Sentenze

Cassazione (Sezioni Unite): se lo studio professionale è associato deve pagare l’Irap

Non sfuggono all’Irap gli studi professionali associati, neppure se strutturati in forma di società semplice, non essendo ammessi a dimostrare l’insussistenza di una autonoma organizzazione di per sé insita nella forma associativa con cui viene svolta l’attività professionale. È sicuramente una “doccia fredda” per i lavoratori autonomi la sentenza 7371/2016 delle Sezioni Unite della Cassazione, depositata ieri, che non mancherà di avere i suoi effetti sugli obblighi di versamento e dichiarativi dei prossimi mesi.

Il caso
Il caso oggetto di giudizio riguarda uno studio professionale esercitato in forma di società semplice, cui la Ctr Emilia-Romagna aveva riconosciuto il rimborso dell'Irap versata per diverse annualità, in quanto era stata provata in giudizio lo svolgimento dell'attività «senza l'ausilio di personale dipendente e/o di ingenti cespiti». Con ordinanza 3870/2015 della quinta sezione, la questione è stata sottoposta al giudizio delle Sezioni Unite, in considerazione dell'importanza della materia e della differente interpretazione emergente dalle varie pronunce dei giudici di legittimità (si veda anche «Il Sole 24 Ore» del 26 febbraio 2015). In particolare, secondo alcune pronunce (27007/2014, 4663/2014 e 13570/07), per quanto l’esercizio professionale in forma associata possa far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché non di particolare onere economico, è, tuttavia, riconosciuta la possibilità di dimostrare che il valore aggiunto prodotto è derivato dal solo lavoro personale dei singoli associati.

La decisione
Chiudendo la questione, le Sezioni Unite mostrano di essere di tutt’altro avviso, poiché l’unica possibilità concessa allo studio associato (o alla società semplice) è quella – pressoché impossibile, date le premesse - di dimostrare l’insussistenza dell'esercizio in forma associata dell'attività. La sentenza richiama due passaggi normativi:
l’articolo 2, comma 1, secondo periodo del Dlgs 446/1997, in cui si stabilisce che «l'attività esercitata dalle società e dagli enti» costituisce in ogni caso presupposto di imposta;
l’articolo 3, comma 1, lettera c) del medesimo decreto, secondo cui sono soggetti passivi le società semplici e quelle a esse equiparate esercenti arti e professioni (articolo 5, comma 3 del Tuir).
Per cui, con riferimento a questi soggetti, la natura giuridica prescelta costituisce ex lege presupposto dell'imposta regionale, con esclusione della necessità di accertare, caso per caso, la sussistenza di una autonoma organizzazione.

L’assimilazione
La sentenza è molto chiaro nell’assimilare «le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni» (ossia gli studi associati) alle società semplici, riconoscendo quindi dovuto il tributo regionale per tutti questi soggetti. Difficilmente, a questo punto, potrà evitare di versare l’Irap la società tra professionisti (stp) di cui all'articolo 10 della legge 183/2011, che svolge attività professionale in forma societaria.

Il precedente
La sentenza fa seguito alla 7291/2016 (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri), con cui le Sezioni Unite hanno anticipato i medesimi concetti, ma hanno respinto il ricorso delle Entrate perché oggetto di causa era la forma associativa della “medicina di gruppo” adottata da medici in convenzione con il Servizio sanitario nazionale (Dpr 270/2000), che la Cassazione considera non riconducibile alle società ed enti citati agli articoli 2 e 3 del decreto Irap.

I «nodi» da sciogliere
Restano, a questo punto, due nodi ancora irrisolti, in entrambi i casi in presenza di orientamenti di legittimità e di merito favorevoli ai contribuenti. Il primo, restando ai professionisti associati, riguarda la possibilità del singolo di poter dimostrare che, anche solo per una parte della propria attività (esempio amministratore, sindaco o revisore di società) egli non si avvale della struttura (22386/2010, 24058/2009 e 22781/2009). Il secondo attiene al ruolo, ai fini della soggettività passiva, del personale di segreteria o, comunque, con mansioni esecutive, spesso impiegato solo part time, su cui le Sezioni Unite devono ancora pronunciarsi (ordinanza di rinvio 5040/2015).


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