Sentenze

La Consulta salva lo split payment. Bocciati i ricorsi del Veneto

di Marco Bellinazzo

La Corte costituzionale fa salva la disciplina dello split payment. Con la sentenza 145/2016 , depositata ieri la Consulta ha infatti dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dalla Regione Veneto.
Quest'ultima contestava il meccanismo introdotto dalla legge 190 del 2014 (comma 629, lettera b, articolo 1) in base al quale in presenza di cessioni di beni e di prestazioni di servizi eseguite nei confronti di enti pubblici, questi sono tenuti a versare ai fornitori l'importo del corrispettivo al netto dell'Iva, mentre l'imposta è versata dagli stessi soggetti pubblici direttamente allo Stato.
La legge 190 poi, sul presupposto che lo split payment costituisce una deroga al diritto europeo in materia, stabiliva che «nelle more del rilascio della misura di deroga da parte del Consiglio dell'Unione europea», il meccanismo trovasse comunque applicazione a partire dal 1° gennaio 2015.
Per la Regione Veneto sarebbero stato leso in questo modo l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in quanto si prevede che le nuove disposizioni «siano applicabili dal 1° gennaio 2015, senza, dunque, attendere l'autorizzazione del Consiglio dell'Unione europea», imponendo alla Regione e agli enti del sistema regionale «un immediato e irragionevole onere di adeguamento dei sistemi informativi per la gestione amministrativa e contabile, destinato a rivelarsi inutile qualora le misure di deroga non vengano autorizzate», con una violazione dell'autonomia amministrativa e finanziaria.
Ciò anche considerando che «la Regione non potrebbe più compensare l'Iva sugli acquisti con quella sulle vendite, dovendo invece chiederne il rimborso allo Stato sostenendo i pertinenti, gravosi, oneri. Tale ipotesisi verificherebbe in tutti i casi in cui la Regione debba applicare l'imposta sul valore aggiunto nei confronti di altri soggetti pubblici».
La Corte fa però notare che «successivamente alla proposizione del ricorso, il Consiglio dell'Unione europea, con la decisione di esecuzione 14 luglio 2015, n. 2015/1401, ha autorizzato l'Italia ad introdurre misure in deroga agli articoli 206 e 226 della direttiva n. 2006/112/CE» e che lo ha fatto sancendo che «le misure in deroga si applichino a decorrere dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2017, mentre la disposizione impugnata, non stabilendo alcuna data finale, avrebbe introdotto nell'ordinamento giuridico italiano una misura priva di limiti temporali».
In ultima analisi per la Consulta lo split payment non incide su «attribuzioni costituzionalmente spettanti alla Regione. La disciplina censurata rientra pacificamente nella competenza legislativa esclusiva statale».
La Regione aveva infine contestato l'applicazione del meccanismo anche alle operazioni tra pubbliche amministrazioni, in quanto la misura punta «a evitare che siano gli operatori e i fornitori privati a non versare l'Iva all'Erario», e che la Ue consente misure di contrasto all'evasione solo «quando sussistano elementi oggettivi in tal senso».
Nei rapporti tra pubbliche amministrazioni non sarebbe invocabile la giustificazione anti-evasiva e anti-elusiva della misura. Su questo aspetto la Corte costituzionale non si pronuncia in quanto questa censura non è stata «immediatamente svolta nel ricorso introduttivo, che è invece incentrato esclusivamente sulla mancata autorizzazione».


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