Sentenze

Cassazione/ La guardia medica deve disporre accertamenti diagnostici se i sintomi sono persistenti

di Pietro Verna *

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24 Esclusivo per Sanità24

Dinanzi ad una sintomatologia compatibile con più patologie, il medico «non deve limitarsi a suggerire al paziente ulteriori accertamenti diagnostici ma deve disporli egli stesso, a pena di responsabilità in caso di dimissioni e conseguente morte del paziente ». Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19372 del 2021, che ha confermato la pronuncia con cui la Corte d’appello di Caltanissetta, in riforma della decisione di primo grado, aveva condannato un sanitario della guardia medica e l’ Azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta a risarcire i danni patiti dagli eredi di un paziente deceduto per dissecazione dell’aorta intervenuta poco dopo che il paziente era stato dimesso con diagnosi « stato d’ansia da stress» e con la prescrizione di «effettuare un elettrocardiogramma in caso di persistenza del dolore toracico».
La sentenza della Corte di Cassazione
Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa dei ricorrenti (« il medico non avrebbe potuto diagnosticare la dissecazione aortica con un misuratore della pressione, un fonendoscopio e qualche altro strumento che aveva a disposizione»), il Supremo Collegio ha condiviso la conclusione a cui era pervenuta la Corte territoriale, a seguito delle risultanze della perizia medico legale: «se si fosse pervenuti ad una tempestiva diagnosi, sarebbe stato possibile procedere ad un opportuno trattamento chirurgico con buone possibilità di sopravvivenza». Motivo per quale «sussisteva [l’] incidenza della condotta colposa del medico nella determinazione della morte del paziente». In altri termini il medico, in ragione dei sintomi accusati dal paziente (« dolore sordo e oppressivo, come di mancanza d’aria») e del quadro anamnestico ( «giovane, di 43 anni, esente da patologie di qualunque organo od apparato, con un elemento di rischio costituito dal fumo»), avrebbe dovuto proseguire l’iter diagnostico, mediante una «diagnosi differenziale circa la natura del dolore toracico » e quindi avviare il paziente « presso qualsiasi struttura sanitaria in grado di effettuare esami di primo grado o secondo livello» anziché limitarsi a prescrivere un elettrocardiogramma.
Giurisprudenza costante
La pronuncia conferma il costante orientamento giurisprudenziale in tema di responsabilità medica secondo cui:
- il giudice, accertata l’ attività omissiva del medico, può ritenere, in assenza di fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’evento lesivo e che, per converso, la condotta doverosa, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento (ex multis Cassazione civile, Sez. III, sentenze: 19 maggio 2010, n.16123; 9 giugno 2011, n. 12686; 27 giugno 2018, n. 16919);
- è configurabile il nesso causale tra condotta omissiva del medico e pregiudizio patito dal paziente qualora, in base alla regola della preponderanza dell’evidenza (o «del più probabile che non»), l’opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno (Cassazione Sez. III, sentenza 27 marzo 2019, n. 8461;
- il sanitario della guardia medica va esente da responsabilità per la morte del paziente, visitato e dimesso, solo se non vi è prova di un suo inadempimento - sotto forma di condotta omissiva, di diagnosi errata o di una cautela necessaria e non adottata- e quindi quando l’evento dannoso non è causalmente collegabile alla sua condotta (Cassazione, Sez. III, sentenza 15 maggio 2012 n. 7529 che ha escluso la responsabilità del medico per il decesso di una paziente che non aveva osservato le prescrizioni del sanitario: «l’evento di danno […] non si può ascrivere alla condotta medica, bensì alle condizioni della malata, che non ebbe la forza o la volontà di prendere le medicine prescritte, con progressivo indebolimento delle capacità respiratorie»).


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