Medicina e ricerca

Giornata mondiale ictus/ Una malattia che colpisce ogni anno circa 12 milioni di persone nel mondo e 95.000 in Italia

di Stefano Fumagalli *

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Il 29 ottobre è la giornata mondiale contro l’ictus cerebrale, l’occasione per ricordare il profondo impatto sociale ed economico che ha questa malattia nel mondo e in Italia, dove colpisce 2-3 persone ogni 1000. L’ictus cerebrale si manifesta con l’interruzione dell’irrorazione sanguigna del cervello, un organo che, per funzionare correttamente, consuma circa il 20% dell’energia del nostro corpo. Mancando di riserve energetiche, il cervello dipende totalmente dalla corretta irrorazione del sangue. Le conseguenze dell’ictus sono quindi molto gravi. In Italia causa 67 000 morti all’anno, molti dei sopravvissuti hanno disabilità permanenti anche gravi. Si calcola che l’ictus in Italia contribuisca a circa il 5% di tutti gli anni di vita sana persi a causa di una malattia.
Questi sono i dati più recenti, disponibili in riferimento all’anno 2019 ed è probabile che la pandemia da covid-19 abbia aggravato i numeri. È stato dimostrato come i pazienti siano arrivati al pronto soccorso più tardivamente durante il periodo pandemico, probabilmente per i timori di recarsi nelle strutture ospedialiere esponendosi al rischio di contagio. Invece la cura tempestiva dell’ictus è fondamentale per evitarne le conseguenze più gravi. Per questo molti ospedali sono dotati di stroke unit, i centri specializzati nella cura urgente dell’ictus, del tutto preparati alla cura in sicurezza dei pazienti. La diffusione delle stroke unit, i progressi dei trattamenti e la maggiore attenzione alla prevenzione primaria negli ultimi anni hanno diminuito l’incidenza dell’ictus e contribuito all’aumento della sopravvivenza dei pazienti. Sebbene questo sia un risultato molto importante, purtroppo non è corrisposto da un miglioramento della condizione dei sopravvissuti, che, come visto dai dati precedenti, spesso manifestano disabilità permanenti. Quindi l’impatto socio-economico della malattia rimane molto alto.
Ad oggi le possibilità di cura sono limitate. Infatti, dei diversi tipi di ictus, ischemico, emorragico o transitorio, solo per il primo esistono trattamenti approvati. I pazienti colpiti da ictus ischemico possono ricevere una terapia trombolitica per sciogliere farmacologicamente il trombo che ha causato l’ostruzione del vaso sanguigno, in combinazione con trombectomia, una procedura per la rottura meccanica del trombo con appositi strumenti chirurgici.
Purtroppo questi trattamenti, nel complesso definiti di ricanalizzazione del flusso sanguigno, sono applicabili solo a circa il 60% dei pazienti a causa di alcune limitazioni di impiego come la breve finestra di intervento (entro 6 ore) e i rischi collaterali (emorragie). Inoltre, anche nei pazienti ricanalizzati con successo, nei giorni/settimane successivi all’ictus si possono osservare difetti nella circolazione sanguigna dei piccoli vasi cerebrali, associati a disturbi cognitivi e motori.
La ricerca che conduciamo all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs è finalizzata a chiarire i meccanismi che sottendono i difetti della circolazione sanguigna dopo l’ictus, al fine di identificare nuove opportunità terapeutiche. Il nostro lavoro ha evidenziato che i vasi del cervello, dopo l’ictus, espongono sulla loro superficie delle nuove proteine che fungono da segnali di pericolo. Il sistema immunitario, riconoscendo i segnali di pericolo attraverso una molecola chiamata MBL, innesca una risposta infiammatoria che contribuisce all’espansione del danno cerebrale. Attraverso una ricerca finanziata dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica lombarda, stiamo studiando nel dettaglio le ripercussioni sui vasi sanguigni di questa reazione immunitaria e il loro impatto sulle conseguenze a lungo termine dell’ictus a livello motorio e cognitivo.
Inoltre la nostra ricerca è dedicata al miglioramento della prevenzione dell’ictus. Siamo infatti impegnati, attraverso un progetto finanziato dalla Comunità Europea, nella ricerca di biomarcatori, ovvero quelle spie che sono in grado di predire il rischio di ictus. In particolare ci stiamo dedicando alla validazione di un biomarcatore infiammatorio presente nel sangue (la ficolina-2), i cui alti valori potrebbero anticipare l’ictus in pazienti con aterosclerosi, il principale fattore di rischio per l’ictus ischemico.
L’obiettivo finale del nostro impegno è quello di permettere che tutti i pazienti con ictus ricevano una cura efficace e che, quando possibile, il rischio di avere un ictus sia diminuito.

* Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs


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