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Infezioni in corsia, domani meeting al Gemelli: in Italia casi in aumento

Un meeting scientifico per fare il punto sulle infezioni correlate all'assistenza sanitaria è in programma domani, martedì 13 settembre, dalle 10 alle 13 nell'aula Brasca del Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma. L'evento è promosso dal Master “Sepsi in chirurgia” dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, diretto da Gabriele Sganga, docente dell'Istituto di clinica chirurgica, in occasione della quinta edizione della Giornata mondiale della sepsi. «In Italia sono 250mila i casi di sepsi l'anno, ma la consapevolezza è ancora scarsa - afferma Sganga - Si tratta di una condizione che ogni anno colpisce 26 milioni di persone nel mondo, e uccide 5 volte più dell'ictus cerebrale e 10 volte più dell'infarto».
Al convegno interverranno Lorena Martini, della direzione generale Prevenzione sanitaria del ministero della Salute, con una relazione sulle infezioni correlate all'assistenza; Giancarlo Scoppettuolo, infettivologo del Gemelli, che illustrerà diagnosi e terapia delle infezioni catetero venose centrali-correlate, e Filippo Berloco, responsabile del Servizio radioprotezione e igiene ospedaliera, che illustrerà le attività di prevenzione delle infezioni ospedaliere condotte presso il Policlinico.
La sepsi ha un'incidenza più elevata di quanto si pensa e spesso è mortale: 377 casi per 100.000 abitanti in Europa e Usa. Più in generale, il numero delle infezioni ospedaliere in Italia appare da anni in linea con i dati registrati negli altri Paesi europei, con un'incidenza media tra il 4,5 e il 7% dei ricoveri. Rimane la prima causa di morte dopo un'infezione, nonostante l'evoluzione della medicina soprattutto in termini di vaccini, terapie antibiotiche e sviluppate terapie intensive. «Dal 2000 al 2010 i casi di sepsi sono aumentati del 108% - spiega Sganga - Spesso è sconosciuta o sottovalutata dall'opinione pubblica. La sepsi segue sempre un'infezione e la sua massima gravità è rappresentata dallo shock settico. Ogni ora di ritardo nella somministrazione della corretta terapia antibiotica dopo le prime 12 ore dall'insorgenza dei sintomi fa aumentare il rischio di morte del 7%».


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