Sentenze

Cassazione/ Medici e danno iatrogeno, i criteri per il risarcimento

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

La Suprema Corte, con la sentenza n 26117 del 27 settembre 2021, ha precisato i criteri per la liquidazione del danno iatrogeno patito dalla vittima che abbia poi anche percepito un indennizzo dall'Inail. Il risarcimento del c.d. danno iatrogeno va quantificato monetizzando sia l'invalidità idealmente ascrivibile all'errore medico, che quella complessiva effettivamente residuata e sottraendo dal controvalore monetario della seconda il controvalore monetario dell'invalidità che comunque sarebbe residuata all'infortunio anche nel caso di diligenti cure.
I calcoli dovranno essere, comunque, previsti previa monetizzazione dell'invalidità, quindi sugli importi monetari, e non sulle percentuali di invalidità.
La vicenda ha origine dal ricorso contro l'azienda sanitaria di un danneggiato il quale affermava di aver ricevuto, a seguito di un sinistro stradale "in itinere", cure incongrue a causa dell'imperizia dei sanitari, con la conseguenza di essere guarito con postumi più gravi di quelli che sarebbero altrimenti derivati dal sinistro.
L’istanza era stata accolta dal Tribunale di Udine, nonostante l'A.S. deducesse che, in conseguenza dell'infortunio, la vittima aveva ottenuto un indennizzo dall'Inail.
In particolare, dopo aver calcolato l'importo del risarcimento dovuto, il Tribunale detraeva non l'intera rendita erogata alla vittima dall'Inail, bensì solo l'aliquota di essa destinata a indennizzare il danno biologico. L’importo fu, poi, rideterminato dalla Corte d’ Appello di Trieste a seguito dell'accoglimento del ricorso del danneggiato secondo cui l'indennizzo ricevuto dall'Inail non andava detratto dal risarcimento dovuto.
Infine, la vicenda è giunta in Cassazione.
In particolare, le questioni portate all'attenzione del Collegio investono due punti fondamentali, le modalità di liquidazione del c.d. danno differenziale, cioè il credito risarcitorio vantato dalla vittima di un fatto illecito la quale, per lo stesso titolo, abbia percepito un indennizzo dall'assicuratore sociale, e se i criteri suddetti abbiano subito modifica qualora il fatto illecito abbia aggravato un danno che, sia pure in misura minore, comunque si sarebbe verificato.
La Corte ha sottolineato come i pagamenti effettuati dall'assicuratore sociale riducono il credito rísarcitorio vantato dalla vittima del fatto illecito nei confronti del responsabile, quando l'indennizzo abbia lo scopo di ristorare il medesimo pregiudizio del quale il danneggiato chiede di essere risarcito ( cfr. Sezioni Unite sent. n. 12566/2018 ).
Pertanto, ove ricorra una simile ipotesi, il credito risarcitorio, per effetto del pagamento da parte dell'assicuratore sociale (Inail), si trasferisce ope legis dal danneggiato all'assicuratore.
Il danneggiato, per effetto del pagamento dell'indennizzo, perde la titolarità attiva dell'obbligazione per la parte indennizzata e, non essendo più creditore, non potrà pretendere alcun risarcimento dal responsabile.
In conclusione, quanto al risarcimento del danno iatrogeno in particolare, questo "non va quantificato sottraendo il grado percentuale di invalidità idealmente ascrivibile all'errore medico, dal grado percentuale di invalidità complessiva effettivamente residuato. Va, invece, determinato monetizzando l'una e l'altra invalidità, e sottraendo dal controvalore monetario della seconda il controvalore monetario dell'invalidità che comunque sarebbe residuata all'infortunio anche nel caso di diligenti cure ".
Pertanto la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste.


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