Medicina e ricerca

Censis: i fumatori stanno cambiando, servono più strumenti per la prevenzione e la lotta al fumo

di Er.Di.

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Con l'arrivo dei prodotti senza combustione anche il mercato delle sigarette sta subendo una profonda trasformazione. Un fumatore su due ha già cambiato le proprie preferenze riguardo al fumo e uno su cinque è passato ai prodotti innovativi convinto (lo pensa il 30% degli intervistati) che aiutino anche a smettere di fumare. Lo rileva “1° Rapporto su fumo di sigaretta e prodotti senza combustione in Italia” realizzato dal Censis secondo cui tra le motivazioni che spingono il fumatore verso le sigarette elettroniche e i prodotti senza combustione vi sia proprio la percezione che siano potenzialmente meno dannosi per la salute.

"I fumatori italiani - spiega Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e Salute del Censis - si dichiarano informati sulle varie tipologie di prodotti da fumo ma questa informazione si basa principalmente sul passaparola. Sono infatti informazioni acquisite soprattutto da fonti paritarie e sul sentito dire, in cui riferimenti istituzionali e scientifici, come quelli forniti dal proprio medico curante, hanno una rilevanza relativa”.

Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna il dibattito sulla riduzione del rischio è ormai avviato mentre in Italia si continua a perseguire la strada verso la totale dissuefazione dal fumo. Eppure, secondo lo studio del Censis, il 61% del campione intervistato ha pensato di smettere di fumare: il 17,2% alla fine non ci ha mai provato, mentre la quota maggiore ha tentato per poi ricominciare (43,8%). Un trend confermato dagli ultimi dati dell'Istituto superiore di sanità che indica una quota di fumatori ormai stabilizzata in Italia a quota 12 milioni (circa il 24% della popolazione).

"L'impressione – osserva Vaccaro– è che ci sia un ‘fai da te’ generalizzato sia sotto il profilo dell'informazione sia sotto il profilo della autogestione anche nell'intenzione di smettere di fumare. Proprio perché il fumo rappresenta una priorità importante per le politiche di sanità pubblica, perché è un fattore di rischio per tutta una serie di patologie, ritengo sia molto importante una presa di posizione istituzionale che da un lato aumenti la gamma di azioni necessarie per promuovere una strategia di prevenzione, dall'altra offra sostegno a chi voglia smettere di fumare".

Sono tre le proposte concrete emerse nel corso del dibattito organizzato dal Censis: un appello al ministero della Salute e all’Istituto superiore di sanità da parte di medici, comunità scientifiche e volontari, per avviare un confronto sul tema della riduzione del danno e del rischio; l'inserimento dei dati relativi al consumo di sigarette tradizionali e prodotti alternativi sul fascicolo sanitario per valutarne i rischi; il pieno coinvolgimento del terzo settore per favorire la ricerca scientifica e la corretta informazione.

"Ha senso parlare di riduzione del rischio: un tema che dovrebbe essere inserito tra le strategie di prevenzione - afferma Francesco Fedele, responsabile Prima Cardiologia, Dipartimento Scienze Cardiovascolari dell'Università La Sapienza di Roma - . Non esiste solo la strategia del sì o del no ci sono anche tante sfumature di mezzo da comunicare perché il problema è complesso. Per smettere di fumare serve gradualità e in quest'ottica i prodotti innovativi sono uno strumento da prendere in considerazione". Certo, vantaggi e svantaggi dei prodotti innovativi dovrebbero essere "misurati" scientificamente. E' questa la priorità indicata dal presidente della Fondazione Fadoi, Andrea Fontanella. "La lotta che il medico compie deve essere finalizzata all'abolizione totale del fumo - sottolinea - perché questo è il nostro ideale. Ma non tutti gli ideali si raggiungono: accade anche in altri campi dall'ipertensione al colesterolo. Quindi non vedo perché non si debba valutare l'ipotesi di una riduzione del rischio, attraverso una dimostrazione clinica efficace".

Un aiuto, in questa direzione, potrebbe arrivare dalla sanità territoriale. I dati, infatti, potrebbero essere ricavati anche dall'enorme banca dati dei medici di base. "Si potrebbe immaginare - spiega il responsabile della Scuola di Alta Formazione della Società Italiana Interdisciplinare per le Cure Primarie (Siicp), Vincenzo Contursi - un fascicolo sanitario elettronico, adeguato a quello che la transizione digitale richiede, che preveda l'inserimento nel database anche dei dati sul fumo con l'obiettivo di avere tutta una serie di indicazioni rispetto ai rischi sulla salute".

Insomma, dalla ricerca del Censis emerge la necessità di aumentare le conoscenze sui prodotti smoke free e, dunque, di rafforzare l'informazione verso i fumatori ma anche la formazione dei medici (il 21,1% degli intervistati afferma di non avere mai parlato della propria abitudine al fumo con il medico). Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà rilancia, quindi, il ruolo dei corpi intermedi per diffondere una cultura della prevenzione e dei comportamenti corretti da adottare, "archiviando il proibizionismo che non ha mai pagato e avvicinando i giovani con nuovi mezzi, extra tv".

"Dalla ricerca emerge che metà delle persone smette di fumare o riduce soprattutto il fumo quando è consigliata da amici o parenti - conclude - ma pensiamo cosa vorrebbe dire usare 4 milioni di volontari che vivono in mezzo alla gente per informare in modo preciso su cosa può comportare la cessazione dal fumo. Bisogna investire nel terzo settore e nelle società scientifiche come luoghi di ricerca e informazione che permetterebbero di avere questi risultati. Se poi questo arrivasse ad avere un intervento legislativo equilibrato, intelligente, allora avremmo ottenuto grandi risultati come altri Paesi hanno raggiunto, per esempio l’Inghilterra".


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