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Appalti, al nuovo Codice dei contratti chiediamo uno sguardo esclusivo ai servizi e alle forniture

di Sandra Zuzzi (Presidente F.A.R.E)

Ancora una volta il Codice dei contratti sembra essere un sistema calibrato sugli appalti di lavori. Questo la prima impressione avuta dai membri della FARE, la Federazione degli Economi e dei Provveditori della sanità, alla lettura della legge delega sulla riforma dei Contratti pubblici. Noi che ci occupiamo di appalti di beni e servizi, infatti, non vogliamo certo apparire come quelli che si ostinano nel ritenere che, avere un Codice dei contratti tagliato a misura sugli appalti dei lavori sia un problema a prescindere, ma è certo che l'esperienza portata avanti con la legislazione vigente, ha dimostrato come tanti istituti derivanti dalle leggi sui lavori pubblici sono stati applicati anche agli appalti di beni e servizi con notevoli difficoltà, fino ad arrivare, a volte, all'impossibilità dell'applicazione.

Esempio su tutti, il regolamento al codice dei contratti del sistema di verifica di conformità. Alla luce del percorso fatto fino ad oggi, stiamo seguendo con attenzione l'azione del legislatore, con la speranza che questa volta tenga conto adeguatamente dei distinguo che sussistono tra gli appalti dei lavori, e quelli per i servizi e le forniture. Due mondi per molti versi diversi e le cui differenze sono importanti a cominciare dal sistema di qualificazione, completamente da disegnare nel caso di servizi e forniture, e dal sistema "reputazionale".

La stampa, di questi giorni, nel riportare le dichiarazioni del Vice Ministro Nencini, Presidente della Commissione del ministero delle Infrastrutture incaricata della stesura della legge delega al nuovo Codice dei Contratti, e di Raffaele Cantone, Presidente dell'Anac ci ha fornito elementi per maturare una distanza da alcuni punti della legge delega. Ad esempio quando si parla del cosiddetto divieto di "goldplating", ossia di approvare una regolamentazione più onerosa rispetto a quella prevista dalla direttiva. Cantone, nella sua audizione al Senato, ha proposto un doppio sistema di regolamentazione: uno giuridico molto snello, e uno amministrativo particolarmente dettagliato. Nostro intento non è certo quello di mettere in discussione l'autorevolezza del Presidente Anac ma vogliamo che non si perda di vista che il fallimento del sistema in essere, deriva anche da una eccessiva e dettagliata regolamentazione che fa dimenticare il vero obiettivo dell'appalto che è, e rimane, quello di costruire o acquistare, in tempi contenuti, a buon prezzo e nel rispetto delle norme, senza lasciarsi distogliere l'attenzione da un contenzioso spesso scevro di contenuti degni di nota.

E' per questo, che alla luce del nostro know-how, sentiamo di voler manifestare il bisogno di esprimere la necessità che vengano elaborati sistemi di controllo efficaci e semplici, e che venga rivista tutta la materia inerente il costo del lavoro negli appalti. Non è condivisibile infatti la proposta di indicare nel bando il contratto di lavoro previsto, è necessario invece stabilire il trattamento minimo inderogabile per ogni contratto di lavoro, superando il sistema in uso dell'anomalia dell'offerta con tutte le sue distorsioni, per studiare semplici criteri di controllo della corretta applicazione del costo del lavoro, nel corso dell'esecuzione del contratto, che vada poi a essere uno dei più importanti criteri reputazionali dell'impresa assieme al rating di legalità.