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Contro il tabagismo, più tasse sulle bionde

di Giuseppe Gorini, epidemiologo - Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (Ispo), Firenze

Cosa accadrebbe in Italia se il prezzo delle sigarette aumentasse? Quanti fumatori, davanti al rincaro, rinuncerebbero al vizio? Il tema di quest'anno per la Giornata mondiale contro il fumo del 31 maggio è stato infatti quello di aumentare la tassazione dei prodotti del tabacco, una delle misure raccomandate dall'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e che fanno parte di Framework convention on tobacco control (Convenzione Quadro per il controllo del tabagismo).

Questo trattato internazionale di sanità pubblica, il primo nel suo genere, obbliga i 178 Stati che lo hanno ratificato, tra cui l'Italia e gli altri Stati della Comunità europea, a sviluppare una serie di politiche di contrasto al tabagismo, tra cui appunto l'aumento della tassazione. Le altre politiche previste dalla Convenzione sono lo sviluppo di una legge per ambienti di lavoro e locali pubblici liberi da fumo, come la legge "Sirchia", il bando alla pubblicità delle sigarette, l'aggiunta di scritte e immagini sui pacchetti che informino sui rischi per la salute, lo sviluppo di campagne mediatiche anti-fumo e di interventi per promuovere lo smettere di fumare, la restrizione dell'accesso dei minori ai prodotti del tabacco e infine la regolamentazione del contenuto delle sigarette e delle sostanze emesse nella combustione. Sono previsti anche interventi per il controllo del contrabbando, che può minare l'efficacia delle misure di rialzo della tassazione.

Alcune di queste misure sono già state sviluppate in Italia, come a esempio il bando alle pubblicità e la legge "Sirchia", altre devono essere ancora implementate come l'introduzione di immagini sui pacchetti di sigarette, secondo quanto prevede la nuova Direttiva sui prodotti del tabacco 2014/40/Eu che è entrata recentemente in vigore. Infine, altre politiche sono solo parzialmente sviluppate in Italia, come appunto il rialzo della tassazione. Infatti, a esempio, in Francia, Svizzera, Olanda e Svezia pacchetti di sigarette che in Italia costano 5 euro, costano 6-7 euro, mentre in Inghilterra, Irlanda e Norvegia più di 9 euro. Di conseguenza, c'è ancora spazio per un aumento della tassazione in Italia.

Abbiamo sviluppato e pubblicato su riviste scientifiche internazionali dei modelli di simulazione che prevedono l'impatto nel futuro di due scenari di rialzo della tassazione in termini di riduzione del numero di fumatori e di decessi attribuibili a fumo. Questi sono dovuti a tumore del polmone e ad altri tumori fumo-correlati (tumori delle vie aereo-digestive superiori, della vescica e del pancreas), a infarto del miocardio, ictus e bronco-pneumopatie cronico-ostruttive (enfisema e bronchite cronica). L'effetto dell'aumento della tassazione è stato approfondito da numerosi studi sull'elasticità del prezzo delle sigarette: sappiamo infatti che all'aumentare del 10% del prezzo si ha una riduzione dell'1% del numero di fumatori con età superiore a 35 anni, del 2% per i fumatori dai 25 ai 34 anni e addirittura del 3% per i fumatori dai 15 ai 24 anni.

Nel primo scenario dei modelli di simulazione abbiamo previsto a partire dal 2010 quasi un raddoppio del prezzo, dovuto esclusivamente a un aumento delle accise, da attuarsi nell'arco di 5 anni: un aumento del 25% nel primo anno, nel secondo anno del 20% rispetto all'anno precedente, del 15% nel terzo, del 10% nel quarto e infine del 5% nel quinto anno.

Quindi da euro 4-5 il prezzo delle sigarette in Italia aumenterebbe a 8-10 per pacchetto alla fine dei 5 anni. Questo determinerebbe nell'arco di 20 anni una riduzione di circa 1,2 milioni di fumatori (oggi in Italia i fumatori sono circa 10,6 milioni) rispetto alle previsioni dei fumatori per il 2030 nello scenario di status quo, ovvero quello in cui non vengono implementate politiche di contrasto al tabagismo. Inoltre, si prevede una riduzione in 20 anni di circa 47.000 decessi attribuibili a fumo rispetto allo status quo.

Nel secondo scenario invece viene simulato l'impatto di un aumento del prezzo del 20% nell'arco di un anno a partire dal 2015: quindi da 4-5 euro il prezzo aumenterebbe a 5-6 euro per pacchetto per un aumento esclusivamente delle accise sulle sigarette. Questo determinerebbe nell'arco di 15 anni una riduzione di circa 1.700 decessi attribuibili a fumo rispetto allo status quo.

Nonostante il consumo di sigarette sia diminuito da quasi 100 milioni di chili nel 2004, prima della legge "Sirchia", a poco più di 70 milioni di chili nel 2013, gli introiti statali sono aumentati costantemente da 11,2 miliardi nel 2004 a 14,2 miliardi nel 2012, per poi subire una flessione nel 2013, con 13,5 miliardi entrati nelle casse dello Stato.

Le critiche più comuni mosse contro un aumento della tassazione dei prodotti del tabacco affermano che questa misura favorirebbe il contrabbando. Stando a studi indipendenti, il contrabbando in un determinato Paese non risulta correlato al prezzo (più alto è il prezzo, più elevato il contrabbando), ma ad altri fattori Paese-specifici, come il livello di organizzazione della rete criminale, i livelli di corruzione, la probabilità di essere scoperti e la pena conseguente.

Infine l'aumento della tassazione non solo determina riduzioni significative del carico di malattia e morte legato all'uso del tabacco, ma è una misura che costa poco, ovvero con un ottimo rapporto di costo-efficacia. Secondo stime dell'Oms, raddoppiare la tassazione in Europa costerebbe solo 13 dollari internazionali del 2000 per anno di vita guadagnato aggiustato per disabilità. Aumentare la tassazione delle sigarette è forse la misura preventiva più economica per ridurre nei prossimi anni il carico di malattie e morte nella popolazione italiana. In questo periodo di crisi economica con restrizione dei fondi per la sanità, optare per politiche e interventi con un buon rapporto di costo-efficacia è sicuramente prioritario.