Medicina e ricerca

La malattia renale cronica in Italia: i numeri, i costi e le terapie del futuro

di Stefano Bianchi*

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24 Esclusivo per Sanità24

La malattia renale cronica (MRC), definita come la presenza di un danno renale che persiste da oltre tre mesi, è tra le malattie cronico-degenerative più diffuse nel mondo (in Italia poco meno di un italiano su dieci ne è affetto) ma, paradossalmente, è anche quella sulla quale c’è meno consapevolezza, sia da parte dei pazienti sia da parte dei medici non nefrologi.Tra i tanti motivi di questo preoccupante scenario, va in primis ricordato che la MRC è una malattia silenziosa nelle fasi d’esordio e che rimane per lo più senza sintomi fino agli stadi più avanzati e gravi.
Numerosissimi studi hanno evidenziato che la MRC è un’importante causa di eventi cardiovascolari fatali e
non-fatali e si associa ad una elevata mortalità da tutte le cause. Negli ultimi 25 anni la mortalità da MRC è aumentata di oltre il 40% e per i “sopravvissuti” la storia naturale ha portato alla dialisi o al trapianto renale; gli ultimi dati del registro europeo di dialisi e trapianto mostrano come l’incidenza in dialisi nelle ultime due decadi non sia diminuita ma anzi sia ancora oggi in crescita.
Nel nostro paese vi sono oltre quattro milioni di pazienti con una MRC e circa 100.000 di questi hanno raggiunto un livello di gravità tale da richiedere il ricorso a terapie salvavita, 50.000 sono in dialisi e altrettanti sono portatori di trapianto di rene.
Oltre ad importanti ripercussioni personali e sociali, la dialisi ed il trapianto hanno un impatto molto pesante sulle risorse che il Sistema Sanitario del nostro paese destina a queste due impegnative terapie.
Il costo diretto annuo del trattamento di un paziente in dialisi è stimato da un minimo di € 30.000 per la dialisi peritoneale fino a un massimo di € 50.000 per l’emodialisi. Anche il trapianto renale, prima opzione da perseguire per la cura della MRC in fase terminale, ha costi molto elevati. A questi costi diretti, sanitari e non sanitari, devono essere sommati altrettanto onerosi costi indiretti. Più difficili da quantificare ma molto elevati sono anche i costi dell’assistenza ai pazienti con malattia renale avanzata e non ancora in dialisi. Sulla base di questi dati è stato calcolato che la possibilità di ritardare di almeno 5 anni la progressione del danno renale per il 10% dei pazienti che si trovano in uno stadio moderato-grave, procrastinando, sempre di 5 anni, l’inizio della dialisi, permetterebbe al nostro Servizio Sanitario di risparmiare centinaia di milioni di euro all’anno, da investire in attività di prevenzione e diagnosi precoce.
Un cambio di paradigma che possa influire positivamente su prevenzione, diagnosi precoce e terapia della MRC, oltre ad impattare favorevolmente su pazienti, familiari, caregiver, operatori sanitari e comunità medico-scientifica, può avere un risvolto positivo per la sostenibilità del Sistema Sanitario.
Possibile oggi questo “cambio di passo”? La risposta è ‘sì, è possibile’.
Dopo moltissimi anni di silenzio, per i pazienti che hanno una MRC, sono disponibili o si profilano all’orizzonte nuove efficaci terapie (una “Rivoluzione” è in atto, dicono i nefrologi più entusiasti), in grado di rallentare significativamente la progressione della malattia e ridurre le sue complicanze.
Queste opportunità terapeutiche, per poter essere messe in atto, devono andare di pari passo con azioni mirate ad intercettare precocemente la presenza di una malattia renale, specialmente nei soggetti ad alto rischio di svilupparla (diabetici, ipertesi, cardiopatici ed obesi, in primis). Evidenziare la presenza di una MRC è molto semplice, richiedendo solo la effettuazione di semplici accertamenti, poco costosi ed eseguibili ovunque, un esame delle urine e della creatinina nel sangue, ed in poche ore potremo toglierci ogni dubbio.
Il riconoscimento precoce della MRC è importante anche perché il paziente con malattia renale è un paziente fragile per eccellenza, presenta molte comorbidità, tra le quali diabete e ipertensione, e richiede l’impegno di team multidisciplinari, a partire dal medico di medicina generale, nelle fasi più precoci.
La stragrande maggioranza delle malattie renali potrebbe essere suscettibile di terapia solo se scoperta in uno stadio iniziale. Purtroppo troppo spesso perdiamo questa opportunità, e i pazienti si rivolgono al nefrologo quando la malattia è in uno stadio troppo avanzato per intervenire con terapie altamente efficaci da protrarre nel tempo.
Ritardare il ricorso alla dialisi, impegno primario di ogni nefrologo, è oggi sempre più a portata di mano.
Sarà sufficiente tenere bene in mente ed attuare poche e semplici azioni: prevenzione primaria, diagnosi precoce e cure efficaci, oggi per fortuna disponibili. Questo è tutto quello che serve per “sognare” un mondo senza dialisi sempre meno lontano.

*Presidente della Società Italiana di Nefrologia


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