Medicina e ricerca

Tumore al polmone: l'azione della molecola di terza generazione che combatte il riarrangiamento Alk+

di Federico Cappuzzo*

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Secondo l’ultimo rapporto "I numeri del cancro in Italia (2021)", nel nostro Paese i tassi di mortalità per tutti i tumori sono diminuiti all’incirca del 10% negli uomini e dell’8% nelle donne tra il 2015 e il 2021.
Nelle donne, tuttavia, i tassi di mortalità sono in aumento per il tumore del polmone (+ 5%) e per il tumore del pancreas (+ 3.9%).
In Italia, il tumore al polmone è la terza neoplasia più frequente negli uomini e la seconda nelle donne, e causa un numero di decessi superiore a quello di qualunque altra forma di cancro.
Nel 2021, sono stimati 34.000 decessi (uomini = 23.100; donne = 10.900) e la sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi si attesta al 16% negli uomini e al 23% nelle donne.
Elevata incidenza del tumore del polmone e alti tassi di mortalità rappresentano una sfida che va innanzitutto combattuta attraverso la prevenzione.
Prevenzione significa innanzitutto consapevolezza dei principali fattori di rischio, tra i quali troviamo in prima battuta il fumo: l’80% dei casi di tumore polmonare è associato a tabagismo; il fumo passivo aumenta del 20% le probabilità di sviluppare un tumore del polmone nei coniugi fumatori. Stretto legame tra aumento del rischio di tumore polmonare e inquinamento atmosferico, urbano e domestico. Ancora, la familiarità, ovvero la presenza di casi di tumore del polmone nei parenti prossimi.
A comportamenti di salute nell’ottica di prevenzione vanno associate una più corretta informazione e una maggior consapevolezza per un riconoscimento precoce dei sintomi, arma fondamentale per diagnosi più precoci e tempestive. Troppo spesso, infatti, il tumore del polmone viene diagnosticato in forte ritardo. Ciò, evidentemente, anche per la modalità in cui la malattia si presenta, con sintomi aspecifici. Tra i segnali d’allarme da tenere a mente: tosse che non passa; emoftoe, ovvero catarro con striature di sangue rosso vivo; dolore al petto; dispnea, fiato corto anche per sforzi minimi; raucedine; perdita di peso; debolezza.
Grazie alla ricerca scientifica e ai progressi della medicina molecolare negli ultimi anni è stato però possibile individuare numerose alterazioni che sono alla base del suo sviluppo e che possono rappresentare dei bersagli terapeutici. Fra queste l'alterazione a carico del gene ALK (Ana-plastic Lymphoma Kinase) – un riarrangiamento dovuto alla fusione di due frammenti di geni - presente nel 5-7% dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC), con una maggiore incidenza in pazienti più giovani (sotto i 50 anni) preferenzialmente - ma non esclusivamente - non fumatori. In presenza dell'alterazione viene prodotta una proteina mutata che promuove la crescita tumorale e la metastatizzazione delle cellule neoplastiche.
A oggi per i pazienti adulti con tumore non a piccole cellule ALK+ in stadio avanzato è disponibile una nuova opzione terapeutica, lorlatinib, che è stato approvato in regime di rimborsabilità per il trattamento in monoterapia di pazienti che, per i pazienti con malattia avanzata che abbiano avuto una progressione di malattia da precedenti terapie con ALK inibitori di 2 generazione. Il nuovo farmaco è un inibitore della tirosin chinasi (TKI) di terza generazione, disegnato per essere attivo anche in pazienti precedentemente trattati in cui si siano sviluppate delle mutazioni secondarie di resistenza.
Purtroppo, circa la metà dei pazienti ALK-positivi sviluppa metastasi cerebrali nel corso della malattia. Lorlatinib raggiunge l’encefalo e agisce sulle metastasi cerebrali facendole regredire. Avere a disposizione un farmaco che ha un’azione sull’encefalo addirittura superiore a quella esercitata in altri organi è un elemento di grandissima rilevanza perché molto spesso le metastasi si associano a sintomi e disabilità che inducono a un peggioramento importante della qualità di vita. Il farmaco, inoltre, è ben tollerato, con eventi avversi generalmente ben gestibili.
Da risolvere la questione dell’accesso ai test genomici e delle difformità territoriali: sono ancora troppi i pazienti che non vengono testati con i biomarcatori tumorali, con una frequenza maggiore nel centro-sud rispetto alle regioni del nord Italia.

*Direttore UOC Oncologia Medica 2 Istituto Nazionale Tumori "Regina Elena", Roma


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