Sentenze

Specializzandi in medicina generale, il medico non vincitore della borsa di studio può esercitare la libera professione

di Pietro Verna

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Il medico iscritto al corso di medicina generale senza borsa di studio può continuare a svolgere un’attività libera professionale purché compatibile con la frequenza della scuola.
Lo ha stabilito il Tar Lazio (sentenza n.1712/2022) che si è pronunciato sull’applicazione del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), che, all’art. 12, comma 3, prevede che, fino al 31 dicembre 2021, i medici risultati idonei ai concorsi di ammissione in medicina generale possano accedere, senza borsa di studio, al corso di formazione specifica in medicina generale. La vicenda trae origine dal ricorso proposto contro il provvedimento con il quale la Regione Veneto aveva rappresentato ad alcuni medici ammessi al corso di formazione in medicina generale ex art. 12, comma 3, del decreto legge n. 35/2019 di astenersi dallo svolgimento della libera professione, in ragione dell’ art.11 del decreto del ministero della Salute del 7 marzo 2006 (“ [È] inibito al medico in formazione l'esercizio di attività libero-professionali ed ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche o private, anche di carattere saltuario o temporaneo”).
La pronuncia del Tar
Il Tar ha accolto ricorso evidenziando le ragioni poste a fondamento dell’ art. 12, comma 3, del decreto legge n. 35/2019 (“sopperire alla contingente carenza di medici di medicina generale”) ed evocato la sentenza del Consiglio di Stato n. 8026/2022 secondo cui:
- in base alla direttiva 1993/16/CE del 5 aprile 1993 è consentito agli Stati membri autorizzare una formazione specifica in medicina generale a tempo ridotto a condizione che venga garantito un livello qualitativo equivalente a quello della formazione a tempo pieno (art. 35);
- alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza del 28 gennaio 2018 ( C-616/16 e C-616/17), agli specializzandi deve essere riconosciuta una remunerazione adeguata sia in caso di formazione a tempo pieno, sia in caso di formazione a tempo ridotto;
- le norme che prevedono cause di incompatibilità – in quanto introducono un’eccezione rispetto al diritto al lavoro e alla libertà di iniziativa economica- sono da considerare di stretta interpretazione;
- non vi è alcuna disposizione che estenda le cause di incompatibilità di cui all’art. 11 del decreto ministeriale 7 marzo 2006 agli specializzandi ammessi in base all’art. 12, comma 3, del decreto legge n. 35 del 2019;
- la competenza a verificare detta compatibilità "spetterà di volta in volta all’amministrazione nell’esercizio delle proprie funzioni pubbliche e nei limiti della discrezionalità tecnica".
Decisione che suggella l’orientamento dei Tribunali amministrativi regionali (cfr. TAR Campania, n. 473/2021; Tar Veneto, n. 613, 614 e 617/ 2020). Fermo restando che il Tar Veneto, chiamato a pronunciarsi in un caso analogo, ha (acutamente) rilevato che "qualora la mancata assegnazione della borsa di studio fosse accompagnata anche dal divieto di svolgere altre attività lavorative professionali", l’accesso al corso di specializzazione in base al decreto legge n. 35/2019 "finirebbe per essere irragionevolmente circoscritto ai soli soggetti che già dispongono di altre risorse proprie e che possono studiare senza conseguire alcuna remunerazione" (sentenza n.1163/2021)


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