Sentenze

Il Consiglio di Stato blocca l’autoapplicazione delle direttive europee se prevedono «nuovi istituti»

di Amedeo Di Filippo

Le direttive europee che introducono un istituto nuovo sono applicabili nell'ordinamento del singolo Stato solo tramite una compiuta disciplina interna destinata a coordinarla con quella vigente e a regolare un regime intertemporale che ne chiarisca i tempi di operatività. Lo afferma la terza sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5359/2015 , resa all'esito di un contenzioso circa l'immediata precettività di una direttiva europea sugli appalti.

La vicenda. Il contenzioso riguarda una sentenza del Tar Lazio con la quale è stato respinto il ricorso avverso l'aggiudicazione dei servizi di gestione amministrativa, tecnica e di supporto alla valorizzazione del patrimonio immobiliare da reddito dell'Inps, poi riformata in appello. Vicenda sulla quale si è dovuta esprimere anche l'Adunanza plenaria.
Nella complessa disputa ha preso posto anche la questione circa la diretta applicabilità dell'articolo 63 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, prima della sua trasposizione nell'ordinamento interno e in pendenza del termine per il suo recepimento. La società ricorrente ha sostenuto che questa disposizione, che impone la sostituzione del soggetto sulla cui capacità ha fatto affidamento l'operatore economico (nelle ipotesi in cui sussistano, per il primo, motivi obbligatori di esclusione) e, quindi, impedisce l'automatica estromissione dalla procedura dell'impresa concorrente (che si è avvalsa dei requisiti di un'impresa ausiliaria, che, tuttavia, non li possiede), deve intendersi immediatamente applicabile nell'ordinamento nazionale e quindi preclude l'accertamento della doverosità della sua esclusione dalla gara e dell'illegittimità in suo favore dell'aggiudicazione.

L'efficacia delle direttive. La questione dunque verte sull'efficacia delle direttive europee in attesa di recepimento da parte del legislatore nazionale e in pendenza del termine per il suo recepimento. Ricorrendo ad altri precedenti, il Consiglio di Stato ricorda che prima della scadenza di quel termine resta inconfigurabile qualsiasi efficacia diretta nell'ordinamento interno delle direttive europee, per quanto dettagliate e complete, e che il loro campo d'azione, nello spazio temporale riconosciuto agli Stati membri, è circoscritto ai legislatori e ai giudici nazionali, i quali devono assicurare, nell'esercizio delle rispettive funzioni, il conseguimento del risultato voluto dalle direttive stesse.
In termini più chiari, il carattere vincolante delle direttive ha portata limitata: da un lato obbliga il legislatore nazionale a non approvare disposizioni che possano in qualche modo ostacolare il raggiungimento dell'obiettivo al quale risulta preordinata la direttiva; dall'altro impone ai giudici nazionali di preferire l'opzione ermeneutica del diritto interno maggiormente conforme alle norme eurounitarie da recepire.

I limiti. Nessuna efficacia può invece riconoscersi alle direttive che introducessero un istituto nuovo, che come tale esige una compiuta disciplina normativa interna, necessariamente riservata in tutti i suoi aspetti al legislatore nazionale. In questi casi, infatti, è necessaria la mediazione legislativa del singolo Stato che consenta da un lato il coordinamento con la normativa vigente, dall'altro l'adozione di un regime intertemporale che chiarisca i tempi di operatività della nuova disciplina. In questi specifici casi, sottolinea la terza sezione, la direttiva resta del tutto sprovvista di qualsivoglia efficacia, non solo diretta ma anche nella ridotta valenza come paradigma ermeneutico.
Vanno ricordati tuttavia alcuni precedenti che, in linea con la giurisprudenza della Cassazione, hanno visto il Consiglio di Stato optare per l'immediata applicabilità di norme di dettaglio contenute nella stessa direttiva Ue sugli appalti non ancora recepita nell'ordinamento nazionale. È il caso, per esempio, del parere 298/2015 reso dai giudici amministrativi al Miur in relazione agli appalti al Cineca: in quel parere, il Consiglio di Stato aveva indicato l'immediata applicazione della «regola dell'80%» prevista dalla direttiva appalti per definire la possibilità di affidamento diretto, legittimo solo nei casi in cui «oltre l'80% delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice» (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 3 febbraio).


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