Commenti

Alessandro Reggiani, un direttore generale "imprenditore"

di Enzo Chilelli e Rosanna Di Natale

Sabato 24 maggio se ne è andato Alessandro Reggiani, uno dei direttori generali più innovativi che il Ssn abbia avuto sinora e tra quelli che meglio hanno interpretato il senso della sperimentazione gestionale, dell'innovazione in sanità e dell'osare nelle imprese interpretando le norme nella loro prospettiva più evoluta.

Reggiani aveva al suo attivo due iniziative in particolare:

• la realizzazione del Montecatone Rehabilitation Institute spa quando era direttore generale dell'Azienda USL di Imola;

• la creazione di una società, Escosolar durante la direzione dell'Azienda USL di Empoli e la costruzione di uno dei primi ospedali "moderni".

L'esperienza di Montecatone nel 1997 aveva riguardato una società mista pubblico-privata autorizzata dalla Regione Emilia Romagna in base ad una sperimentazione gestionale, introdotta dall'art. 9-bis del D.Lgs n. 502/92 e successive modificazioni e confermate dall'art. 10 del D.Lgs 229/99.

Escosolar non è stata una sperimentazione gestionale in senso stretto, dato che l'obiettivo non era di natura sanitaria. Infatti la società Escosolar fu costituita con l'obiettivo di rendere autonomo dal punto di vista energetico, tramite creazione e uso di energia solare, l'ospedale di Empoli che, peraltro, è stato tra i primi ad essere realizzato come un project financing.

Ci piace ricordare Alessandro Reggiani con le sue stesse parole, attraverso una intervista rilasciata nel 2003 per una rubrica di Forum PA. In questa, Reggiani rispondeva ad alcune domande sulle sperimentazioni gestionali e nelle sue risposte emergono i compiti e la "vision" che devono avere i Direttori generali del SSN, ma anche i "lacci e lacciuoli" che ne limitano l'azione.

Le risposte di Reggiani, a dieci anni di distanza, sono ancora attuali e rappresentano la sua lungimiranza e il coraggio di agire, auspicando che sia da stimolo ed esempio, in questioni con le quali molti direttori generali, che intervengono quotidianamente nel processo di ammodernamento del SSN, continuano a misurarsi.


Intervista ad Alessandro Reggiani.

Se dovesse dare delle indicazioni, quali sono le modifiche che chiederebbe di apportare alla legislazione per favorire la realizzazione di queste sperimentazioni?

Esistono diversi problemi nella realizzazione di una iniziativa pubblico-privata. Quelli che forse pesano di più sono rappresentati dalla scelta del partner e dal comando del personale.
Quella della scelta del partner è certamente la questione. Infatti, occorre tenere presente la difficoltà nel reperire un imprenditore privato che sia disposto a finanziare o erogare servizi con un soggetto pubblico.
Per esempio, nel caso dell'ospedale di Montecatone, c'era la necessità di trovare una società con know how gestionale adeguato mentre la Asl avrebbe continuato a detenere quello tecnico.
Ora, il problema è rappresentato dalla necessità di dover indire una gara per "selezionare" un socio. È chiaro che esiste una questione di evidenza pubblica, ma va anche trovato il modo, la soluzione, al fatto che un partner in genere si "cerca", difficilmente si "seleziona". Si cerca un partner con determinate caratteristiche, con un know how specifico. Un soggetto con il quale ci si accorda per condividere un progetto comune. Occorre la condivisione di una "mission", di uno stile gestionale che garantisca appropriatezza e parametri di qualità per l'accreditamento previsti dal servizio sanitario nazionale.
Tutto ciò mal si concilia con la rigidità di una procedura ad evidenza pubblica. Occorre garantire discrezionalità nella scelta del partner privato in un quadro di trasparenza e di responsabilità imprenditoriale.

E per la questione del personale?

