Medicina e ricerca

Malattie reumatologiche, serve una tempestiva presa in carico in team

di Daniela Marotto *

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24 Esclusivo per Sanità24

Le malattie reumatologiche sono patologie croniche altamente complesse, spesso associate a compromissione sistemica, comorbilità e dolore, ed inoltre gravate da un andamento potenzialmente invalidante. In Italia occupano il secondo posto nella scala di morbosità di tutte le malattie, dopo quelle del sistema cardiovascolare, e il primo posto tra le affezioni cronico-degenerative.
È ampiamente dimostrato – e tutti gli specialisti concordano in questo - che la sola terapia farmacologica non è sufficiente per una corretta gestione della persona affetta da malattia reumatologica. Nella quotidianità è ormai inaggirabile la necessità di un approccio olistico a un "soggetto complesso" come il malato reumatologico, che non si può studiare e curare come fosse un assemblaggio di componenti meccaniche. Per superare queste difficoltà è necessario avere una visione d'insieme, che guardi alla persona nella sua globalità e che si adatti continuamente alla sua situazione bio-psico-sociale, allo stadio e alla fase della malattia del singolo, secondo un percorso che preveda un approccio interdisciplinare e transdisciplinare.
Le più recenti Linee Guida Eular prevedono la collaborazione e il coordinamento del reumatologo con un team costituito da altri medici specialisti e con professionisti sanitari come fisioterapista, infermiere, terapista occupazionale, assistente sociale, psicologo.
Le Linee Guida sono riferimento ottimale per la gestione della patologia, ma purtroppo nella realtà si assiste difficilmente alla cooperazione professionale tanto auspicata. Si evidenzia ancora oggi un divario importante: cosa accade infatti in conseguenza dell'azione dello specialista che prende in carico il paziente reumatologico. Esiste nei fatti un'autentica presa in carico multidisciplinare di questo paziente? Purtroppo sappiamo che questi può sperimentare di essere curato con il solo trattamento farmacologico, oppure con le sole terapie fisiche o fisiochinesiterapiche; in altri casi può non ricevere la corretta educazione terapeutica. Insomma: le cose non funzionano ancora come auspicato.
L’ interdisciplinarità e la transdisciplinarità sono le direttrici di un cambio di mentalità necessario in ambito reumatologico ed è una delle mission del Collegio reumatologi italiani (Crei). Quest’anno il tema della Giornata mondiale della fisioterapia - tenutasi alcuni giorni fa - è stato l’approccio riabilitativo alle malattie reumatologiche, quasi a voler scoprire un punto nevralgico, ancora dolente della reumatologia in Italia.
Perché se da un lato le Linee Guida Eular e gli studi scientifici evidenziano la necessità di associare al trattamento farmacologico un percorso riabilitativo mirato e personalizzato il più precocemente possibile, è pur vero che al momento attuale la riabilitazione reumatologica è ancora poco conosciuta e poco attuata nel nostro Paese. L’intervento riabilitativo in reumatologia viene molto spesso introdotto dai reumatologi come ultimo tentativo terapeutico, da utilizzare quando non è più possibile curare il paziente con la terapia medica e l’approccio chirurgico è controindicato.
Questo approccio "tardivo" è destinato a essere poco efficace, poco motivato e anche dispendioso. Al contrario un precoce approccio fisioterapico, inteso come prevenzione, cura e riabilitazione porterebbe a incidere in modo rilevante sull’evoluzione verso la disabilità delle malattie reumatologiche, migliorerebbe la qualità di vita dei pazienti e ridurrebbe i costi sanitari diretti e indiretti.
Come Società scientifica siamo pragmatici e consapevoli delle difficoltà organizzative presenti nelle diverse strutture sanitarie e nelle singole Regioni, della mancanza di specifici insegnamenti nel corso di laurea e specializzazione, di reciproca conoscenza dei ruoli e delle competenze dei diversi professionisti della salute e delle barriere culturali.
Per questo motivo il Crei ha avvertito la necessità di porre in essere diversi progetti tesi a implementare la collaborazione scientifica e a creare una cultura condivisa tra i diversi professioni e tutti gli stakeholder del malato reumatologico. Nella speranza di poter essere sia una immediata risposta ai bisogni dei pazienti, che anche di poter generare e diffondere una cultura di maggior collaborazione professionale. È quanto ci aspettiamo tutti ed è la piattaforma di base su cui tutto il Ssn può sviluppare un nuovo approccio futuro al tema del diritto alla salute.

* Presidente Collegio reumatologi italiani - Crei


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