Medicina e ricerca

Tumori: in 6 anni scendono i decessi, più terapie precoci pre e post chirurgia per aumentare le guarigioni

di Saverio Cinieri, Romano Danesi e Armando Santoro*

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In sei anni (2015-2021), in Italia, la mortalità per cancro è diminuita del 10% negli uomini e dell’8% nelle donne. Sono 3,6 milioni i cittadini che vivono dopo la diagnosi, un paziente su quattro (oltre 900mila persone) ha la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può essere considerato guarito. La strada verso la cronicizzazione è stata aperta dai tumori del sangue, infatti oggi il 70% dei pazienti colpiti da patologie oncoematologiche è vivo a 10 anni dalla diagnosi o può essere considerato guarito. Conquiste significative, a cui hanno contribuito in modo decisivo le campagne di prevenzione e le terapie innovative, che permettono in molti casi di cronicizzare la malattia o di ottenere la guarigione, con consistenti risparmi per il sistema sanitario. Il nuovo paradigma della lotta al cancro è costituito dalla possibilità di anticipare i trattamenti in fase precoce, cioè prima (terapia neoadiuvante) o dopo (adiuvante) l’intervento chirurgico, per aumentare il numero di pazienti cronici o guariti. Una sfida che vede in prima fila AstraZeneca, che a Roma, al Centro Congressi La Nuvola, ha organizzato nei giorni scorsi un evento scientifico di alto livello con i più importanti esperti. Con 97 progetti in studio, l’azienda è impegnata nell’identificare soluzioni terapeutiche innovative per 11 patologie onco-ematologiche (tumori del polmone, mammella, ginecologici, sangue, prostata, vescica, stomaco, fegato, pancreas, cervice, tratto gastro intestinale).
È in corso una vera rivoluzione nella terapia del cancro del seno, il più frequente nel nostro Paese con 55mila nuove diagnosi ogni anno, basata su cure sempre più mirate ed efficaci. Sono importanti anche i risultati della ricerca nei tumori della mammella ereditari in stadio precoce, insorti in donne con mutazione in uno o entrambi i due geni specifici denominati BRCA1 e BRCA2. Olaparib, terapia mirata capostipite della classe dei PARP inibitori, colpisce le mutazioni di questi geni, per ridurre ulteriormente il rischio di recidiva e aumentare le probabilità di guarigione. Nello studio OlympiA, il trattamento adiuvante, cioè successivo alla chirurgia, con olaparib ha dimostrato un miglioramento significativo nella sopravvivenza globale, riducendo il rischio di morte del 32%.
Olaparib ha aperto l’era della medicina di precisione anche nel tumore della prostata, la neoplasia più frequente negli uomini con 36mila nuove diagnosi ogni anno nel nostro Paese. La molecola ha più che triplicato la sopravvivenza libera da progressione radiologica, garantendo una buona qualità di vita. Il test BRCA diventa quindi uno step fondamentale nella diagnosi e nella scelta del trattamento non solo dei tumori della mammella e dell’ovaio ma anche del carcinoma prostatico metastatico. L’identificazione di varianti nei geni BRCA1/2 permette anche di intraprendere un percorso di consulenza oncogenetica nei familiari per identificare i portatori ad alto rischio.
Le mutazioni genetiche sono in grado di guidare la scelta della terapia anche nel carcinoma del polmone. È la terza neoplasia per frequenza, con circa 41mila nuove diagnosi ogni anno in Italia, ma resta il big killer con 34mila decessi nel 2021. Nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio precoce (IB-IIIA), il trattamento post chirurgico con osimertinib, terapia mirata anti EGFR, ha intento curativo. Parlare di guarigione in questa malattia molto difficile da trattare è un grande risultato, impensabile solo pochi anni fa. Un obiettivo a cui mira anche l’immunoterapia con durvalumab, nel carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio III non resecabile.
La guarigione è da tempo realtà nella maggior parte dei tumori del sangue. La leucemia linfatica cronica, con 3.400 nuove diagnosi ogni anno in Italia, è la più frequente fra le leucemie. La tradizionale immuno-chemioterapia è ancora efficace, ma solo in alcuni casi. Dopo la revisione delle linee guida europee, che ha ridotto i pazienti candidabili a questo approccio, le terapie mirate sono destinate a diventare sempre più lo standard di cura. Nelle patologie dei linfociti B, gli inibitori della proteina BTK, che rientrano nella classe delle terapie mirate, permettono di controllare la malattia in modo efficace. In particolare, acalabrutinib ha evidenziato un beneficio significativo in termini di efficacia e tollerabilità a lungo termine tanto nel trattamento in prima linea quanto nella malattia recidivante o refrattaria. I risultati degli studi clinici hanno dimostrato una sopravvivenza libera da progressione non inferiore e un minor numero di eventi di fibrillazione atriale per acalabrutinib rispetto alla prima generazione di questa classe di farmaci. L’obiettivo è portare l’innovazione terapeutica in tutte le principali patologie oncoematologiche: linfomi, mielomi, sindromi mielodisplastiche e leucemie. Questo è possibile anticipando l’evoluzione dei prossimi standard di cura, offrendo ai pazienti opportunità di trattamento sempre più efficaci e orientate ai loro bisogni, con il mantenimento di una buona qualità di vita.

* Saverio Cinieri - Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica)
Romano Danesi - Direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana
Armando Santoro - Direttore dell’Humanitas Cancer Center all’Istituto Clinico Humanitas IRCCS di Rozzano


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