Medicina e ricerca

Breast Unit, così il Covid ha rallentato l'attività

di Rosanna D’Antona *

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Il Covid-19 ha avuto un impatto sulle prestazioni sanitarie delle Breast Unit attive nel nostro Paese per il trattamento del tumore del seno. Questo è avvenuto di più nella seconda ondata del 2020 (settembre-dicembre 2020) rispetto alla prima (marzo-agosto). Dal 38% di visite specialistiche annullate nella prima ondata si è passati all’89% nella seconda. Dal 25% di esami diagnostici annullati nella prima è passati all’88% nella seconda: prestazioni che sono state riprogrammate solo parzialmente (circa il 50% al seguito della seconda ondata). Per quanto riguarda gli interventi chirurgici, l’impatto della seconda ondata è stato più contenuto. Il 27% delle operazioni sospese nella prima ondata e il 30% di quelle annullate nella seconda, sono state tutte comunque riprogrammate. L’erogazione delle cure come chemioterapia o radioterapia è stata ritardata solo lievemente (dal 2 al 3%).
È quanto emerge da rapporto redatto da Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei sistemi sanitari dell’Università Cattolica) nell’ambito del progetto "Cancro Contro Covid- L’impatto del Covid sul tumore al seno" realizzato da Europa Donna Italia in collaborazione con Senonetwork Italia Onlus. Obiettivo dell’indagine, alla quale hanno partecipato 664 pazienti e 123 Coordinatori di Breast Unit, era evidenziare l’evoluzione delle conseguenze della pandemia. Il report è stato presentato in una conferenza stampa on line. L’emergenza pandemica ha reso più evidenti alcune lacune del nostro sistema sanitario nazionale. Queste sono risultate ancora più palesi nel trattamento di neoplasie molto diffuse tra la popolazione come per il carcinoma mammario. La nostra doppia indagine ha evidenziato come una paziente su cinque, negli ultimi due anni, ha avuto difficoltà ad accedere alle Brest Unit. Paura di possibili contagi, reparti di oncologia riconvertiti in strutture per assistere i malati di Covid, disorganizzazione e carenza di personale hanno costretto molte persone a non sottoporsi a visite ed esami. Per il 79% delle Breast Unit coinvolte nell’analisi, al momento dell’indagine (settembre-ottobre 2021) tutte le attività erano rientrate in sede: restava quindi comunque un buon 21% di attività trasferite che ancora dovevano essere riportate nell’alveo delle Breast Unit.
Se la senologia italiana ha pagato un prezzo tutto sommato minore rispetto ad altri Paesi, lo dobbiamo al fatto che molte strutture di cura hanno saputo lavorare in rete, con una collaborazione tra centri di senologia per l’erogazione dei servizi a seconda delle emergenze, assicurandone la continuità. Quella del potenziamento delle reti resta quindi un’indicazione preziosa anche per il prossimo futuro. Occorre ora infatti prepararsi ad affrontare le conseguenze che l’impatto prodotto dalla pandemia è destinato ad avere nei prossimi dieci anni, in termini di sopravvivenza e qualità della vita delle pazienti. Va ricordato che le Breast Unit sono le uniche strutture sanitarie che garantiscono la multidisciplinarietà nella lotta contro il tumore al seno e rappresentano un’opportunità di cura e assistenza di qualità controllata che permette alla paziente di affrontare nel migliore modo possibile una malattia, a volte, lunga e complessa. L’indagine ha inoltre anche evidenziato il ruolo delle Associazioni di volontariato. Durante la pandemia le Associazioni sono state un valido strumento di supporto per le pazienti. Sono state rese disponibili alcune attività da remoto al 68% delle pazienti intervistate, mentre il 25% delle donne ha comunque potuto ricevere assistenza dalle volontarie in presenza. Il Covid-19 può perciò rappresentare un’occasione per valorizzare il volontariato in ambito oncologico. In particolare per le oltre 830mila donne che vivono con un tumore al seno in Italia e che avranno sempre più bisogno di aiuto anche quando la pandemia sarà terminata. Rilevanti sono state anche le conseguenze psicologiche della pandemia sia sulle pazienti sia sui medici, con poca differenza: per il 79% delle donne intervistate il Covid-19 è stato causa di stress e di ansia e il 73% dei coordinatori delle Breast Unit ha dichiarato che la pandemia ha avuto un impatto significativo sul proprio stato psicologico. Sono dati che confermano la necessità di assicurare, in ogni Breast Unit, la presenza dello specialista psico-oncologo, e del suo ruolo importante non solo nel percorso di cura delle pazienti ma anche a supporto dell’attività del team multidisciplinare. Anche l’utilizzo della telemedicina è stato oggetto di analisi nell’indagine: solo il 18% delle pazienti intervistate ha ricevuto alcune prestazioni tramite i servizi di telemedicina (televisita e teleconsulto) mentre oltre la metà dei coordinatori delle Breast Unit (53%) ha dichiarato di aver utilizzato i servizi di telemedicina per garantire la continuità dei servizi durante la pandemia. Diverso è risultato l’apprezzamento, tra pazienti e medici, di questi strumenti a distanza: il 76% delle pazienti li giudica efficaci mentre solo il 24% dei coordinatori delle Breast Unit li ritiene una valida alternativa alle visite e ai consulti in presenza.

* Presidente di Europa Donna Italia


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