Medicina e ricerca

Tumore al polmone, test NGS nuova arma diagnostica per scoprirne la carta d’identità e combatterlo

di Carmine Pinto *

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Nel nostro Paese, il tumore al polmone è la terza neoplasia più frequente nella popolazione, con 41mila nuovi casi registrati nel 2020, e di questi, il 40-50% sono rappresentati dagli adenocarcinomi. La diagnosi di tumore del polmone si verifica spesso in stadio avanzato, e la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è pari al 16%. Ogni anno è responsabile in media di circa 34.000 decessi: prima causa di morte tra gli uomini e seconda per le donne.
Negli ultimi anni, la scoperta di alterazioni genetiche driver dell’adenocarcinoma al polmone ha permesso lo sviluppo di farmaci a bersaglio molecolare in grado di migliorare significativamente la speranza di vita dei pazienti. Ecco perché è fondamentale individuare queste alterazioni genetico-molecolari prima di avviare il paziente alla terapia farmacologica.
Il ricorso a una tecnologia innovativa la Next Generation Sequencing (NGS) può rappresentare un punto di svolta nella fase diagnostica dell’adenocarcinoma del polmone. Questa tecnologia permette di testare in parallelo su di un campione più alterazioni genetiche, consentendo così all’oncologo di individuare il farmaco migliore fra quelli messi già disponibili nella clinica, e quindi di impostare una terapia mirata per lo specifico tipo di tumore che ha colpito il paziente in circa il 35-40% dei casi. Un ulteriore vantaggio dell’utilizzo della NGS è rappresentato dal fatto che, non raramente, il campione tissutale disponibile potrebbe essere quantitativamente insufficiente per eseguire in sequenza tutti i test molecolari raccomandati dalle linee guida nazionali e internazionali.
A tutt’oggi la potenzialità di impiego della NGS non è uniforme nel nostro Paese, e ampie aree in particolare del Centro e del Sud risultano scoperte. Pertanto, è necessario rendere più omogeneo il ricorso ai test NGS per garantire ai pazienti l’accesso alle terapie mirate, come è emerso in occasione del recente incontro “Nuove strategie per la lotta ai tumori del polmone. L’impatto della diagnostica e delle terapie innovative sugli esiti e la qualità della vita dei pazienti”, promosso da The European House Ambrosetti, con il contributo non condizionante di Amgen, in cui hanno dibattuto esponenti della società medico scientifica e componenti del mondo istituzionale.
Nell’ambito dell’incontro sono stati discussi i risultati già pubblicati di uno studio “Profilazione genomica del Non Small Cell Lung Cancer (NSCLC): confronto tra metodiche standard e test NGS” realizzato grazie al confronto con interlocutori pubblici e privati del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN). In due istituzioni pubbliche italiane, sono stati analizzati aspetti clinici ed economici della profilazione genomica dell’adenocarcinoma del polmone, mettendo a confronto i costi dei test standard con quelli ottenuti con l’impiego della NGS.
L’analisi è stata programmata considerando le indicazioni delle Linee Guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) per le neoplasie polmonari e le Raccomandazioni per NGS dell’European Society for Medical Oncology (ESMO).
Questo studio ha prodotto informazioni sui costi della profilazione genomica nel nostro Paese, e ha contribuito a fornire indicazioni per la determinazione di una tariffa per il sequenziamento genomico mediante NGS.
In questa analisi, la profilazione mediante NGS (con un pannello di 52 geni) di un singolo caso di adenocarcinoma del polmone su biopsia tissutale presenta un costo di 1.150 euro. Una spesa che risulta inferiore rispetto al costo standard ottenuta sommando i costi dei singoli test eseguiti in sequenza, permettendo nel contempo di valutare tutti le alterazioni genomiche per le quali oggi abbiamo a disposizione farmaci a bersaglio molecolare.
La disponibilità di un test NGS nella scelta del trattamento per i pazienti con adenocarcinoma del polmone in fase avanzata appare quindi sostenibile per il SSN, garantisce un’equità di accesso alle cure con farmaci a bersaglio molecolare, e inoltre permette una razionalizzazione delle risorse evitando di somministrare farmaci ai pazienti per i quali non c’è evidenza di efficacia.
Con queste finalità è indispensabile la programmazione sul territorio nazionale di laboratori di biologia molecolare con adeguate risorse professionali e tecnologiche nell’ambito delle Reti Oncologiche Regionali. Sarebbe auspicabile un centro di biologia molecolare per un volume di popolazione di 700-800 mila abitanti garantendone qualità, logistica e tempi di risposta. Tutto questo collegato in un’unica piattaforma nazionale che metta insieme i dati bio-molecolari e clinici, consentendo così di raccogliere e analizzare il maggior numero di dati utili alla cura e alla ricerca.

* Presidente della Federazione dei Gruppi delle Cooperative italiane Oncologiche (FICOG)


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