Medicina e ricerca

La vaccinazione del paziente immunocompromesso

di Massimo Andreoni *

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La vaccinazione rappresenta una delle più importanti scoperte scientifiche nella storia della medicina e ha contribuito in modo fondamentale ad incrementare la speranza di vita. Infatti, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), le vaccinazioni sono in grado di prevenire ogni anno 2-3 milioni di morti per malattie infettive.
Oggi, oltre alla disponibilità sempre più ampia di nuovi vaccini contro malattie infettive, stanno fiorendo ricerche su vaccini contro patologie tumorali (melanoma, mammella, cancro polmonare, etc.), ipertensione arteriosa, malattie degenerative del sistema nervoso (malattia di Alzheimer) e per la disassuefazione da abitudini voluttuarie (vaccini anti-nicotina e anti-cocaina).
La vaccinazione quando indicata è utile in qualsiasi età ma è particolarmente valida in tutte quelle persone che sono a più alto rischio di andare incontro a infezioni gravi come per esempio i soggetti immunodepressi. L’immunodepressione può essere sia primitiva su base genetica oppure secondaria a malattie o a terapie immunosoppressive. In questa ultima categoria fanno parte i tumori, i trapianti di organo solido o di midollo, le malattie onco-ematologiche, l’infezione da Hiv e molte patologie infiammatorie o autoimmuni che necessitano di terapie con farmaci immunomodulanti o biologici. In questi pazienti il grado di immunodepressione può essere più o meno severo ed in base a questo dato è possibile prevedere se il paziente risponderà alla vaccinazione o se fare scelte diversificate di strategia vaccinale (dosi più ravvicinate, maggior numero di dosi, vaccini con maggiore quantità di antigene, usare vaccini con adiuvante, ecc). In particolare, nei soggetti oncologici una vaccinazione condotta prima di iniziare la chemioterapia assicura una valida protezione che non sarebbe ottenuta successivamente quando si è ormai presentato uno stato di immunosoppressione.
La grande esperienza che è stata fatta in questi ultimi mesi con la vaccinazione per Covid-19 ha dimostrato come in pazienti patologie neoplastiche gravi, il vaccino sia dimostrato sicuro ed efficace riducendo significativamente il rischio di patologia grave.
Vi sono in Italia diverse barriere per cui spesso il paziente immunodepresso non viene vaccinato: incertezze sulla sicurezza dei vaccini in questi soggetti, l’impossibilità di usare vaccini a virus vivo attenuato (che potrebbe andare incontro ad una virulentizzazione), la mancanza di trial clinici che dimostrino l’efficacia dei vaccini in questa tipologia di pazienti, l’assenza di linee guida per la vaccinazione di soggetti immunodepressi vista anche l’estrema variabilità dei quadri clinici che si possono realizzare.
Al fine di ottenere il maggior numero possibile di soggetti vaccinati sarebbe opportuno avviare campagne di vaccinazione all'interno degli ospedali per soggetti cronici ad alto rischio di sviluppare malattie infettive prevenibili con le vaccinazioni (pneumococco, influenza, epatite A, epatite B, meningite, herpes zoster, ecc). Infatti, vi sono numerosi pazienti che per la loro complessità sono seguiti abitualmente negli ospedali non trovando nel territorio competenze sufficienti. In questi casi il giudizio sulla "vaccinabilità" o sulla necessità di utilizzare calendari vaccinali personificati è spesso complicato e deve essere inevitabilmente demandato allo specialista ospedaliero curante. A oggi questi pazienti spesso non eseguono le vaccinazioni a loro regolarmente prescritte andando incontro a patologie infettive estremamente gravi con un alto tasso di mortalità (polmoniti, meningiti, sepsi, epatiti, ecc) vanificando tutti gli investimenti economici fatti dal Servizio sanitario nazionale. Diventa quindi fondamentale realizzare un accordo Asl - ospedale per la fornitura di vaccini finalizzati alla vaccinazione di soggetti ad alto rischio che afferiscono agli ambulatori ospedalieri. Rimane comunque agli specialisti che hanno in cura i pazienti immunodepressi la responsabilità con i medici di medicina generale di proporre la vaccinazione a questi pazienti così come ai loro conviventi al fine di ridurre comunque il rischio di infezione.
La Società italiana di Malattie infettive e tropicali (Simit) ha pubblicato recentemente le raccomandazioni per la vaccinazione dei soggetti adulti e in particolare per quelli affetti da patologie gravi (Recommendations of the Italian Society for Infectious and Tropical Diseases-Simit for adult vaccinations).
È dovere delle autorità sanitarie e degli organi d’informazione promuovere l’importanza delle vaccinazioni attraverso un processo di coinvolgimento di tutta la popolazione. L’informazione sui vaccini deve essere trasparente, accessibile, accurata, completa e di facile comprensione, nonché fare riferimento alle migliori evidenze scientifiche. Tutti gli interventi che riescano a impedire che l’ignoranza e il pregiudizio possano continuare a creare perplessità nella popolazione su uno strumento, quale è il vaccino, che in questi ultimi anni ha salvato milioni di vite umane, sono necessari e a questo punto non più differibili.

* Direttore scientifico Simit e professore ordinario di Malattie infettive Università "Tor Vergata" Roma


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