Creato il nuovo soggetto giuridico, il personale proveniente dal pubblico viene messo a disposizione e gestito della società.
Giuridicamente dovrebbe essere "comandato", ma questo è un istituto previsto esclusivamente tra soggetti pubblici.
L'esperienza di Montecatone si è potuta realizzare anche grazie alla volontà e alla disponibilità del personale che si è "fidato" nel passaggio dal pubblico al privato.
La nuova società ha mantenuto per questo personale il vecchio contratto ma, via via che il personale anziano andava via, veniva sostituito con professionisti assunti dalla società con contratto privato. Questo ha generato una situazione in cui conviveva sotto lo stesso tetto personale pagato con contratto pubblico e personale pagato con contratto privato. In questo senso bisognerebbe trovare una soluzione per il "comando" da un soggetto pubblico ad un soggetto privato (considerate anche le dimensioni che il fenomeno della creazione di società miste va assumendo).
Anche sulle forme di assunzione nel pubblico bisognerebbe rivedere qualcosa sulle procedure di reclutamento sono troppo rigide, ragionando per snellirle e per facilitare l'iter.
L'amministratore delegato della società, quando ha necessità di un bravo professionista, lo cerca sul mercato, lo assume per un periodo di prova e quando verifica che il soggetto risponde alle necessità dell'impresa lo assume con contratto a tempo indeterminato. Non c'è bisogno di particolari strumenti di flessibilità della manodopera. In verità, è interesse dell'azienda trovare i modi migliori per assicurarsi la fidelizzazione dei professionisti che garantiscano la qualità dei servizi.
Per il servizio pubblico bisognerebbe rivedere la legislazione sul personale: tenendo sempre presente i diritti del lavoratore ma anche quelli della struttura e, indirettamente del cittadino, assumendo personale non solo per i titoli posseduti o per aver superato il concorso ma anche per aver dimostrato passione per il proprio lavoro, attitudini, conoscenze pratiche sullo stesso.

Quali sono i rischi che si possono correre in una avventura come quelle realizzate da Lei?

È necessario lasciare una maggiore responsabilità, una responsabilità "vera" ai Direttori generali delle aziende sanitarie verificando le azioni intraprese con una maggiore attenzione, valutando quando il rischio di impresa ha prodotto iniziative positive o meno.
All'art. 3 comma 1bis della legge 502/92 si legge che "le unità sanitarie locali si costituiscono con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale". Si tratta di un'autonomia imprenditoriale che va disciplinata e, nel caso, coperta da alcune garanzie.
Il problema di fondo resta la questione del "rischio di impresa". Assumere iniziative di carattere imprenditoriale in sanità significa anche assumere le conseguenze di un' "alea" che pervade tutto il mondo imprenditoriale. Non può essere che un Direttore Generale si assume il rischio di intraprendere nel pubblico interesse, poi debba essere chiamato a rispondere personalmente dell'eventuale danno patrimoniale conseguente ad un imprevedibile insuccesso dell'impresa. Visto che l'unico profitto, nel caso di successo, è trasformato dall'azienda in miglioramento dei servizi e nell'acquisizione di risorse umane e tecnologiche.
In altri termini, non è chiaro, nell'attuale ordinamento, quali siano le conseguenze giuridiche-economiche e il regime delle responsabilità conseguenti alle aperture imprenditoriali delle norme sull'ordinamento del servizio sanitario nazionale. Se l'esperienza della "Montecatone Rehabilitation Institute S.p.A." fosse andata male invece di rivelarsi un successo come è stato, chi veniva chiamato a rispondere della distruzione di risorse pubbliche? Queste sono le risposte che il sistema deve saper dare altrimenti nessuno vorrà intraprendere per migliorare il servizio sanitario nazionale.

Ci può dire qualcosa sull'esperienza di Escosolar qui a Empoli?

Per quanto riguarda Escosolar, si tratta di un progetto sperimentale per l'obiettivo che si propone più che per la forma giuridica (società mista, ormai abbastanza diffusa nei servizi sanitari, n.d.r).
L'idea è quella di utilizzare l'energia solare a concentrazione. In sostanza, una turbina viene attivata da aria riscaldata a 1000 gradi con un sistema di specchi che concentra il calore. Inoltre, il calore prodotto (che in genere alla fine di un processo di questo tipo resta come scoria) in questo caso servirà per tutti gli usi di riscaldamento e/o di raffreddamento necessari in una struttura ospedaliera. Quando non c'è il sole funzionerà a metano e, in ogni caso, si tratterà di una soluzione pulita e assai poco inquinante.
L'esperienza, attivata in Israele, diventa una scommessa in Italia dove si tratta di applicare questo processo ad una struttura complessa come un ospedale.
In questo caso specifico il rischio di impresa è stato in parte attutito dalla decisione della Regione Toscana che lo ha finanziato al 50% del costo presunto.
Tra le altre esperienze che la USL sta conducendo in accordo con il settore privato, può essere segnalato un project financing per la costruzione e la gestione della parte alberghiera del nuovo ospedale di Empoli.

