Sentenze

Il Tar Lazio sul pay-­back e i contraccolpi sulla governance della spesa farmaceutica

di Nicola C. Salerno

La Sentenza n. 04538/2015 del Tar del Lazio può avere un contraccolpo drastico sulla governance della spesa farmaceutica, soprattutto nell'immediato, in relazione sia ai ripiani già messi in atto che a quelli per l'anno corrente e per i successivi, per i quali si dovrebbe approntare una soluzione d'urgenza, con tutti i limiti e i rischi cui l'urgenza ci ha fatto assistere nella farmaceutica.

Sono coinvolti quattro aspetti che toccano sia modalità di svolgimento sia risultati del pay-back. I primi due sono più rilevanti perché riguardano atti di governance che si ripetono nel tempo, strutturali o quasi strutturali; gli ultimi due si riferiscono a quanto accaduto nel 2013:

1) Lo spaccato tra spesa ospedaliera e spesa che matura nei canali di distribuzione ‘diretta' e ‘in nome e per conto'. L'Aifa fa riferimento al dato aggregato nazionale (sommatoria dei dati aggregati regionali) e non può produrre lo spaccato completo per singola azienda ospedaliera, per avere il quale sarebbe necessario costruire un diverso sistema di raccolta e trasmissione dei dati a partire da Asl/Ao delle singole Regioni;

2) La procedura di stima (cosiddetta a ‘espansione') con cui l'Aifa assegna «[…] un valore economico alle ipotesi di movimentazioni dei medicinali risultanti dal sistema della tracciabilità del farmaco non valorizzate autonomamente dalle aziende farmaceutiche come sarebbe stato loro preciso dovere»;

3) La valorizzazione di quanto già restituito dalle aziende farmaceutiche in applicazione di procedure di rimborsabilità condizionata (payment by results, risk sharing e cost sharing). Per il 2013 si è ricorso a una stima, poiché il passaggio al nuovo sistema informatico dell'Aifa ha impedito temporaneamente di attribuire valori puntuali;

4) Sempre per il 2013, la mancata considerazione, in sede di calcolo della spesa farmaceutica ospedaliera, degli importi corrisposti dalle aziende farmaceutiche a titolo di pay-back sui farmaci di fascia A ceduti in ospedale (si tratta dei farmaci che hanno aderito al pay-back del 5% in sostituzione della riduzione dei prezzi del 5%).

Di riflesso, l'assenza di certezza sulla quantificazione della spesa ospedaliera diviene incertezza anche sul valore della spesa territoriale, alla quale i canali ‘diretto' e ‘in nome e per conto' sono aggregati ai fini del pay-back territoriale. Non è un caso, infatti, che anche Federfarma abbia fatto sentire la sua voce, dopo quella dell'industria ricorrente al Tar.
E adesso?, viene da chiedersi (pensando soprattutto al punto 1) e al punto 2). Come si risolve il pregresso e, soprattutto, come si affronta il prossimo anno di governance? Forse dovrebbero esser distinti due piani.

Il primo piano è quello della legittimità amministrativa e costituzionale. Non c'è dubbio che le scelte di governance debbano rispondere a principi di piena trasparenza e verificabilità. Benvengano ricorsi alla giustizia amministrativa o alla Suprema Corte se dai dibattimenti, ma soprattutto dai dispositivi delle sentenze, possono derivare impulsi e obblighi a risolvere i problemi e a perfezionare l'impianto regolatorio. Di fronte alle approssimazioni segnalate nel ‘Fatto e Diritto' della sentenza, il Tar non poteva esprimersi diversamente.

Poi però c'è un piano sostanziale. Sostanziale non nel senso che la sentenza non colga sia forma che sostanza del Diritto (lo fa! il dettaglio e la precisione dei dati sono sostanza), ma nel senso di comprensibile pienamente soltanto a specialisti settoriali e ovviamente agli stessi operatori di settore. È il piano molto concreto della governance annuale della spesa, che non può essere sospesa in attesa che veda la luce il nuovo raccordo tra Asl/Ao e Regioni e Aifa per raccolta e trasmissione dei dati.

