Medicina e ricerca

Risparmiare sangue come risposta alle carenze di componenti

di Marco Pavesi *

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24 Esclusivo per Sanità24

In questi giorni la "carenza del sangue" ha sollevato un notevole interesse da parte dell’opinione pubblica a seguito di numerosi articoli che oltre a denunciare questa condizione di difetto sollecitano i lettori alla donazione: la riduzione del numero dei donatori è stata individuata come principale causa di tale carenza. Da diversi anni si assiste a tale condizione: le vacanze estive così come il Natale e le altre festività espongono ad un calo delle donazioni e conseguentemente ad una riduzione delle disponibilità delle riserve di emocomponenti. Finora il principio di autosufficienza nazionale, offerto da un sistema di compenso interregionale, ha sempre garantito su tutto il territorio Nazionale l’opportunità di far fronte ai fabbisogni, anche imprevisti, di emocomponenti. Quest’anno però la carenza di unità di sangue si è manifestata in anticipo. Il numero dei donatori non è sufficiente a garantire la copertura dei fabbisogni giornalieri e settimanali degli emocomponenti soprattutto nelle categorie di pazienti che necessitano di trasfusioni per sopravvivere.
Gli eventi inaspettati di questi ultimi due anni e le conseguenti condizioni che si sono verificate nell’ambito sanitario sconvolgendo l’attività routinaria ambulatoriale e di ricoveri medici e chirurgici hanno imposto un recupero dei pazienti in attesa e purtroppo hanno influenzato negativamente l’afflusso di donatori.
La gestione della carenza del sangue spetta soprattutto ai medici che pongono l’indicazione alla trasfusione. In certi casi il trattamento trasfusionale viene spinto oltre il necessario e rappresenta uno spreco della risorsa carente. L’indicazione alla trasfusione deve essere rigorosamente appropriata, così come la quantità di unità trasfuse non deve superare le reali necessità. L’attenzione e il rispetto verso questi due "momenti" dimostra l’applicazione di nozioni che giustificano la scelta. La cultura dei limiti di tolleranza all’anemia permette al medico di esercitare le proprie scelte all’insegna della sicurezza e dell’appropriatezza e conferma la propria sensibilità verso il problema della scarsità di risorse.
Secondo alcune stime riportate da Avis, i pazienti che richiedono trasfusioni sono suddivisi prevalentemente in tre categorie: pazienti critici del Pronto soccorso e rianimazione (10%) , pazienti di tutte le età oncologici o affetti da malattie croniche (39%) e pazienti chirurgici sottoposti ad interventi invasivi associati ad alto rischio di sanguinamento nel periodo perioperatorio (51%). In tutti questi casi la riduzione del contenuto di globuli rossi al di sotto di certi valori rende necessaria la trasfusione per garantire la sopravvivenza.
Nel primo gruppo rappresenta un trattamento imprevedibile, nel secondo è un trattamento periodico e costante, nel terzo il trattamento deriva da una condizione programmata e prevedibile. Quest’ultimo gruppo è il più numeroso ed è anche quello che si presta più agevolmente all’applicazione di programmi di “risparmio del sangue”.
Da anni questi programmi sono stati proposti e applicati a livello internazionale. Anche recentemente, l’Oms ha sollecitato tutti i paesi membri alla loro applicazione. Si tratta di programmi orientati verso il risparmio di sangue adottando tecniche che portano a minimizzare il rischio di anemia perioperatoria e realizzano standard clinici comprovati da autorevoli evidenze scientifiche.

* Anestesista - Servizio di Anestesista e Rianimazione
Istitituti Clinici Humanitas Gavazzeni - Bergamo


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