Sentenze

Corte dei conti: il regime della proroga genera danni erariali, dirigenza condannata sui costi del "bucato"

di Ettore Jorio*

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24 Esclusivo per Sanità24

Il lavanolo e la sterilizzazione, se goduti dalla PA sanitaria in regime di prorogatio ad libitum, generano danni erariali nella sopportazione dei costi per fare “il bucato”. E tanti.
E’ quanto deciso dalla Sezione giurisdizionale per l’Umbria della Corte dei conti di Perugia. Una sentenza recente, del 23 novembre scorso, rubricata al nr. 99 (est. Fava), con la quale sono state dichiarate le responsabilità della dirigenza agenti per oltre 5,5 milioni di euro, per avere causati danni equivalenti, al netto di un ulteriore danno di mezzo milione di euro caduto in prescrizione.
Questa sentenza, che sarà soggetta verosimilmente a gravame, farà rumore negli ambienti ove si amministra l’organizzazione sanitaria, più precisamente quella ospedaliera. Ma non solo ivi.
E’, infatti, molto frequente nel Paese il ricorso al regime di proroga, tanto da farlo divenire nella PA un abituale strumento. In quanto tale espressione di una consolidata patologia e di una sorta di abusivismo nell’approccio all’approvvigionamento di beni e servizi, produttivo di un consistente pregiudizio economico, cui solo un sano agonismo tra fornitori può rimediare. Quello da riattivare ad ogni scadenza e aggiudicare mediante gare pubbliche. La Corte contabile umbra ha giudicato responsabili del danno e pertanto chiamati al suo risarcimento nove dirigenti, tra attuali e passati, imputati a diverso titolo e valore, rei erariali della «mancata messa a concorrenza» del servizio consentendo peraltro «condizioni economiche peraltro peggiorative rispetto a quelle proposte dal precedente affidatario» con conseguente rilevante produzione del danno milionario alla finanza pubblica. Il tutto in aperto contrasto «con qualunque canone in tema di concorrenza e libero accesso alle attività economiche», determinato dalla «proroga facile» quale prassi diffusa ovunque, per come evidenziato ripetutamente dall’Anac, a partire dal 2020. Una consuetudine gravemente assunta, quasi ovunque, da una burocrazia avvezza a rendersi, spesso dolosamente, «macroscopicamente inefficiente» rispetto alle «nuove gare (che) andrebbero programmate ed effettuate prima della scadenza di quelle vecchie».
Del resto, il ricorso alle proroghe dei contratti pubblici è stato ritenuto, sia dal Consiglio di Stato (sent. 6955 del 7 ottobre 2021, est. Urso) che dall’Autorità Nazionale AntiCorruzione (Raccomandazione Uvmact n. 1795 del 4 agosto 2022), un evento eccezionale. In quanto tale da utilizzare esclusivamente in casi quasi emergenziali, ovverosia temporaneamente nell’ipotesi prevista dall’undicesimo comma dell’art. 106 del Codice degli appalti (entro il periodo strettamente necessario all'individuazione del nuovo aggiudicatario del servizio) e solo allorquando è stato previsto nella procedura di originario affidamento.

** Dipartimento di Scienze aziendali e Giuridiche
Università degli Studi della Calabria


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