Le due modalità ‘diretta' e ‘in nome e per conto' (punto 1) sono nate per la necessità di “aggirare” la distribuzione territoriale dei farmaci e di attivare dei canali nuovi più facilmente gestibili da Asl e Ao. Se la riforma della distribuzione territoriale non fosse andata avanti così lenta e incerta e inconcludente, il problema della separazione delle due voci della spesa ospedaliera non si sarebbe neppure posto.

All'interno del complesso ospedaliero potrebbe esserci una farmacia come tutte le altre, distinta e separata, come entità giuridica e come tenuta contabile, dalla struttura ospedaliera. I farmaci commercializzati entrerebbero da subito nel computo della spesa territoriale (fascia ‘A'), senza necessità di scorpori contabili ex-post. Sarebbe uno stimolo in più, per tutta la rete delle farmacie, a mantenere margini di ricavo concorrenziali e a rinnovare le prestazioni per rispondere ai bisogni dei cittadini. Questo per quanto riguarda la ‘diretta'.

Per quanto riguarda, invece, la ‘in nome e per conto', la sua funzione potrebbe addirittura venire meno dopo una vera riforma della distribuzione sul territorio. Ma, ipotizzando anche che per alcune categorie di farmaci Ospedali e Asl volessero tenerla in vita, una distribuzione territoriale aperta a concorrenza diventerebbe una controparte più attiva e collaborativa, e non solo sul fronte del farmaco ma anche su quello delle prestazioni socio-sanitarie che la farmacia dei servizi in futuro potrebbe svolgere ‘in nome e per conto' del Ssn/Ssr. Alla farmacia si potrebbe chiedere di tener traccia di tutti gli atti di vendita abbinati al codice della Asl o della Azienda Ospedaliera, né più né meno di quello che avviene nella tracciabilità dei farmaci di fascia ‘A'. La tenuta contabile della spesa avverrebbe nel pieno della trasparenza e della precisione.

Per ogni professionista non disposto a agire ‘in nome e per conto' se ne potrebbero trovare altri liberamente disposti a farlo. Se le riforme languono e si impedisce l'ottimizzazione del sistema del farmaco, poi non ci si deve meravigliare se l'Aifa fa quello che può con le leve che ha in mano. Anzi, ricorrere per via giudiziaria può sortire l'effetto paradossale di creare contenzioso, inasprire i rapporti tra Regolatore e Operatori (l'Aifa ha sempre cercato il massimo della condivisione delle scelte nei tavoli di lavoro), e nascondere i veri snodi su cui intervenire. In questo caso gli snodi sono due: (a) la riforma della distribuzione al dettaglio, e (b) la realizzazione di un sistema di raccolta e trasmissione dei dati che dalla singola Asl/Ao arrivi, passando per le Regioni e senza perdere il livello di dettaglio, all'Aifa, rispondendo a principi contabili e informatici omogenei per tutte le Regioni.

Anche la stima con procedura ‘a espansione' (punto 2) è stata una necessità per l'Aifa, per coprire le movimentazioni dei medicinali non valorizzate autonomamente dalle aziende farmaceutiche. Nei confronti degli inadempienti, Farmindustria potrebbe forse esercitare qualche moral suasion in più. E in ogni caso va sottolineato come, in un ambito già di per sé molto complesso, al quadro regolatorio venga meno la giusta diligenza che tutti gli Operatori di mercato dovrebbero osservare anche per specifici richiami di legge. L'Aifa potrebbe, da questo punto di vista, ritenersi parte lesa e non parte inadempiente.

Sulla valorizzazione di quanto già restituito dalle aziende farmaceutiche in applicazione di procedure di rimborsabilità condizionata (punto 3), è stata ammessa la necessità di operare una stima (per la discontinuità nel sistema informatico) e il Tar non poteva non prender atto che, «[invece] di essere stata minuziosamente accertata, [la valorizzazione] è stata unicamente stimata dall'Aifa per una causa imputabile alla sua sfera giuridica». Dal suo punto di vista istituzionale, il Tar è stato perfetto.

Ma l'Aifa qui ha dato una risposta che, se non poteva esser valida all'interno del procedimento giuridico amministrativo, poteva comunque rassicurare la parte ricorrente e gli altri operatori direttamente e indirettamente interessati: «La resistente Aifa non ha in alcun modo contestato la ricostruzione ricorsuale essendosi limitata ad affermare la congruità della somma stimata per la voce de qua e l'esiguità della stessa pari solamente a meno del 5% dello sfondamento della spesa farmaceutica ospedaliera nazionale». Il problema è comunque circoscrivibile solo al 2013.

