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La sanità della Calabria al giro di boa

di Ettore Jorio

La Calabria attrae, da tempo, l'attenzione nazionale in materia di commissariamento della sanità. Prima, perché è l'unica ad essere stata commissariata con ordinanza di protezione civile per l'emergenza socio-economico-sanitaria al fine di arginare il suo degrado organizzativo, concausa delle morti colpevoli provocate negli anni a cavallo del 2007-2009, nonché di rendicontare un debito pregresso sino ad allora indecifrabile. Successivamente, perché ha prodotto, al riguardo, l'interessamento della Consulta che, con la sentenza n. 110/2014, ha ritenuto illegittimi gli atti regionali che interferiscano con i poteri attribuiti ai commissari ad acta. Da ultimo, perché ha generato, sul punto, un confronto giuridico e istituzionale che non ha eguali. Ciò è avvenuto a seguito delle dimissioni del presidente Scopelliti per la condanna riportata in primo grado a oltre sei anni di reclusione.
Una esperienza non edificante per il sistema delle Istituzioni pubbliche, travolto ad ogni livello, incapace di garantire una soddisfacente esigibilità dei Lea ai calabresi, sempre di più abbandonati ad una assistenza di tipo solidaristica, assicurata soltanto grazie alla generosità degli operatori. Su tutto, un Ssr lasciato privo della gestione manageriale necessaria ad assicurarli. Ciò ha prodotto un andirivieni di opinioni, che hanno determinato una confusione generalizzata, sia nella circoscrizione del problema che, conseguentemente, nella individuazione delle soluzioni. Sprecati, nell'occasione, i richiami al principio di legalità, spesso confuso con il buon senso delle opinioni che si sono via via avvicendate. Una confusione che ha generato una rincorsa ai pareri istituzionali e pro veritate, richiesti più per avallare ragioni della politica che per tracciare la correttezza delle scelte da effettuare nelle procedure da seguire a tutela del corretto esercizio delle funzioni sottintese.
Tutti i pareri intervenuti, così come i meri comunicati ministeriali sulla cui natura provvidementale (!) si sono dette e spese cose indicibili, non sono pervenuti (fatta eccezione per quello redatto da prof. Michele Ainis) ad una interpretazione esaustiva della norma, messa in relazione ai vigenti principi costituzionali. Si è diffusamente affrontato il problema dei poteri esercitabili dalla G.R. in prorogatio, sia ordinari che straordinari. Così facendo si è evitato di definire quali fossero gli atti urgenti e indifferibili - cui fa riferimento la legislazione specifica, peraltro richiamata in tutti i pareri - e, soprattutto, se i provvedimenti da adottare fossero da ritenersi tali. Dunque, si è girato intorno al problema, ricorrendo ad interpretazioni per lo più di tipo (a)sistematico. Al di là delle condivisibili considerazioni, cui i redattori dei pareri sono egualitariamente pervenuti, per definire l'innegabile regime di prorogatio vissuto dalla G.R. calabrese e, dunque, l'impossibilità per la stessa di adottare atti di straordinaria amministrazione – il problema risedeva nella necessità di definire se vi fosse lo stato di urgenza ed indifferibilità perché la stessa potesse pervenire alla decisione. Meglio, se l'attuale vissuto della sanità fosse tale da richiedere l'adozione di provvedimenti rimediali utili a rimuovere una condizione di quasi assoluta precarietà assistenziale, altrimenti impediti.
Senza ombra di dubbio tali atti, finalizzati a fornire una guida manageriale alle Asp e Ao, sono da riconoscersi in quei provvedimenti utili a rimuovere stati di necessità e pericolo di imminente inesigibilità da parte della collettività dei diritti fondamentali costituzionalmente posti a garanzia della persona, più esattamente i Lea. Gli stessi cui fa riferimento la Costituzione (art. 120, comma 2) per procedere alla nomina di un commissario ad acta per sostituire gli organi regionali resisi inadempienti al riguardo. Di conseguenza, la G.R. – ancorché in prorogatio - non solo poteva bensì doveva procedere alla nomina dei commissari straordinari, scelti ovviamente tra quelli in possesso dei requisiti previsti dal c.d. decreto Balduzzi per la nomina di direttori generali. Ciò al fine di garantire la regolare gestione delle aziende sino al ripristino dell'ordinario potere in capo al futuro esecutivo per la nomina dei direttori generali doc.