Sentenze
Nessuna retribuzione per mansioni superiori senza incarico formale
di Giulia Laddaga
Con due pronunce il Consiglio di Stato ha ribadito che in materia di mansioni superiori, il rapporto di pubblico impiego non è assimilabile a quello del lavoro privato. Nel pubblico impiego, infatti, è la qualifica, non le mansioni, il parametro al quale la retribuzione è inderogabilmente riferita. Con le sentenze n. 1014e 1017 del 2015, la III sezione ha confermato le statuizioni dei Giudici di prime cure, rispettivamente del Tar Calabria e del Tar Lazio, affermando che per il riconoscimento della retribuzione per mansioni superiori non è sufficiente lo svolgimento delle stesse, ma occorre che ci sia stato un provvedimento di inquadramento. In altre parole, nessuna retribuzione per mansioni superiori se manca un atto formale di incarico.
Il caso di una Asl
Con particolare riferimento alla pronuncia che ha confermato la sentenza del Tar Calabria, sul comparto sanitario, la Sezione ha precisato che ai sensi dell'articolo 29 del Dpr 20 dicembre 1979 n. 761, nella lettura che di esso hanno dato la Corte costituzionale e il Consiglio di Stato, la maggiore retribuzione per lo svolgimento di mansioni superiori spetta al dipendente a condizione che vi sia stato un atto formale di incarico relativo alla copertura temporanea di un posto vacante in organico, e sempreché tale atto provenga dall'organo competente ad emanare i provvedimenti in materia di stato giuridico e trattamento economico del personale, non essendo sufficienti a questo riguardo eventuali ordini di servizio di un superiore gerarchico (Consiglio di Stato, sezione III, sentenze 24 settembre 2013, n. 4688; 8 ottobre 2012, n. 5221)
Come anche recentemente ribadito dalla giurisprudenza, ai sensi dell'articolo 29, comma 2, del Dpr 761/1979 - in deroga al generale principio dell'irrilevanza ai fini giuridici ed economici dello svolgimento delle mansioni superiori nel settore del pubblico impiego - è ammessa la retribuibilità delle stesse solo in presenza di tre contestuali condizioni:
I) esistenza in organico di un posto vacante cui ricondurre le mansioni di più elevato livello;
II) l'adozione di un atto deliberativo di assegnazione delle mansioni superiori da parte dell'organo a ciò competente (potendosene prescindere solo nel caso di sostituzione nell'esercizio delle funzioni di medico-primario);
III) espletamento delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell'anno solare.
Il caso di un ente di diritto pubblico
La terza sezione anche nel caso dell'Encat (Ente nazionale corse al trotto) ha ribadito il principio della irrilevanza giuridica ed economica dello svolgimento di mansioni superiori nell'ambito del pubblico impiego – almeno fino all'entrata in vigore del Dlgs 387/1998. Peraltro non può trovare applicazione diretta l'articolo 36 della Costituzione che non è norma di immediata applicazione al pubblico impiego, stante la simultanea vigenza degli articoli 28, 97 e 98 della Costituzione. Pertanto, anche a voler considerare le mansioni svolte alla stregua di mansioni superiori, solo a decorrere dalla espressa previsione normativa, introdotta dall'articolo 15 del Dlgs 387/1998, che ha reso operativo l'articolo 56 del Dlgs 29/1993 e applicabile per il periodo successivo al 1998, non sarebbe possibile l'attribuzione del trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori (Adunanza Plenaria n. 3/2006).
La mancanza di un titolo costitutivo del rapporto di lavoro a tempo determinato equivale infatti all'affermazione della mancanza di un atto formale di conferimento della funzione di direttore generale e prescinde dal fatto che il dipendente abbia già qualifica dirigenziale, che se ben potrebbe costituire titolo idoneo alla nomina direttiva, tuttavia non legittima l'affermazione che trattasi di «ruolo unico».
Il provvedimento del commissario governativo del 20 settembre 1994 n. 157 che «nelle more dell'adozione del provvedimento di nomina del Direttore Generale dell'Ente», affida le funzioni in via temporanea al ricorrente, in quanto soggetto dotato di competenza e professionalità adeguate, precisa espressamente che «resta fermo l'attuale stato giuridico di Dirigente del ruolo Amministrativo e le funzioni di Dirigente del servizio istituzionale». Si tratta, evidentemente, dell'atto di provvisoria attribuzione di funzioni vicarie, concernenti una posizione divenuta disponibile per cessazione dalla carica del precedente titolare, per cui sussiste la necessità e l'urgenza di assicurare la continuità dell'esercizio della funzione, nelle more del nuovo atto di nomina; l'attività svolta, in via transitoria, siccome espressione di un dovere istituzionale gravante in capo al sostituto, è compresa tra quelle astrattamente esigibili rispetto alla qualifica di appartenenza del titolare della posizione funzionale inferiore e, per risalente giurisprudenza, non da titolo alla variazione del trattamento economico (Adunanza plenaria, 4 settembre 1997, n. 20 e 16 maggio 1991, n. 2).
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