Poteva non diventare un motivo di scontro in sede giudiziaria, soprattutto alla luce degli sforzi che l'Aifa sta compiendo per la valorizzazione dei farmaci innovativi e per creare spazi finanziari adeguati alla loro remunerazione e sostenibili dal bilancio (il Fondo per i farmaci innovativi con pay-back differenziato tra innovativi e non innovativi, lo sviluppo del comparto dei biosimilari, gli schemi di payment by results introdotti da qualche anno, etc.). Non si dimentichi che, meno di una decina di anni fa, il rispetto dei target di spesa avveniva con tagli generalizzati dei prezzi e che da allora l'impianto regolatorio ha fatto indubbi progressi.

Anche la mancata considerazione degli importi corrisposti dalle aziende farmaceutiche a titolo di pay-back sui farmaci di fascia ‘A' ceduti in ospedale (da portare in diminuzione della spesa ospedaliera) inficia solo il 2013. Il Tar ha riconosciuto questo elemento di illegittimità che, d'altro canto, è stato ammesso dall'Aifa con al precisazione che «[…] i medicinali di fascia ‘A' che aderiscono al pay-back 5% sono stati nella quasi totalità successivamente erogati in ambito territoriale, [e solo] in una minima sparte sono stati erogati nell'ambito ospedaliero». Non v'è dubbio che l'errore andava sanato ma forse, anche alla luce dei controvalori limitati, forse si poteva evitare un ricorso innanzi al Tar. Le controparti potevano far luce diversamente.

Riassumendo, dei quattro punti sui quali il Tar ha riconosciuto le regioni del ricorrente contra Aifa:

— Due (la stima delle risorse restituite in virtù di rimborsabilità condizionata, e la corretta contabilizzazione del pay-back sui farmaci ‘A' ceduti in ospedale) si riferiscono in maniera specifica al 2013 e non dovrebbero coinvolgere importi elevati;

— Gli altri due (la separazione dettagliata della spesa ospedaliera da quella ‘diretta' e ‘in nome e per conto' e la stima delle movimentazione dei farmaci non valorizzate autonomamente dalle aziende farmaceutiche) costituiscono difficoltà che non riguardano un solo anno e, soprattutto, che non dipendono dall'Aifa o quantomeno soltanto dall'Aifa.

Per i primi due punti si poteva evitare il ricorso al Tar e operare per tempo delle correzioni, valorizzando meglio dati che sono già disponibili. Le inesattezze erano evitabili e restano evitabili in futuro. Passare per la Giustizia Amministrativa, quando non è necessario, sottrae tempo e risorse, nelle more della sentenza si crea incertezza, e poi le sentenze possono sortire anche il paradossale effetto di fissare dei vincoli che, nell'immediato, possono addirittura esser di ostacolo alla risoluzione dei problemi. Un rischio che, ovviamente, non dipende dalla qualità della Giustizia Amministrativa, ma discende dalla complessità del sistema (in questo caso il sistema farmaceutico e la sua governance) su cui è chiamata a esprimersi.

Per gli altri due punti, il ricorso al Tar è stato utile per mettere definitivamente a fuoco dei problemi di governance sui quali, però, l'Aifa da sola può far poco. Sono problemi che derivano dal funzionamento attuale della contabilità e dei flussi di dati di spesa e dal processo di riforma della filiera del farmaco, purtroppo contrastato e non sempre lineare.

All'indomani di questa sentenza le domande a cui bisogna dare immediata risposta sono due: Come si ricompongono i conti del pay-back del 2013?
E, soprattutto, come ci si attrezza per il pay-back del 2014 e degli anni successivi?
Si deve evitare una amministrazione provvisoria, che sarebbe dannosa sia per la credibilità delle Istituzioni coinvolte (non solo l'Aifa) sia per gli Operatori di mercato. Certamente non conviene a nessuno mandare in soffitta il pay-back e tornare indietro ai tagli generalizzati dei prezzi. Perché dal vincolo di spesa, deve esser chiaro, non si può prescindere.


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