Nelle esperienze di project financing in sanità, di cui si comincia a parlare, un grande peso viene dato alla firma degli accordi che avviene dopo estenuanti trattative. Per quale motivo i tempi di accordo sono così lunghi?

La questione dei tempi lunghi nell'avvio di un project financing è legata alle trattative per la firma degli accordi fra i diversi partner privati che si debbono associare essendo diversificate e complesse le competenze necessarie per realizzare e gestire degli ospedali.
Non è diffusa, nell'esperienza contrattuale ordinaria delle imprese che si associano per costruire e gestire un ospedale, l'esperienza dei contratti "per la gestione".
Il modello contrattuale che lega per diversi anni il costruttore al gestore non ha i contorni di un contratto definito, standardizzato. Chi progetta e costruisce tende, avendo concluso il processo produttivo suo proprio ad uscire dal "projet" lasciando al gestore tutta la responsabilità economica e finanziaria dell'impresa. E' appena il caso di sottolineare che il gestore sarà favorito solo se chi ha progettato e costruito lo ha fatto al meglio delle regole dell'arte e tenendo conto delle esigenze gestionali (ottimale distribuzione delle funzioni, isolamento termico, illuminazione naturale, risparmio energetico, ecc ).Perciò è necessario che la compagine di un "projet" rimanga unita per molto tempo e chi esce "medio tempore" dal processo produttivo dia solide garanzie a chi rimane. Si tratta di contratti molto complessi da redigere che richiedono lunghe trattative ed accordi non facili da raggiungere. Se a questo si aggiunge che anche la parte pubblica non è ancora avvezza a questa contrattualità ben si comprende perché i tempi siano oggi così lunghi. In futuro, si spera, che con l'esperienza si possano accorciare i tempi.

Cosa manca alla formazione del Direttore generale medio per gestire progetti di questo tipo?

Il direttore generale di una azienda sanitaria pubblica non ha grossi problemi di competenze nel gestire questo tipo di operazioni. Se dovessimo sottolinearne alcune caratteristiche potremmo dire che occorre una vision da imprenditore, una ottima conoscenza della macchina della pubblica amministrazione e collaboratori capaci. Ma, soprattutto, la volontà di assumersi il rischio di impresa.

Cosa manca al privato per entrare in piena sintonia con il soggetto pubblico e viceversa?

Nei rapporti tra pubblico e privato i problemi maggiori sono per il privato.
Il pubblico in Italia ha una tradizione robusta di diritto amministrativo e le Aziende sanitarie sono abituare a trattare con il privato. Al contrario, solo alcuni privati sanno come comportarsi con il pubblico.
A volte alcuni di questi affrontano il pubblico senza conoscerne appieno i vincoli, i tempi e rischiano pericolose conseguenze. Per esempio, nei tempi dei pagamenti (in ritardo), molti imprenditori privati rischiano di diventare "vittime" del pubblico.
Tentare di ignorare i vincoli del pubblico è impossibile e pericoloso. È interesse del privato capirli e stimolare il pubblico a fare determinate scelte e a prendere iniziative compatibili con la logica dell'impresa.

Lei, oltre alle esperienze in corso qui ad Empoli, ha realizzato anche l'esperienza dell'Istituto di riabilitazione di Montecatone presso l'Azienda USL di Imola. Come spiega che due regioni come l'Emilia Romagna e la Toscana, con una particolare tradizione per i servizi pubblici, siano anche quelle con maggiori esperienze di creazione di soggetti pubblico-privato (lodate per questo di recente da parte del Ministro Sirchia)?

La Toscana e l'Emilia Romagna sono regioni che nel tempo hanno costruito una robusta rete di servizi pubblici ed hanno istituzioni locali molto forti e, forse per questo, hanno avuto finora maggiore coraggio ed autorevolezza nell'affrontare soluzioni insieme al privato senza complessi ne cedimenti.

Si continua a parlare di sperimentazioni. Qual è, secondo lei, il momento di passaggio dalla sperimentazione alla prassi diffusa (cosa segna il passaggio: la diffusione sul territorio, una prassi comune consolidata, ecc.)?

Si potrà pensare ad una pratica diffusa quando gli attuali ostacoli legislativi e burocratici verranno rimossi e si potrà giudicare l'operato di un direttore generale come si fa per un imprenditore: l'iniziativa è andata bene, ha "fruttato", ha reso un servizio migliore e ad un costo minore, ecc.