Sentenze

Trattamento sanitario obbligatorio: le procedure indicate dalla Cassazione

di Paola Ferrari

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Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è un evento terapeutico straordinario, finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente, che può essere legittimamente disposto solo dopo aver esperito ogni iniziativa concretamente possibile, sia pur compatibilmente con le condizioni cliniche, di volta in volta accertate e certificate, in cui versa il paziente - ed ove queste lo consentano - per ottenere il consenso del paziente ad un trattamento volontario.
Si può intervenire con un trattamento sanitario obbligatorio anche a prescindere dal consenso del paziente se sono contemporaneamente presenti tre condizioni:

a) l'esistenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici;

b) la mancata accettazione da parte dell'infermo degli interventi terapeutici proposti;

c) l'esistenza di condizioni e circostanze che non consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra-ospedaliere.

È questo il decalogo indicato dalla Cassazione civile nella sentenza sez. III, 11/01/2023, (ud. 04/10/2022, dep. 11/01/2023), n.509 che respinse il ricorso del paziente .Osserva il collegio come: “ l'ospedalizzazione in regime di trattamento sanitario obbligatorio (TSO) per un disturbo mentale costituisce un evento intriso di problematicità, essendo associata ad una presumibile condizione di incapacità del paziente a prestare un valido consenso. Nonostante, dal punto di vista normativo, un paziente sia considerato, secondo una visione dicotomica, capace oppure incapace, la realtà clinica suggerisce che possano esistere degli spazi di autonomia e libertà decisionale residui anche in pazienti sottoposti a TSO”.

Un approccio di tipo multidimensionale, basato sulla valutazione, nel singolo paziente, della capacità a prestare consenso costituisce un possibile terreno sul quale ricostruire, all'interno della relazione medico-paziente, un percorso di ripristino della capacità di prestare consenso alle cure.

I fatti
Il paziente conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Trieste l’azienda sanitaria ed il Ministero dell'Interno, per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti per essere stato sottoposto ad un Trattamento sanitario obbligatorio.

L'attore affermò di essersi recato presso il Centro di Salute Mentale per ritirare copia di una propria cartella clinica. In tale occasione, veniva trattenuto presso i locali della struttura, anche mediante l'ausilio della forza pubblica, per la sottoposizione ad un trattamento sanitario obbligatorio.

Tale trattamento, proposto dalla dottoressa del centro e convalidato dal medico pubblico, era stato ordinato dal Sindaco del Comune nella sua qualità di Ufficiale di Governo, e il relativo provvedimento era stato convalidato, in data 13 settembre 2001, dal giudice tutelare.

Il trattamento sanitario obbligatorio si era reso necessario in conseguenza della manifestazione, da parte del paziente, di un disturbo delirante cronico in fase acuta di scompenso.

L’azione fu respinta in entrambi i gradi di merito e da qui il ricorso alla Suprema Corte che ha colto l’occasione per ricordare le condizioni di legittimità del Trattamento Sanitario e le regole alle quali i sanitari si devono attenere.

Il decalogo
Sulla scorta della basilare sentenza n. 7248/2018 in materia di consenso informato, successivamente confermata, tra le altre, dalle pronunce n. 28985/2019, n. 9706/2020 e n. 24471/2020, nella fattispecie i confini sono i seguenti:

a) nell'ipotesi di omessa o insufficiente informazione riguardante un intervento che non abbia cagionato danno alla salute del paziente e al quale egli avrebbe comunque scelto di sottoporsi, nessun risarcimento sarà dovuto;

b) nell'ipotesi di omissione o inadeguatezza informativa che non abbia cagionato danno alla salute del paziente ma che gli ha impedito tuttavia di accedere a più accurati e attendibili accertamenti, il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, all'autodeterminazione sarà risarcibile qualora il paziente alleghi che dalla omessa informazione siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, in termini di sofferenza soggettiva e di contrazione della libertà di disporre di sé, in termini psichici e fisici.

In termini sostanzialmente analoghi si è sottolineato che "il diritto al consenso informato del paziente, in quanto diritto irretrattabile della persona, va comunque e sempre rispettato dal sanitario, a meno che non ricorrano casi di urgenza" (purché questi si profilino, comunque, "a seguito di un intervento concordato e programmato, per il quale sia stato richiesto ed ottenuto il consenso", e siano inoltre "tali da porre in gravissimo pericolo la vita della persona"), ovvero che non "si tratti di trattamento sanitario obbligatorio".

Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è un evento straordinario - finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente che non deve essere considerate una misura di difesa sociale, che deve essere attivato solo dopo aver ricercato, con ogni iniziativa possibile, il consenso del paziente ad un intervento volontario, e che richiede una specifica procedura, attivata da parte di un medico che verifica e certifica l'esistenza:

•dell'avvenuta convalida della proposta da parte di un altro medico, dipendente pubblico, generalmente specialista in psichiatria;

•dell'emanazione da parte del Sindaco dell'ordinanza esecutiva (entro 48 ore);

•della notifica al Giudice Tutelare (entro 48 ore), che provvede a convalidare o meno il provvedimento, comunicandolo al Sindaco.

La durata del provvedimento è di 7 giorni, con possibilità di proroga se persistono le tre condizioni necessarie (da comunicare al Sindaco ed al Giudice Tutelare) o di cessazione se anche solo una delle condizioni viene meno (da comunicare al Sindaco ed al Giudice Tutelare).

Fondamentale, quindi, che il medico che redige il certificato riporti, con dovizia di informazioni, le ragioni che hanno portato a ritenere che vi fosse necessità urgente di cure mediche indicando con chiarezza il processo logico riguardante ogni passaggio.

Le raccomandazioni della Conferenza Stato Regioni
Si ricorda, che in materia, per facilitare l’applicazione, coerente e omogenea su tutto il territorio nazionale, delle procedure assistenza sanitaria obbligatoria e trattamenti sanitari obbligatori, la Conferenza delle Regioni, nella seduta del 29 aprile 2009, licenziò le Raccomandazioni in merito all’applicazione di accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale (art. 33 – 34 – 35 legge 23 dicembre 1978, n. 833).

La proposta può essere redatta da qualsiasi medico abilitato alla professione, mentre la convalida può essere redatta solo da un medico che esercita una funzione di pubblico servizio nel Sistema Sanitario Nazionale.

Nella certificazione, secondo la raccomandazione, è necessario che siano contenuti:

•elementi che permettono l’identificazione certa della persona oggetto dell’intervento e gli elementi di identificazione degli estensori della proposta e della convalida (il giudice tutelare cui è demandato il compito di convalidare o non convalidare l’ordinanza del sindaco, deve poterli consultare, se necessario, per ulteriori chiarimenti e informazioni);

•riassunte le informazioni che rendono comprensibile la situazione, raccolte e descritte le emergenze riscontrate di persona che hanno portato i medici alla convinzione che fosse necessario un TSO;

•la motivazione quindi non può limitarsi alla diagnosi e alla valutazione della gravità del caso, ma deve riportare gli elementi raccolti a prova della sussistenza delle condizioni dalla legge per il TSO come per esempio comportamenti deliranti, stati confusionali gravemente alterati, comportamenti pericolosi per sé e gli altri;

•è’ opportuno, per il TSO in degenza ospedaliera, ma anche per l’ASO e per il TSO extraospedaliero, che siano documentati gli è fatti “per assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato”.


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