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L'insidia dell'apnea notturna

di Flaminio Mormile (responsabile dell'Uo Diagnostica e trattamento dei disturbi respiratori nel sonno presso Uoc Pneumologia; Policlinico A. Gemelli, Università Cattolica)

Il sonno nasconde delle insidie; dormendo non ce ne rendiamo conto, specie se nessuno ci dorme a fianco come è spesso il caso degli anziani: sono le apnee notturne, pericolose pause in cui si rimane senza respiro che, a lungo andare, possono severamente danneggiare il cervello oltre che dare sonnolenza e affaticamento diurni. Si tratta di un problema ancora sottovalutato per quanto in forte aumento, soprattutto perché strettamente correlato all'obesità e all'età e anche a malattie cardiache croniche come lo scompenso.

La diagnosi è la prima vera arma di "cura", perché vi sono oggi disponibili dei trattamenti efficaci, ma manca purtroppo in gran parte la piena consapevolezza di questa malattia.
Se ne è parlato nella sessione dedicata ai disturbi respiratori nel sonno del Convegno intitolato «Aspetti clinici e farmacologici in Medicina respiratoria», che si è svolto il 29 e 30 gennaio 2015 presso l'Università Cattolica - Policlinico A. Gemelli. Presieduto dai docenti Salvatore Valente, Paolo Montuschi Riccardo Pistelli dell'Università Cattolica, il congresso ha visto la partecipazione di relatori stranieri e italiani che hanno fatto il punto su vari aspetti della diagnosi e terapia dell'asma, della Bpco, delle infezioni respiratorie e della fibrosi polmonare idiopatica, sulle novità in tema di imaging dell'apparato respiratorio e sui risultati di importanti e innovativi studi europei.

Le apnee nel sonno si dividono in ostruttive e centrali e, spesso, solo chi osserva il paziente mentre dorme può rendersene conto. Infatti, i sintomi più frequenti sono piuttosto aspecifici: sonnolenza diurna e calo di memoria e di attenzione, che spesso vengono sottovalutati o attribuiti genericamente a stanchezza o all'età.

Le apnee ostruttive si associano a russamento intermittente e a ripresa del respiro rumorosa o addirittura "esplosiva", devono durare almeno 10 secondi e sono considerate normali fino a 5 episodi di apnea per ora di sonno. Le apnee ostruttive, quelle comunemente associate a forte russamento, colpiscono soggetti obesi nel 70% dei casi, oppure con ristretto spazio faringeo come nel caso della micrognazia (il cosiddetto mento sfuggente) e dell'ipertrofia tonsillare. Riguardano in forma conclamata il 4% dei maschi adulti e delle femmine in età post-menopausale e il 2% delle femmine in età fertile, e in forma più lieve una porzione almeno doppia della popolazione, e sono in aumento a causa dell'epidemia di obesità. Se non trattate causano sonnolenza, declino cognitivo, incidenti stradali (6-7 volte più frequenti), alterazioni del metabolismo, patologie cardiovascolari acute e croniche e aumento della mortalità.

Si curano in genere con apparecchi che tengono aperte le vie aeree superiori con aria a pressione positiva (detti Cpap, dall'inglese "continuos positive airway pressure"); nelle forme più leggere possono trarre vantaggio, in assenza di marcata obesità, da apparecchi odontoiatrici o in casi ben selezionati da mirati interventi chirurgici nel distretto Orl.
Per i pazienti severamente obesi il ricorso alla chirurgia bariatrica è un'opzione sempre più praticata anche presso il Policlinico universitario A. Gemelli, a volte proprio al fine di risolvere definitivamente la sindrome delle apnee ostruttive oltre alle altre importanti comorbidità (diabete, ipertensione, dislipidemia, stasi venosa, incontinenza urinaria, artrosi ecc).

Più spesso però le apnee ostruttive vengono diagnosticate proprio in occasione di una valutazione preoperatoria. Avviare il trattamento riduce i rischi connessi all'operazione e all'anestesia e migliora la qualità di vita in attesa del dimagrimento: è quindi fortemente raccomandata l'esecuzione di un esame poligrafico notturno in tutti i candidati alla chirurgia bariatrica.
Dopo l'intervento la salute migliora globalmente e il numero di apnee si riduce di molto, ma nei pazienti più gravi e in quelli in età più avanzata la guarigione vera e propria dalle apnee ostruttive nel sonno non è frequente. Quindi l'altra importante raccomandazione è quella di verificare se le apnee sono rientrate nella norma prima di sospendere la terapia con Cpap. Infatti, se le apnee ostruttive persistono, esse vanno curate anche per un motivo di più: chi le continua a curare dopo l'intervento ha una minore ripresa di peso corporeo a lungo termine.

Le apnee centrali hanno una natura molto diversa. Sono vere pause del respiro, spesso associate a periodiche oscillazioni dell'ampiezza delle escursioni respiratorie (respiro periodico), espressione di un alterato controllo del respiro. La causa più comune è lo scompenso cardiaco cronico, malattia che aumenta di frequenza con l'età, riguarda circa 600.000 italiani, è la prima causa di ricovero dopo il parto ed è gravata da un'alta mortalità a medio termine. Dal 30 al 50% di questi pazienti soffrono di apnee centrali e di respiro periodico; poiché una percentuale simile soffre di apnee ostruttive, i quadri misti sono frequenti.

Nei casi che non rispondono alla Cpap si ricorre ai cosiddetti "servoventilatori", essi aprono le vie respiratorie e aiutano il paziente a respirare intensificando il supporto nelle fasi in cui il respiro viene meno. Disponibili da tempo anche al Policlinico A. Gemelli, i servoventilatori sono ancora poco noti. Il professor Michael Arzt, responsabile del Centro del sonno presso l'Università di Regensburg, ha riportato dati che dimostrano che le apnee centrali nello scompenso cardiaco si associano ad aumentata mortalità e soprattutto che il trattamento con servoventilatori ne aumenta la sopravvivenza. È dimostrato il loro ruolo favorevole anche nelle forme di scompenso cardiaco con funzione sistolica preservata e nel ridurre l'ipertensione e l'incidenza di fibrillazione atriale. Le apnee svolgono anche un effetto dannoso nei processi riparativi del tessuto cardiaco dopo l'infarto. È importante - ha affermato Arzt - che sia il cardiologo curante a raccomandare l'importanza della diagnosi e l'adesione al trattamento prescritto dallo specialista del sonno, che richiede comunque una fase di adattamento e forte motivazione da parte del paziente.

Ma il ruolo di principale protagonista della diagnosi di queste importanti patologie spetta senz'altro al familiare più vicino al paziente: osservate con attenzione i vostri cari mentre dormono.