Medicina e ricerca

Beta-talassemia: i centri di cura italiani sono un'eccellenza ma con poco personale e scarse risorse

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Si stima che in Italia vi siano circa 7.000 persone affette da beta-talassemia, residenti per lo più in alcune Regioni del Sud (Sicilia, Sardegna, Puglia) e del Nord (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna). Di queste, il 73% è affetto da beta-talassemia major, o talassemia trasfusione-dipendente (TDT). Cifre che pongono il nostro Paese fra quelli con la più alta incidenza di pazienti talassemici nel mondo.
Il tema è stato al centro dell’incontro presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati dal titolo “Beta-talassemia in Italia: i successi del presente e le sfide del futuro”, organizzato da Vertex Pharmaceuticals ,a cui hanno partecipato rappresentati delle istituzioni, del mondo scientifico e delle associazioni di pazienti. Secondo una ricerca IQVIA i centri di cura italiani sono un’eccellenza, ma, talvolta, la scarsità del personale mette a rischio l’assistenza. Il 18% dei centri dispone, infatti, di 1 solo medico e i centri più grandi hanno in carico il 70% dei pazienti. Inoltre, ogni centro medio-grande ha in carico quasi 10 volte il numero di pazienti rispetto ai centri medio-piccoli (115 vs 12,6 pazienti), con solo 1 medico in più nell’organico (4 vs 3 medici).
“L’Italia è in prima linea nella lotta alla talassemia, grazie all’impegno e alla competenza dei nostri clinici rappresentiamo l’eccellenza nel trattamento dei pazienti talassemici, ma possiamo fare ancora di più - ha dichiarato Luciano Ciocchetti, vicepresidente della Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati -. Spesso i clinici si trovano a dover trattare molti pazienti e sta alla politica aiutarli garantendo maggiori risorse”.
Si stima che i pazienti che dipendono dalle trasfusioni abbiano bisogno di 1-3 sacche di sangue o più al mese e che si tratti di pazienti particolarmente fragili: l’85% presenta, oltre alla beta-talassemia anche altre patologie dovute a complicanze della malattia o correlate alla terapia. La loro gestione è, quindi, complessa e la ricerca IQVIA sottolinea come i Centri siano un punto di riferimento fondamentale per i pazienti, sia per le terapie specifiche sia per la gestione della malattia, dalle pratiche burocratiche al supporto psicologico, per arrivare alla presa in carico delle altre problematiche, come quelle cardiovascolari, di fertilità, oncologiche. Ecco perché la carenza di personale rischia di compromettere la salute dei pazienti.
“Seppur in presenza di queste difficoltà organizzative, lo standard di cura in Italia è fra i migliori al mondo. I pazienti sono trattati con puntualità e le strutture sono di buon livello. Inoltre, con l’istituzione della Rete Nazionale Talassemie da poco approvata da parte della Conferenza Stato Regioni, crediamo che la gestione dei pazienti migliorerà ulteriormente con minori differenze tra regione e regione”, ha commentato Raffaella Origa, presidente SITE (Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie) intervenendo al meeting.
Durante l’evento è stato presentato anche uno studio che ha mostrato come i tassi di mortalità dei pazienti con TDT rimangano ancora elevati rispetto alla media della popolazione. Sottolineando anche come le complicanze più frequenti nei pazienti siano endocrine (19,2%), epatiche (14,5%), tumori maligni (13,1%), complicanze cardiopolmonari (12,1%) e muscoloscheletriche (10,3%). “Questi dati dimostrano che nonostante l’aumentata sopravvivenza dei pazienti talassemici c'è ancora della strada da percorrere” - ha sottolineato Gianluca Forni, Direttore del centro microcitemia e anemie congenite dell’ospedale Galliera di Genova, nel suo intervento - che poi ha concluso dicendo che “I progressi fatti nel trattamento della patologia sono da celebrare è però nostro dovere cercare di migliorare ancora la qualità della vita di questi pazienti”.
Delle sfide quotidiane che affrontano i pazienti ha parlato, invece, Valentino Orlandi, presidente di UNITED Onlus (Federazione Italiana delle Thalassemie, Emoglobinopatie Rare e Drepanocitosi) che ha dichiarato: “I pazienti affrontano ogni giorno la sfida della malattia. Essere talassemico non vuol dire solo doversi trasfondere ogni 3-4 settimane, ma adattare le proprie attività lavorative e sociali ai livelli di energia, con un evidente impatto sulla qualità della vita”. Tommasina Iorno, delegata della Fondazione Italiana “Leonardo Giambrone” per la Guarigione della Talassemia e della Drepanocitosi ha poi aggiunto: “La carenza di sangue è un tema di strettissima attualità sul quale dobbiamo mantenere alta l’attenzione. Alcune Regioni sono sotto la soglia dell’autosufficienza e la carenza di sangue è cronica. Interventi per promuovere la donazione e per aumentare le risorse umane per il funzionamento del sistema “sangue” sono fondamentali e non più procrastinabili. La qualità di vita dei pazienti è messa a dura prova dalla disponibilità o meno della terapia trasfusionale salvavita. Tale carenza influisce negativamente su tutto il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale del paziente”.


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