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Il paradosso dell'Italia: longeva ma ancora incapace di invecchiare bene. Fumo e sovrappeso minano il futuro. Lo dice il 16° Rapporto Osservasalute

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Un Paese in cui il 22,3% della popolazione, pari a 13,5 milioni di persone, è ultra-65enne e in cui le malattie croniche pesano per circa l'80% dei costi sanitari. Con costi medi annui per il Servizio sanitario nazionale in crescita progressiva all'aumentare dell'età e punte massime nella fascia 80-84 anni: 1.129 euro a paziente, a fromte dei 1.115 euro per chi è tra i 75 e i 79 anni. Eppure, ancora non c'è stata quell'inversione necessaria negli stili di vita, che in prospettiva contrasterebbe i big killer tumori e malattie cardiovascolari (che pure sono in calo): basti pensare che è del 24,2% la quota di bambini e adolescenti sovrappeso.
L'Italia raccontata dal XVI Rapporto Osservasalute, curato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane che opera nell’ambito di Vihtaly, spin off dell’Università Cattolica presso la sede di Roma, si conferma un Paese complesso: siamo tra le nazioni più longeve (83,4 anni di vita media attesa alla nascita nel 2016) e con maggiore speranza di vita alla nascita per gli uomini (81 anni, secondo Eurostat), ma anche con più anni da vivere con malattie croniche e disabilità, ma scendiamo al terzo posto in Europa per speranza di vita alla nascita in buona salute. Il Report - frutto del lavoro di 318 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano - è suddiviso in due parti: la prima dedicata alla salute e ai bisogni della popolazione, la seconda ai sistemi sanitari regionali e alla qualità dei servizi.

Spesa per i cronici a 70,7 miliardi nel 2028. «Lo scenario che si prospetta - sottolinea il direttore scientifico Alessandro Solipaca - evidenzia che la sfida che il Servizio sanitario nazionale dovrà affrontare è legata alle crescenti fragilità degli anziani. La spesa da sostenere per questo gruppo di popolazione non potrà gravare tutta sul settore sanitario, perché si tratta di prestazioni con una forte connotazione socio-assistenziale». «Di fronte al quadro futuro - avvisa quindi il direttore di Osservasalute Walter Ricciardi - per il Ssn è necessario intensificare gli sforzi per promuovere la prevenzione e un cambio di paradigma sull'organizzazione dei servizi di cura, definendo nuovi percorsi assistenziali in grado di prendere in carico il paziente nel lungo termine, prevenire e contenere la disabilità, garantire la continuità assistenziale e l’integrazione degli interventi socio-sanitari».
L’aumento sensibile delle persone con problemi di salute avrà un impatto sulla domanda di cura e assistenza, sia di natura strettamente sanitaria che socio-sanitaria. I dati a disposizione - spiegano gli esperti - permettono di proiettare la domanda di visite specialistiche, di giornate di degenza e di assistenza domiciliare. In particolare, nel 2016 il numero di contatti mensili con un medico specialista sono stati oltre 13 milioni, nel 2038 supereranno i 14 milioni. Le notti passate in ospedale, nel 2016, sono state oltre 41 milioni, nel 2038 supereranno i 47 milioni. Le persone che hanno fatto ricorso all’assistenza domiciliare, nel 2016, sono state oltre 1,8 milioni, nel 2038 supereranno i 2,2 milioni, mentre nello stesso anno saranno oltre 1,4 milioni quelli che domanderanno assistenza domiciliare di tipo sanitaria, contro gli oltre 1,2 milioni del 2016. L’aumento della domanda di cure e assistenza avrà conseguenze sulla spesa sanitaria. Oggi nel nostro Paese si stima che si spendono, complessivamente, circa 66,7 miliardi di euro per la cronicità; stando alle proiezioni effettuate sulla base degli scenari demografici futuri e ipotizzando una prevalenza stabile nelle diverse classi di età, nel 2028 spenderemo 70,7 miliardi.
In generale, le proiezioni della Ragioneria Generale dello Stato prevedono che il rapporto tra spesa sanitaria pubblica e Pil dovrebbe crescere dal 6,6% del 2017 al 6,8% nel 2030, fino ad arrivare al 7,3% del 2040. In altre parole, dovremmo passare dagli attuali 114 miliardi a 139 miliardi nel 2030 e 168 miliardi nel 2040.

