in determinate aree del cervello nell’unità di tempo.Questo permette di comprendere meglio sia il tempo di insorgenza di un ictus, sia quale sia il vantaggio di procedere alla ricanalizzazione, cioè la riapertura del vaso sanguigno occluso da un trombo o un embolo.Inoltre, grazie a queste nuove tecniche di indagine è possibile giovare di una “finestra temporale” di intervento più ampia rispetto a prima: dove di norma si deve intervenire entro 4 ore e mezza con la trombolisi ed entro 6 ore con la trombectomia meccanica, grazie alla TC cerebrale con studio della perfusione (e in concomitanza di alcune situazioni individuali, per età, presenza di circolazione collaterale e particolare lunghezza e sede del trombo) si può consentire di allungare il tempo di intervento per la trombolisi endovena fino a 9 ore e per la trombectomia meccanica fino a 24 ore.

Malattie rare e sistema nervoso
Secondo Antonio Federico, professore emerito di Neurologia, Università di Siena e presidente 25 WCN Rome 2021, il 60% delle oltre 6 mila malattie rare riconosciute ha un coinvolgimento del sistema nervoso centrale, periferico o del muscolo. E per la prima volta le malattie neurologiche rare avranno una forte presenza al Congresso mondiale di Neurologia con un Corso di aggiornamento che affronta vari modelli di patologie neurologiche rare, dalle leucodistrofie alle demenze, le miopatie, le neuropatie periferiche, le forme rare di epilessia ed altre. La CADASIL, malattie genetica dei piccoli vasi cerebrali, sarà oggetto di una Main Lecture, e le Malattie dei Piccoli vasi cerebrali, saranno oggetto di un workshop, partendo dalla clinica, agli aspetti fisiopatologici ed infine alle prospettive terapeutiche.

Le immunoglobine nella terapia neurologica
Per Gabriele Siciliano, professore di Neurologia presso la scuola di Medicina dell’Università di Pisa Direttore UOC Neurologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, l’utilizzo degli anticorpi derivati da plasma di donatori di sangue nei trattamenti neurologici non è una novità e rappresenta ormai da svariati decenni un rilevante presidio farmacologico per diverse patologie, trovando largo impiego in ambito neurologico nel trattamento di patologie immunomediate; ancora ad oggi, però, l’impiego delle immunoglobuline nelle terapie neurologiche rimane ufficialmente limitato ad alcune condizioni che offrono un adeguato livello di prova e tollerabilità.Per altre malattie, come per esempio le neuropatie associate a discrasia ematica, varie forme di miositi, encefaliti e mieliti, malattie caratterizzate da gravi manifestazioni neurologiche, l’utilizzo di immunoglobuline avviene di fatto in condizioni c.d. “off-label”, cioè in assenza di una indicazione terapeutica autorizzata dall’ AIFA, a fronte di una frequente marcata e decisiva efficacia.Una incongruenza che trova riscontro nei fatti, da una parte la scarsità di studi clinici controllati, trattandosi per lo più di malattie rare, dall’altra l’incertezza nel riconoscimento autorizzativo che ne può derivar come di recente per esempio avvenuto in seguito a istanza presentata dalla SIN all’AIFA nel novembre 2020 per la richiesta di inserimento delle Immunoglobuline e.v (IVIg) e del Rituximab nella legge 648/96, come terapia di I e di II linea per le encefaliti autoimmuni.


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