Sentenze

Responsabilità medica, linea dura della Cassazione sul rifiuto degli atti di ufficio

di Pietro Verna

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24 Esclusivo per Sanità24

Integra il reato di rifiuto di atti di ufficio ( articolo 328, comma 1, del codice penale) la condotta del medico che, richiesto di prestare il proprio intervento in relazione all’aggravarsi delle condizioni di salute di un paziente, ometta di procedere alla visita ed alla diretta valutazione della situazione. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 23406 del 2022 che ha confermato la pronuncia con la quale la Corte di appello di Catanzaro (al pari del giudice di primo grado) aveva condannato un medico del Reparto di Medicina dell’Ospedale di Cariati al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili relative al procedimento penale a cui il medico era stato sottoposto, per essersi rifiutato di visitare un paziente oncologico affetto da versamento pleurico.

La sentenza della Cassazione
Il ricorrente aveva sostenuto di non aver commesso il reato di rifiuto di atto di ufficio perché dal referto del pronto soccorso aveva tratto il convincimento che « non vi era nulla da fare, trattandosi di paziente oncologico terminale con un versamento molto rilevante, cioè di un soggetto per il quale ogni trattamento avrebbe rappresentato un grave ed inutile stress» e che tale valutazione non sarebbe stata sindacabile dal giudice, pena lo “sconfinamento” di quest’ultimo nella «sfera della discrezionalità tecnica del pubblico ufficiale».

Tesi che non ha colto nel segno. La Cassazione ha rilevato che i giudici di merito avevano accertato che «le condizioni del paziente erano critiche e sussisteva un preciso obbligo del medico di procedere immediatamente alla visita», che « si era obiettivamente al di fuori dell'ambito della discrezionalità tecnica del medico, in quanto il paziente era stato solo visitato dal pronto soccorso e necessitava dell’accurata visita del sanitario competente per stabilire le cure necessarie» e che il medico si era rifiutato di effettuare la visita nonostante le «plurime sollecitazioni» del figlio del paziente. Motivo per il quale il Supremo Collegio ha confermato l’orientamento secondo cui:

- ai fini dell’applicabilità dell’articolo 328, comma 1, del codice penale, «il giudice di merito può controllare l’esercizio della discrezionalità tecnica da parte del medico e concludere che esso trasmoda in arbitrio, se tale esercizio non risulti sorretto da un minimo di ragionevolezza ricavabile dal contesto e dai protocolli medici » (Cassazione, Sez. VI, sentenza 30 ottobre 2012);

- integra il reato di rifiuto di atti di ufficio, la condotta del medico di guardia in servizio presso una casa di cura che, richiesto di prestare il proprio intervento da personale infermieristico in relazione alla progressiva ingravescenza delle condizioni di salute di un paziente ivi ricoverato, ometta di procedere alla visita ed alla diretta valutazione della situazione, a nulla rilevando che il paziente sia comunque assistito dal suddetto personale, incaricato di monitorarne le condizioni fisiche e i parametri vitali ( Cassazione, Sez. VI, sentenza 30 marzo 2017, n. 21631).

Ciò non mancando di richiamare il principio generale secondo il quale «il reato di rifiuto di atti di ufficio è un reato di pericolo, onde la violazione dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice al corretto svolgimento della funzione pubblica ricorre ogniqualvolta venga denegato un atto non ritardabile alla luce delle esigenze prese in considerazione e protette dall’ordinamento, prescindendosi dal concreto esito della omissione e finanche dalla circostanza che il paziente non abbia corso alcun pericolo concreto per effetto della condotta omissiva» (Cassazione, Sez. VI, sentenza 13 maggio 2021, n. 18901 che ha confermato la condanna di un medico obiettore di coscienza che si era rifiutato di eseguire una ecografia finalizzata ad accertare l’interruzione volontaria di una gravidanza).


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