I dati epidemiologici. La mortalità prematura (indicatore del Sustainable Development, Goals delle Nazioni Unite – calcolato rispetto alle principali cause di morte della fascia di età 30-69 anni) è diminuita, dal 2004 al 2016, del 26,5% per gli uomini e del 17,3% per le donne. In poco più di 30 anni, il tasso standardizzato di mortalità totale si è ridotto di oltre il 50% nel periodo 1980-2015 e il contributo delle malattie cardiovascolari è stato quello che più ha influito sul trend in discesa della mortalità (nello stesso periodo la mortalità per malattie ischemiche del cuore si è ridotta di circa il 63% e quella delle malattie cerebrovascolari di circa il 70%).
Si muore meno di tumori che restano però la prima causa di morte tra i 19 e i 64 anni: nell’arco di tempo compreso tra 2006 e 2016, diminuisce del 24% per gli uomini (da 12,5 a 9,5 per 10.000) e del 12,6% per le donne (da 8,7 a 7,6 decessi per 10.000).
La mortalità neonatale e infantile è significativamente diminuita nel Paese e ha raggiunto livelli tra i più bassi del mondo, anche migliori di quelli osservati nei Paesi occidentali più sviluppati. Il tasso di mortalità infantile è passato da 3,16 decessi per 1.000 nati vivi a 2,81 per 1.000 nell’arco temporale 2010-2016.

Stili di vita da cartellino rosso. Sono circa 10 milioni e 370 mila i fumatori in Italia nel 2017, poco più di 6 milioni e 300 mila uomini e poco più di 4 milioni e 70.000 donne. Si tratta del 19,7% della popolazione di 14 anni ed oltre. Il numero di coloro che fumano è rimasto pressoché costante a partire dal 2014.
In Italia, nel 2017, si conferma che più di un terzo della popolazione di età 18 anni ed oltre (35,4%) è in sovrappeso, mentre poco più di una persona su dieci è obesa (10,5%); complessivamente, il 45,9% dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale. Questi valori non presentano variazioni significative rispetto al 2016.
In Italia, la quota dei bambini e degli adolescenti in eccesso di peso è pari al 24,2%.
L’eccesso di peso raggiunge la prevalenza più elevata tra i bambini di età 6-10 anni risultando pari a 32,9%. Al crescere dell’età, il sovrappeso e l’obesità diminuiscono, fino a raggiungere il valore minimo tra i ragazzi di età 14-17 anni (14,4%).
Dai dati della WHO (Childhood Obesity Surveillance Initiative-COSI) relativi alla raccolta del 2012-2013 avvenuta in 19 Paesi (Albania, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Malta, Macedonia, Moldavia, Norvegia, Portogallo, Romania, Repubblica di San Marino, Slovenia, Spagna, Turchia e Italia) con la stessa metodologia, utilizzando i cut-off dell’OMS e con un range di età che oscilla tra i 6-9 anni, l’Italia è risultata tra i Paesi a più alta prevalenza di sovrappeso e obesità nei bambini di età 8-9 anni insieme a Grecia e Spagna, mentre i Paesi del Nord Europa presentano prevalenze più basse.
I dati di lungo periodo evidenziano un aumento della propensione alla pratica sportiva in modo continuativo (dal 19,1% del 2001 al 24,8% del 2017), tuttavia i sedentari sono ancora molti, oltre 22,4 milioni, pari al 38,1% della popolazione.

I costi della cronicità. Nel 2017, il costo medio annuo grezzo della popolazione in carico ai Mms del network HS, affetta da almeno è stato di 708 euro. Sono presenti differenze di genere nei costi generati per il Ssn; infatti, i pazienti uomini affetti da almeno una patologia cronica hanno generato un costo medio annuo superiore a quello delle donne (738 euro vs 685 euro). I costi medi annui sostenuti dal Ssn per i pazienti cronici aumentano progressivamente al crescere dell’età, raggiungendo il picco nelle fasce di età 80-84 anni (1.129 euro) e 75-79 anni (1.115 euro), per poi calare leggermente nelle classi di età successive.
I dati raccolti dai medici di medicina generale riferiscono che mediamente in un anno si spendono 1.500 euro per un paziente con uno scompenso cardiaco congestizio, dal momento che questi pazienti assorbono il 5,6% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del Ssn, il 4% delle richieste di visite specialistiche e il 4,1% per le prescrizioni di accertamenti diagnostici. Circa 1.400 euro annui li assorbe un paziente affetto da malattie ischemiche del cuore, il quale è destinatario del 16% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del Ssn, del 10,6% delle richieste di visite specialistiche e del 10,1% degli accertamenti diagnostici.
Quasi 1.300 euro vengono spesi per un paziente affetto da diabete tipo 2: assorbe il 24,7% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del Ssn, il 18,5% delle richieste di visite specialistiche e il 18,2% degli accertamenti diagnostici.
Un paziente affetto da osteoporosi costa circa 900 euro annui, poiché è destinatario del 40,7% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del Ssn, del 35,0% delle richieste di visite specialistiche e del 32,0% degli accertamenti diagnostici.
Costa, invece, 864 euro un paziente con ipertensione arteriosa che assorbe mediamente in un anno il 68,2% di tutte le prescrizioni farmaceutiche a carico del Ssn, il 52,2% delle richieste di visite specialistiche e il 51,7% degli accertamenti diagnostici.


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