Sentenze

Obbligo vaccini, il 22 novembre il responso della Consulta sul ricorso del Veneto

di B. Gob.

«A seguito del protrarsi fino al pomeriggio inoltrato dell’udienza pubblica, la Corte costituzionale ha rinviato a domani mattina la discussione in Camera di consiglio delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Veneto sulla legge “Disposizioni in materia di prevenzione vaccinale”». Così la Consulta, nel comunicato in cui posticipa la decisione sul ricorso contro il decreto legge 73/2017 - aggiornato dopo la conversione in legge - presentato dalla Regione presieduta da Luca Zaia. Che «non è contraria ai vaccini ma procede tramite consenso informato», ha ricordato in udienza Luca Antonini, uno dei legali della Regione. «In Italia - ha poi affermato l’avvocato - non è mai accaduto che l’obbligo vaccinale fosse introdotto per decreto. La necessità e urgenza può essere utilizzata per singoli vaccini, non per tutto il pacchetto» e se è stata utilizzata a partire dal diffondersi dei casi di morbillo, 4.500 nel 2017, ha detto il legale - questi erano poi scesi a 36 quando il decreto è diventato operativo».

«Non è concepibile una disciplina differenziata in questa materia: è una pretesa inammissibile. I virus e I batteri non conoscono frontiere”. Così uno degli avvocati dello stati, Leonello Mariani, nell'udienza in Corte costituzionale sui vaccini. «La decisione sul modello di politica sanitaria - ha aggiunto - spetta allo Stato. La Regione Veneto non può considerarsi un'isola felice e separata. La disciplina deve essere unitaria».

La giudice relatrice della causa sui vaccini in Corte Costituzionale, Marta Cartabia, ha voluto al termine dell’esposizione della questione porre alcune domande agli avvocati delle parti e invitarle ad alcune riflessioni. Una delle domande in particolare è stata posta alla Regione Veneto. «La Regione - ha detto Cartabia - da un lato dice di non voler mettere in discussione i vaccini, dall'altro poi si diffonde in valutazioni medico scientifiche» che si traducono «in un tipo di critica che finisce per investire non solo l'obbligo vaccinale, ma anche i vaccini in sé per sé. Se una vaccinazione è considerata nociva, perché poi offrirla nelle prestazioni ai cittadini?. Tutte le vaccinazioni elencate nel decreto erano già previste - ha sottolineato inoltre la giudice - nei piani vaccinali. Chiedo quindi di fare una riflessione sul cambio di indirizzo del legislatore sull’obbligatorietà», cioè sulle motivazioni che lo hanno spinto a farlo. Inoltre «alcune delle misure previste nel decreto sono state rimodulate nella legge di conversione. Tra queste, c’è stata l’introduzione di un colloquio con i genitori. Invito le parti a considerare queste modifiche, a partire dal fatto che due vaccini che inizialmente erano obbligatori non lo sono più».


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