Sentenze

Malattie rare, la Consulta boccia la normativa della Puglia in materia di rimborsi

di Pietro Verna

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24 Esclusivo per Sanità24

E' incostituzionale «per violazione del principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria» l' art. 47 della legge della Regione Puglia n. 52 del 2019 "Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2019" che: (i) estende «ai pazienti affetti da malattie rare che si recano presso centri extra-regionali» il rimborso delle spese di trasporto, viaggio e di soggiorno previsto dalla legge regionale n. 25 del 1996 "Rimborso delle spese sostenute per interventi di trapianto"; (ii) a tal fine, prevede l'applicazione del decreto del Ministero della sanità 3 novembre 1989 "Criteri per la fruizione di prestazioni assistenziali in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all'estero".

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con sentenza 12 marzo 2021, n. 36, che ha accolto il ricorso con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva impugnato la norma regionale lamentando la violazione dell' art. 1, comma 174, della legge n. 30 dicembre 2004, n. 311 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)" che vieta alle Regioni assoggettate a piani di rientro dal disavanzo sanitario ( tra cui la Puglia) di effettuare spese «non obbligatorie», come quelle previste dalla norma in questione. Spese che la Regione non avrebbe dovuto inserire in bilancio perché «non trovano riscontro nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza LEA», di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017 che, con riferimento alle malattie rare, « stabilisce il diritto del paziente all'esenzione dalla partecipazione al costo delle correlate prestazioni di assistenza sanitaria, ma nulla prevede per le spese di viaggio e soggiorno».

In secondo luogo la norma regionale contrasta con la disciplina in materia di assistenza sanitaria all'estero (art. 3, quinto comma, della legge 23 ottobre 1985, n. 595 e art. 4 del d.m. 3 novembre 1989), in base alla quale sono a carico del Sistema Sanitario Nazionale-SSN le prestazioni di altissima specializzazione che non siano ottenibili nel nostro Paese tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico. Disciplina che l'art. 61, comma 4, del d.P.C.m. sui L.E.A ha espressamente confermato (« il Servizio Nazionale garantisce, in via di eccezione, l'assistenza sanitaria all'estero, preventivamente autorizzata, limitatamente alle prestazioni di altissima specializzazione incluse nelle aree di attività di cui ai livelli essenziali di assistenza»).

Giurisprudenza costante
La Consulta ha ribadito l'orientamento giurisprudenziale secondo cui «alla Regione, soggetta ai vincoli dei piani di rientro dal disavanzo sanitario è preclusa la possibilità di incrementare la spesa sanitaria per motivi non inerenti alla garanzia delle prestazioni essenziali» ( sentenza n. 130 del 2020). Principio che l'Alta Corte ha costantemente richiamato. Lo ha fatto dichiarando incostituzionali norme regionali istitutive di misure di assistenza supplementare «in contrasto con l'obiettivo dichiarato del Piano di rientro di riequilibrare il profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza» (sentenza n. 32 del 2012), ovvero istitutive di uffici al di fuori delle previsioni del Piano di rientro (sentenza n. 131 del 2012), o ancora di disposizioni regionali «in controtendenza rispetto all'obiettivo del contenimento della spesa sanitaria regionale» (sentenza n. 123 del 2011 che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 32 della legge della Regione Calabria 26 febbraio 2010, n. 8 "Collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2010" che poneva a carico del fondo sanitario regionale «i costi relativi alle prestazioni di riabilitazione a ciclo diurno destinate a anziani e disabili»).


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