Medicina e ricerca

Tumori, ogni anno in Italia oltre 8mila pazienti candidati a biopsia liquida

di Antonio Russo *

S
24 Esclusivo per Sanità24

Vent’anni fa, nel 2003, le pubblicazioni che contenevano il termine "biopsia liquida" in oncologia erano meno di 50, oggi sono più di 10.000, che l'hanno trasformata in un vero e proprio "hot topic". E si stima che siano oltre 8.000 ogni anno, in Italia, i pazienti con tumore del polmone candidati a essere sottoposti a biopsia liquida per individuare la terapia più efficace. Ma il numero di persone colpite da neoplasia in cui un semplice prelievo del sangue potrà determinare la scelta della cura migliore, in un futuro non lontano, è destinato ad aumentare in modo esponenziale. Il test ematico permette il monitoraggio continuo dell’evoluzione della neoplasia in tempo reale, come in un video. Invece la biopsia tradizionale, cioè su tessuto tumorale, è in grado di scattare solo una fotografia istantanea della neoplasia, al momento della diagnosi. E, anche se non rappresenta ancora la pratica clinica, la sfida è diagnosticare precocemente il cancro con un prelievo di sangue. La ricerca apre prospettive davvero rivoluzionarie nell’impiego della biopsia liquida, riassunte in un libro ("Liquid Biopsy. New Challenges in the Era of Immunotherapy and Precision Oncology", di Antonio Russo, Ettore Capoluongo, Antonio Galvano, Antonio Giordano. Ed. Elsevier) a firma dei più importanti esperti a livello internazionale, presentato in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati.
Il manuale "Liquid Biopsy" è la dimostrazione dell’eccellenza raggiunta in questo campo in tutto il mondo dai ricercatori italiani e del ruolo centrale della Sicilia, in particolare dell’Università di Palermo. A oggi le applicazioni della biopsia liquida validate in pratica clinica riguardano il tumore del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato, per la valutazione dello stato mutazionale del gene Egfr.
Come ha evidenziato Antonio Giordano (Direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia, Usa, e professore di Anatomia e Istologia Patologica all’Università di Siena), la biopsia liquida presenta indubbi vantaggi rispetto all’approccio tradizionale costituito dall’analisi del tessuto tumorale. È minimamente invasiva, a basso costo, ha tempi di refertazione molto rapidi ed è pressoché priva di complicanze, perché può essere effettuata con un semplice prelievo di sangue. Inoltre, è caratterizzata da un alto livello di accettazione da parte dei pazienti e può essere ripetuta senza problemi, eseguendo campionamenti in serie per evidenziare in tempo reale l’insorgenza di resistenze alla terapia e, se necessario, modificare la cura. Inoltre, il materiale prelevato mediante la biopsia sul tessuto, soprattutto con l’agoaspirato, non sempre è rappresentativo di tutta la neoplasia. Non è così per la biopsia liquida che, valutando il Dna tumorale rilasciato in circolo, supera il problema dell’eterogeneità dei tessuti tumorali.
L’analisi del Dna tumorale circolante, ctDna (circulating tumor Dna), che rappresenta una frazione del Dna libero circolante (cell free Dna, cfDna), isolato dal sangue periferico (soprattutto dal plasma), rappresenta, oggi, il principale approccio di biopsia liquida impiegato nella pratica clinica.
Come ha spiegato Ettore Capoluongo (Professore Ordinario di Biochimica clinica e Biologia Molecolare Clinica e Direttore Patologia clinica e Genomica, Ospedale Cannizzaro di Catania), le possibilità di successo sono legate alla quantità di ctDna presente nel sangue periferico, che può condizionare la sensibilità del test. È possibile che, in futuro, altri derivati ottenuti dal sangue, quali le cellule tumorali circolanti, l’Rna tumorale circolante e i microRna, le piastrine, gli esosomi, così come altri fluidi biologici quali le urine, la saliva, il liquido ascitico e pleurico vengano utilizzati nella pratica clinica per ottenere ulteriori informazioni rispetto a quelle ricavate dall’analisi del solo ctDna estratto dal plasma.
Come ha evidenziato Marcello Ciaccio (Professore Ordinario di Biochimica clinica, Preside della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Palermo, Past President e Presidente eletto SIBioC, Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica), la biopsia liquida deve essere analizzata solo nei laboratori che superano i controlli di qualità e rappresenta un esempio importante di medicina traslazionale, per la capacità di trasferire in tempi rapidi le scoperte di laboratorio in applicazioni cliniche. La Next Generation Sequencing (Ngs) è la tecnologia di laboratorio più efficace: permette di identificare contemporaneamente tutti i diversi tipi di alterazioni genetiche in più geni in una singola analisi di biopsia liquida. Il prossimo passo sarà rendere l’uso delle metodiche di Ngs non solo convenienti, ma anche di facile accesso. Per raggiungere questo obiettivo è necessario costruire una vera e propria Rete.
Come ha affermato Saverio Cinieri (Presidente Aiom, Associazione italiana di Oncologia medica), la biopsia liquida sancisce in modo definitivo l’importanza della multidisciplinarietà. La scelta del materiale da sottoporre all’analisi molecolare è compito dei Molecular Tumor Board, gruppi interdisciplinari in cui sono integrate molteplici competenze per governare i processi clinici e decisionali di appropriatezza. È però necessario distinguere la pratica clinica quotidiana dalla ricerca. Ad oggi, la biopsia liquida ha un ruolo importante come fattore predittivo di risposta alla terapia nel tumore del polmone, ma non è ancora possibile effettuare una diagnosi di cancro sulla base di un prelievo di sangue, anche se gli sforzi della ricerca stanno andando proprio in questa direzione. Le applicazioni cliniche emergenti di questa procedura riguardano soprattutto i tumori del colon-retto, mammella e melanoma nella forma avanzata. Vi sono infatti informazioni solide e riproducibili per quanto riguarda la caratterizzazione dei geni Ras e Braf per il colon-retto, PIK3CA per il seno, Braf e Nras nel melanoma.
Come ha evidenziato Antonio Galvano (Professore associato di Oncologia medica all’Università di Palermo), l’applicazione della biopsia liquida anche all’immunoterapia costituisce un ambito molto attivo di ricerca, che ha la potenzialità di fornire nel prossimo futuro biomarcatori ‘dinamici’ e ripetibili, nell’ottica della personalizzazione del trattamento. Soltanto una parte dei pazienti oggi mostra una risposta significativa o benefici a lungo termine con i farmaci immunoterapici. Sono in corso numerosi studi con l’obiettivo di valutare il potenziale utilizzo di cfDNA, ctDNA e di forme solubili di checkpoint immunitari quali biomarcatori predittivi di risposta.
Come ha spiegato Adriana Bonifacino (Presidente della Fondazione IncontraDonna), è essenziale che i pazienti siano sempre più coinvolti nelle sperimentazioni, incluse quelle sulla biopsia liquida. La qualità di vita sta diventando un elemento centrale nella valutazione dell’innovatività delle cure e la biopsia liquida si colloca in questo contesto. Poter monitorare in tempo reale l’evoluzione del tumore con un semplice prelievo di sangue rappresenta anche un elemento di rassicurazione da un punto di vista psicologico per il paziente, oltre a evitare l’invasività delle procedure tradizionali su tessuto tumorale.

* Presidente COMU (Collegio Oncologi Medici Universitari), Professore Ordinario di Oncologia Medica, DICHIRONS - Università degli Studi di Palermo, e Tesoriere AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica)


© RIPRODUZIONE RISERVATA