Medicina e ricerca

Un papà, un bambino da salvare e un algoritmo: le traiettorie inedite di chi cerca nuove cure

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

In questa storia i protagonisti sono almeno tre: un padre che mette in gioco tutto se stesso per salvare il suo secondogenito, un ospedale disposto a condividere le sfide cliniche con i pazienti, e la ricerca supportata dall’intelligenza artificiale. Il mix ideale per celebrare la Giornata mondiale della salute del 7 aprile: tanto che dalla vicenda di papà Davide e di suo figlio Mattia (6 anni appena compiuti), dell’équipe di terapia intensiva cardiologica del pediatrico Bambino Gesù di Roma e del progetto di sperimentazione che ne è derivato - approvato dal Comitato etico dell’ospedale - è nato un docufilm che sarà trasmesso giovedì su Rai 3, prodotto da Officina della comunicazione con Rai Documentari e con lo stesso Bambino Gesù, che lo presenta il 5 aprile.
"L’importanza di iniziare da uno" è il titolo: perché da un singolo caso - la dolorosa esperienza di una famiglia che al quarto mese di gravidanza si sente comunicare la grave cardiopatia congenita del nascituro – deriveranno potenzialmente benefici per molti altri pazienti. Il nemico si chiama Aki (Acute Kidney Injury): un’infezione renale acuta che può avere esito anche fatale. Appena nato Mattia è ricoverato in terapia intensiva per la prima operazione che gli consente di crescere, in attesa di quella correttiva. Ma è proprio a quest’ultima e al rischio di sviluppare l’Aki che è appeso l’interrogativo su come reagirà il suo corpo dopo l’intervento. Superato lo shock iniziale, Davide sfrutta la sua esperienza nel campo dell’analisi d’immagine da satellite per costruire un algoritmo previsionale dell’Aki. Va in aspettativa dall’insegnamento, ottiene un dottorato in Statistica metodologica alla Sapienza per lavorare solo al progetto di ricerca. «Siamo partiti dall’analisi retrospettiva dei dati dei pazienti nella cartella clinica elettronica per tentare di elaborare con il Machine Learning un modello statistico che il medico possa "leggere" – spiega il papà di Mattia – così da capire quanti bimbi possono andare incontro a una complicanza e intervenire per ridurre la mortalità post-chirurgica». La miniera a cui attingere è proprio la terapia intensiva: qui i bambini sono attaccati h24 a un macchinario che monitora continuamente pressione, temperatura, sangue ed è su questo tesoretto di dati che Davide, sempre in sinergia con i clinici, applica le sue conoscenze. «La scienza ha bisogno di tempo, di metodo, noi siamo ancora in fieri – premette il papà di Mattia -: la speranza è che si possa inserire questo sistema all’interno della cartella elettronica dell’ospedale». Intanto la strada è tracciata e offre, come avviene in ogni ricerca scientifica, tante opportunità anche di crescita collettiva. Come spiega il pediatra del Bambino Gesù Alberto Tozzi, «più dati abbiamo, meglio funzionano gli algoritmi: se riusciamo a mettere in rete tanti ospedali diversi otterremo strumenti sempre più utili. Dobbiamo entrare nella logica della multidisciplinarità, con la collaborazione tra clinici, tra chi si occupa di sviluppare le tecnologie e – questa volta lo possiamo ben dire – con i pazienti. Questo piccolo racconto mostra come coniugare competenze e professionalità possa migliorare la salute».


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