Medicina e ricerca

Cardiopatie congenite, la presa in carico inizia con la prevenzione

di Luigi Orfeo * e Silvia Favilli **

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Circa un neonato ogni 100 nati vivi in Italia è affetto da una cardiopatia congenita, definita come una anomalia del cuore e/o dei grandi vasi, già presente durante la vita fetale.
Le cardiopatie congenite rappresentano il 40% di tutte le malformazioni: hanno una mortalità del 4% in epoca neonatale (periodo che comprende i primi 28 giorni di vita) ed un rischio di complicanze ed esiti che differisce in base alla severità e complessità del difetto presente.
Alcune cardiopatie congenite sono definite critiche: sono tutte quelle malformazioni semplici o complesse a rischio di scompenso acuto e che necessitano di una procedura interventistica o correzione chirurgica entro il primo mese di vita; si stima una prevalenza di 1 ogni 1000 nati vivi.
Rientrano nella categoria delle cardiopatie congenite critiche la sindrome del cuore sinistro ipoplasico, le cardiopatie con ostruzione all’efflusso sinistro (stenosi aortica severa, coartazione aortica, interruzione dell’arco aortico), le cardiopatie con ostruzione all’efflusso destro (stenosi polmonare critica o atresia della polmonare a setto intatto, Tetralogia di Fallot estrema), la trasposizione delle grandi arterie, il ritorno venoso polmonare anomalo totale.
In occasione della Giornata mondiale delle cardiopatie congenite, che ricorre il 14 febbraio, come Società Italiana di Neonatologia (Sin) e Società Italiana di Cardiologia Pediatrica e delle Cardiopatie Congenite (Sicp), vogliamo sensibilizzare le famiglie riguardo a questo tema, per una corretta informazione su un percorso di prevenzione, diagnosi e cura mirati a queste patologie.
Le cardiopatie congenite, come tutte le malformazioni, riconoscono una patogenesi multifattoriale, nella quale giocano un possibile ruolo fattori ambientali e tossici, accanto a fattori genetici, sempre più frequentemente identificati.
Tra le misure preventive possibili, idonee a ridurre il rischio di insorgenza di malformazioni congenite, la dieta ricca di acido folico (supplementazione da iniziare almeno tre mesi prima del concepimento), l’adozione di stili di vita appropriati (evitare alcuni farmaci, fumo e alcool) durante l’intera gravidanza e la vaccinazione contro le principali malattie infettive a rischio teratogeno, risultano particolarmente raccomandate.
In considerazione di un possibile esordio clinico neonatale a carattere di emergenza, la diagnosi prenatale risulta fondamentale per una corretta definizione del difetto cardiaco congenito e per la pianificazione del parto in Centri dotati di cardiologia pediatrica, terapia intensiva cardiologica e cardiochirurgia pediatrica, al fine di intervenire tempestivamente già nei primi giorni di vita. La sensibilità diagnostica prenatale delle cardiopatie congenite in Italia si pone su livelli elevati (all’incirca del 65-70%) e consente, in particolare, l’identificazione di quelle malformazioni che si accompagnano a sbilanciamento delle camere cardiache. Tuttavia, la peculiarità della circolazione fetale può mascherare una anomalia congenita critica e alterare poco la crescita fetale. La criticità si evidenzierà solo dopo la nascita, quando avviene la transizione dalla circolazione fetale alla circolazione di tipo adulto. Inoltre, alcune patologie critiche hanno la caratteristica di evolvere, ovvero possono peggiorare con l’avanzare della gravidanza ed è quindi importante ripetere le ecografie fetali, studiando, in particolare, la morfologia cardiaca, attorno alla 34a-36a settimana di gestazione.
Se l’ecografia prenatale pone il sospetto di cardiopatia congenita critica, il parto dovrebbe avvenire in contesti ospedalieri in cui è possibile l’intervento multidisciplinare (cardiologi, cardiologi interventisti, neonatologi e cardiochirurghi). Per questo è spesso necessario il trasferimento della gravida in centri di secondo livello dotati di cardiologia pediatrica interventistica e cardiochirurgia; in qualche caso, per esigenze di pianificazione del timing della nascita, può essere proposta l’induzione del parto o, in casi selezionati, anche il parto con taglio cesareo.
Se la diagnosi non è nota, una precisa anamnesi ostetrica (infezioni, diabete, farmaci) ed un accurato esame clinico del neonato possono supportare il pediatra nel sospettare una cardiopatia congenita nelle prime 48-72 ore di vita.
La valutazione del colorito cutaneo (cianosi, pallore), del respiro (respiro veloce o difficoltoso), dei polsi femorali (deboli/assenti), del ritmo cardiaco (in genere accelerato), l'auscultazione cardiaca (presenza di soffi cardiaci peraltro non udibili nel 50% delle cardiopatie congenite critiche) possono orientare verso un quadro clinico ascrivibile ad una cardiopatia congenita.
Il controllo della saturazione di ossigeno (pulsossimetria) al neonato prima della dimissione dal Nido è una metodica diffusa e potenzialmente utile per aiutare nella diagnosi, ma solo alcune forme (quelle cianogene, cioè associate a basso contenuto di ossigeno nel sangue periferico) vengono facilmente intercettate, mentre in altri casi il test risulta normale (saturazione normale), anche se il difetto è presente. In questi neonati i sintomi compaiono spesso dopo la dimissione e per tale motivo è fondamentale istruire i genitori a cogliere eventuali segni clinici precoci di malessere del neonato al domicilio (alterazione del colorito, difficoltà ad alimentarsi, aumento della frequenza respiratoria), che richiedono una valutazione clinica tempestiva e programmare, comunque, per tutti i neonati una visita pediatrica di controllo entro i 10 giorni di vita per confermare il benessere del piccolo.
Qualora una cardiopatia congenita critica venga sospettata, la diagnosi finale è affidata alla ecocardiografia che consente di precisare in dettaglio il tipo di anomalia presente e di dare indicazioni sulle opzioni di trattamento. In molti casi, queste malformazioni si definiscono dotto-dipendenti, in quanto la stabilità del neonato è legata alla presenza del dotto di Botallo, struttura fetale che tende a chiudersi dopo la nascita. Per questo motivo è fondamentale iniziare prontamente un farmaco “salvavita”: le prostaglandine, che riaprono il dotto. Sarà, poi, l’intervento (chirurgico o in emodinamica) a risolvere l’emergenza con risultati ottimali e definitivi nella maggioranza dei casi. I neonati trattati successivamente necessiteranno di regolari controlli ambulatoriali presso le cardiologie pediatriche, affidati ad una equipe multidisciplinare con competenze anche pediatriche e neurologiche integrate, al fine di garantire una adeguata crescita ed un adeguato sviluppo psicomotorio.
Il parto a volte lontano da casa, la precoce separazione del neonato dalla mamma per la corretta stabilizzazione, il ricovero in Terapia Intensiva, la necessità di un intervento correttivo precoce sono tutti elementi che mettono alla prova la coppia che ha appena accolto il proprio piccolo. È precipuo compito degli operatori essere non solo esperti, ma anche sensibili e disponibili alla comunicazione, per ridurre al massimo il disagio emotivo di mamma e papà ed accompagnarli nel percorso difficile, ma spesso a esito positivo.

* Presidente della Società italiana di Neonatologia (Sin)
** Presidente della Società italiana di Cardiologia pediatrica e delle cardiopatie congenite (Sicp)


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