Sentenze

Tar Emilia Romagna-Bologna: la scelta del vaccino anti Covid-19 spetta esclusivamente all'autorità sanitaria

di Pietro Verna

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24 Esclusivo per Sanità24

La scelta del vaccino anti Covid-19 spetta all’autorità sanitaria sulla scorta dell’anamnesi e degli altri dati clinici rilevati a carico del soggetto chiamato a sottoporsi alla vaccinazione «senza che possa configurarsi a priori una sorta di diritto di opzione dell’interessato a vedersi somministrare un determinato tipo di vaccino». Lo ha stabilito il Presidente del Tar Emilia Romagna-Bologna, con il decreto 10 gennaio 2022,n. 7, che ha respinto la richiesta di un paziente che, sensi dell’ articolo 161 del codice del processo amministrativo, aveva preteso che il giudice ordinasse alla Ausl di somministrargli come prima dose di vaccino anti Covid-9 il vaccino Pfizer e non il vaccino Moderna.
Il Tar ha chiarito che la scelta del vaccino da somministrare «è rimessa unicamente all’autorità sanitaria […], nell’alveo dei vaccini autorizzati da Aifa e da Iss», con la precisazione che il paziente deve fornire il consenso informato in sede di operazioni propedeutiche alla materiale somministrazione del vaccino. Chiarimento che “suggella” le indicazioni fornite dall’ Aifa («la vaccinazione anti Covid-19 è un diritto riconosciuto a tutti, tuttavia il rischio di contrarre il virus e di sviluppare la malattia in forma grave non è lo stesso per tutte le persone. Perciò per garantire la massima equità, è necessario seguire un piano strategico che tenga conto di tutte le esigenze e le condizioni”), come recepite dalle aziende sanitarie: «le persone sottoposte a vaccinazione sono prese in carico dal medico vaccinatore, che valuta la condizione clinica e i dati anamnestici. Sulla base di questa valutazione il medico decide quale vaccino somministrare» (https://www.ausl.pr.it/covid_19_info_news/vaccinazione_anti_covid/vaccini.aspx ).
Fermo restando che la precisazione data dal Presidente del Tar in materia di diritto al consenso informato è in linea con: (i) la sentenza della Corte Costituzionale 15 dicembre 2008 n. 438 secondo cui « il consenso informato svolge la funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le [informazioni] più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all'articolo 32, comma 2, della Costituzione»; (ii) il principio affermato dalla Corte di Cassazione secondo il quale «il diritto al consenso informato può essere considerato un atto medico, che si traduce in un obbligo informativo, inteso come prestazione a se stante rispetto alla cura del paziente, e al contempo esercizio di un autonomo diritto soggettivo all’autodeterminazione distinto dal diritto alla salute» (sentenza 11 dicembre 2019 n. 28985).
Senza considerare che in tal senso si è espresso il ministero della Salute. Lo ha fatto con la Circolare del n. 0025233 del 6 agosto 2017, recante prime indicazioni operative per l’attuazione del decreto legge n. 73 del 7 giugno 2017 ( Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale), che, con riferimento alle vaccinazioni obbligatorie (anti-poliomielitica; anti-difterica; anti-tetanica; anti-epatite B; anti-pertosse; anti-Haemophilus influenzae tipo b; anti-meningococcica B; anti-meningococcica C; anti-morbillo; anti-rosolia e anti-parotite), ha stabilito che dovrà essere consegnato un modulo «esclusivamente informativo» delle proprietà del vaccino. Circolare che potrebbe essere applicata anche alle categorie per le quali la vaccinazione anti- Covid -19 è obbligatoria: personale amministrativo della sanità, docenti/personale amministrativo della scuola, militari, forze di polizia, ultracinquantenni.


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