Medicina e ricerca

Malattia di Parkinson: le nuove sfide della ricerca

di Fabrizio Stocchi *

S
24 Esclusivo per Sanità24

La malattia di Parkinson è una tra le malattie neurodegenerative più frequenti, esordisce in genere dopo i 50 anni ma può talora avere insorgenza tra i 20 ed i 40 anni. La ricerca scientifica per la malattia di Parkinson sta lavorando in diverse direzioni, ne ho parlato nel recente evento “Le Neuroscienze del futuro”, organizzato da Biogen con il Patrocinio dell’Irccs Ospedale San Raffaele e dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Una tra le linee di ricerca più consolidate si concentra sul ruolo dell’alfa-sinucleina (Asyn), una proteina umana che cambia conformazione formando degli aggregati che contribuiscono alla morte neuronale. L’Asyn non è un batterio o un virus, ma una proteina infettante che si propaga da una cellula all’altra ed è la causa principale delle malattie definite alfasinucleinopatie fra cui la più diffusa è proprio la malattia di Parkinson.
Essendo ormai chiaro il ruolo dell’Asyn nella patogenesi della malattia di Parkinson la ricerca è stata indirizzata a limitare i danni prodotti da questa proteina in diversi modi di azione. Ridurre la quantità di Asyn, inibire l’aggregazione dell’Asyn dentro la cellula, stimolare la degradazione degli aggregati intracellulari di Asyn oppure stimolare la degradazione extracellulare dell’Asyn aggregata catturandola nel passaggio da un neurone all’altro utilizzando anticorpi monoclonali. Quest’ultimo approccio sembra il più promettente in quanto può essere ottenuto con l’immunizzazione attiva e passiva.
Si parla di immunizzazione attiva quando si induce il sistema immunitario a produrre anticorpi, in questo caso contro l’Asyn. Un vaccino contro l’Asyn è stato usato per indurre una reazione da parte dei linfociti B ma non da quelli T per evitare una reazione autoimmune. Nello studio pazienti e volontari sani hanno ricevuto il vaccino e sono stati osservati per 48 mesi. Dopo questo periodo anticorpi per l’Asyn sono stati trovati nel plasma e nel liquor in concomitanza con una diminuzione dei livelli dell’Asyn. Non sono stati osservati cambiamenti nei parametri clinici, ma il numero dei pazienti era esiguo e il tempo di osservazione probabilmente troppo breve.
Nell’immunizzazione passiva vengono somministrati direttamente anticorpi umani che danno una protezione temporanea verso l’agente infettante. Questa modalità terapeutica è in una fase più avanzata di sperimentazione. Due molecole sono già state studiate sull’uomo mostrando una buona tollerabilità ma risultati clinici insoddisfacenti, ma si è comunque deciso di proseguire la sperimentazione e uno studio è in corso su pazienti nelle fasi iniziali di malattia di Parkinson. Anche un nuovo anticorpo che si somministra per via orale sta iniziando in questi giorni la sua fase iniziale di sperimentazione su pazienti parkinsoniani iniziali.
Si sta anche lavorando per trovare una terapia mirata nelle forme genetiche di Parkinson. Una delle forme più comuni è legata al gene GBA. Il gene GBA produce una proteina che degrada una sostanza favorendone l’eliminazione. Se il gene è alterato la proteina non viene prodotta correttamente la sostanza tossica si accumula con conseguente danno per le cellule e gli organi. Questo succede nella malattia di Gaucher che generalmente si manifesta nei bambini ma in alcuni casi si manifesta nell’adulto sotto forma di parkinsonismo.
Esistono due farmaci che sono in grado di ridurre l’accumulo di sostanza tossica negli organi periferici di bambini affetti da Gaucher. Questi farmaci però non sono in grado di entrare nel cervello e quindi non migliorano il parkinsonismo. Sono in studio sull’uomo due molecole, una in grado di ridurre la produzione di sostanza tossica e l’altra in grado di aumentare l’effetto della proteina detossificante.
Un’altra molecola per pazienti con mutazione LRKK2 dovrebbe iniziare a breve la sperimentazione sui pazienti portatori di questa forma di parkinsonismo, presente in numero consistente anche in Italia.
Non rallenta però anche la sperimentazione di nuovi farmaci sintomatici, che possano essere usati nei pazienti già colpiti dalla malattia, che oggi in Italia sono circa 220.000, per migliorare la qualità della vita dei pazienti in tutti gli stadi di malattia.

* professore ordinario di Neurologia presso l’Università San Raffaele di Roma e direttore del centro per la ricerca sul Morbo di Parkinson dell’Irccs San Raffaele Roma


© RIPRODUZIONE RISERVATA